Inchieste |
Inchieste
/

L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street

24 ottobre 2017 | 10:28
Share0
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street
L’Eni e la sacralità del business. Ecco come la compagnia petrolifera narra le sue gesta a Wall Street

Il Form 20-F è’ un documento annuale che contiene tutte le informazioni utili agli investitori che così possono decidere se comprare, vendere o mantenere le azioni sui mercati USA. Vi sveliamo i contenuti del Form 2016 redatto dall’Eni

Anche per il 2016 l’Eni ha dovuto rilasciare il suo 20F Form alla SEC, la Security and Exchange Commission of the United States of America. E’ un documento annuale che contiene tutte le informazioni utili agli investitori che cosi possono decidere se comprare, vendere o mantenere le azioni sui mercati USA.

L’Eni e’ quotata a Wall Street e così anche lei deve presentare il suo 20F.

Per l’anno che e’ terminato il 31 dicembre 2016, ci sono 423 pagine. Da pagina F-88 a pagina F-100, fitte fitte, ci sono i cosiddetti “Criminal proceedings”, “Administrative Proceedings”, “Tax Proceedings”, “Court Inquries”, “Antitrust proceedings”. Sono dodici pagine.

A suo tempo l’Eni ha fatto sapere alla professoressa D’Orsogna di non apprezzare un eventuale suo lavoro di traduzione e magari di interpretazione in italiano dei documenti  20F, con tanto di carte firmate e intestate da una mezza dozzina di avvocati che ogni tanto compaiono anche sulle TV italiane.

Per cui, ci limitiamo a trascrivere ciò che Eni ha riportato nei documenti, una specie di copia e incolla, con una traduzione limitata alla comprensione dei fatti descritti dalla stessa compagnia petrolifera alla SEC. Ci scusiamo con l’Eni se, pubblicando il documento, commettiamo un reato di lesa maestà.

Ecco una lista sintetica delle parole chiave dei procedimenti in cui è coinvolto l’Eni e descritti nel F20 del 2016

C’e’ un po’ di tutto: Carrara, Augusta, Frosinone, EniPower, Congo, Praia a Mare, Lago Maggiore, Val D’Agri, Algeria, Ravenna, Kazakhstan, Angola, Cassano allo Jonio, Nigeria, Cerchiara di Calabria, Melilli, EniChem, Iraq, Costa Molina, Crotone, Gela, Porto Torres, Molfetta, Syndial,  asbestos, DDT mercato del gas, tumori, un miliardo e mezzo di danni in Sardegna, nascita di bambini deformi, mancanza di operazioni di ripristino ambientale, evasione di tasse, pagamenti illeciti, rifiuti industriali non trattati propriamente, inquinamento da mercurio, corruzione, pagamento tasse sulle piattaforme offshore, zolfo, riversamento di sostanze radioattive, irregolarità nella fornitura di carburante all’Alitalia, avvelenamento di acqua e di coltivazioni, corruzione internazionale, riversamenti di idrocarburi a mare, omicidio colposo, morte di dodici dipendenti, danni alla salute, condotta negligente, disastro ambientale, condanne alla galera per alcuni suoi manager/dipendenti. (continua nelle pagine seguenti)
Andiamo a vedere alcuni dei procedimenti penali in materia di ambiente sicurezza e salute in Italia

Un procedimento è pendente alla Procura della Repubblica di Crotone in relazione alle accuse di disastro ambientale e riguarda la mancata bonifica di una discarica gestita dall’ex Montedison. Il Comune di Crotone è parte civile nel procedimento.

Sito industriale di Praia a Mare. La Procura della Repubblica di Paola apre un procedimento per omicidio colposo nei confronti di alcuni ex dirigenti di Eni e della controllata Marzotto spa. L’accusa riguarda malattie tumorali di ex lavoratori del sito industriale causate dalla negligenza nelle misure di sicurezza. Nell’udienza preliminare nel 2010 sono 107 le persone parte offesa che chiedono l’attribuzione della responsabilità civile a Eni e alla controllata. Nel 2014 tutti gli imputati sono assolti per infondatezza dell’accusa. Il pm ha presentato ricorso contro la sentenza.

Nel luglio 2016 alcuni funzionari dell’Eni e delle società controllate Syndial spa e Versalis spa, vengono condannati dal tribunale di Sassari ad un anno di reclusione, con sospensione della pena, per disastro ambientale. L’inchiesta della Procura di Sassari aveva accertato il cattivo funzionamento della barriera idraulica del sito di Porto Torres che ha causato la dispersione di sostanze contaminanti nel mare tra l’agosto del 2010 e il gennaio del 2011.  Il ministero dell’ambiente e la Regione Sardegna avevano chiesto un risarcimento per danni pari a 1,5 miliardi di euro.

Il giudice ha deciso una compensazione dei danni di 200.000 euro al Ministero, 100.000 euro per la Regione Sardegna e 100.000 euro al Comune di Sassari. Il giudice, nella sentenza non avrebbe fatto esplicito riferimento a eventuali malfunzionamenti della barriera idraulica del sito di Porto Torres o l’esecuzione inefficace di qualsiasi misura di sicurezza d’emergenza, come sostenuto dal pubblico ministero. Syndial spa farà appello contro questa decisione.

Il 7 luglio 2015 su richiesta del pm di Sassari, il gup dispone il sequestro della discarica di Minciaredda, in prossimità del sito di Porto Torres. L’inchiesta coinvolge la Syndial per smaltimento illegale di rifiuti e disastro ambientale. Syndial ha ottenuto tutte le autorizzazione per la bonifica dell’area. L’indagine è ancora in corso. (continua nelle pagine seguenti)

Il 30 giugno 2015 il giudice per le indagini preliminari della Procura di Sassari, accoglie la richiesta del pm di sequestro preventivo dell’area di Palte Fosfatiche (deposito di fosfati) collocata nel sito di Porto Torres. I reati presunti riguardano disastro ambientale e smaltimento non  autorizzato di rifiuti pericolosi. Le indagini sono in corso.

Un’indagine è pendente dinanzi al tribunale di Gela per quanto riguarda 17 ex dirigenti del gruppo Eni. Il procedimento riguarda i presunti reati di omicidio colposo e gravi danni fisici legati alla morte di 12 ex dipendenti e alle asserite malattie legate al lavoro che queste persone avrebbero potuto contrarre nell’impianto di Cloro soda. I reati supposti si riferiscono al periodo dal 1969, quando l’impianto Cloro soda ha iniziato le attività fino al 1998 quando l’impianto è stato arrestato e sono state avviate operazioni di bonifica. Il pubblico ministero ha chiesto una perizia medico-legale su più di 100 persone che erano impiegate presso l’impianto.

I periti non hanno trovato alcuna prova che le malattie sottoposte alla valutazione medica potessero essere direttamente correlate alle emissioni relative alla produzione di cloro e sodio caustico.

I consulenti hanno inoltre rilevato che le attività di produzione erano conformi alle leggi e regolamenti applicabili in materia di salute e sicurezza.

Il procedimento penale è tuttavia ancora pendente.

Sequestro delle aree situate nei Comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara di Calabria. Alcune aree di proprietà di Eni nei Comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara di Calabria sono state preventivamente sequestrate dall’Autorità Giudiziaria, in seguito ad un’inchiesta in corso su un presunto trattamento improprio dei rifiuti industriali dalla lavorazione dei ferri di zinco presso il sito industriale di Pertusola Sud , che sarebbero stati illegalmente stoccati. La controllata Eni, Syndial SpA, ha rimosso tutti i materiali di scarto dalle discariche. Oltre a ciò, Syndial ha definito un accordo con il Comune di Cerchiara e con il Comune di Cassano per risolvere tutti i reclami relativi a presunti danni causati dallo smaltimento non autorizzato dei rifiuti nelle discariche sul territorio dei due Comuni. Il procedimento penale è ancora pendente. Le attività di bonifica sono state completate e la società ha presentato un memorandum per richiedere la chiusura del procedimento.

Amianto presso il sito di Ravenna. Un procedimento penale è pendente davanti al Tribunale di Ravenna per i reati di omicidio colposo, lesioni e disastro ambientale, che sarebbero stati presumibilmente commessi da ex dipendenti Syndial presso il sito di Ravenna. Il sito è stato acquisito da Syndial dopo numerose fusioni e acquisizioni aziendali. I presunti reati risalgono al 1991. Nel procedimento ci sono 77 vittime interessate. Ricorrenti sono i parenti delle vittime presunte, varie amministrazioni locali e altri organi istituzionali, tra cui sindacati locali. Il 24 novembre 2016, il giudice ha assolto tutti gli accusati per 76 dei 77 contenziosi e ha condannato 6 dei 15 imputati per un singolo caso di asbestosi. (continua nelle pagine seguenti)

Raffineria di Gela SpA e Eni Mediterranea Idrocarburi SpA Allegato disastro ambientale. Un  procedimento penale è pendente  in relazione ai reati presumibilmente commessi dai dirigenti della Raffineria di Gela SpA e EniMed SpA relativi a disastri ambientali, smaltimento non autorizzato dei rifiuti e fuoriuscita non autorizzata di acque reflue industriali. L’accusa ipotizza l’inquinamento del suolo presumibilmente causato da fuoriuscite provenienti da 14 serbatoi dello stoccaggio della raffineria, che non erano stati forniti con doppio fondo. Altra ipotesi riguarda l’inquinamento dell’acqua di mare vicino alla zona costiera adiacente al sito a causa del fallimento del sistema di barriera realizzato nell’ambito delle attività di pulizia effettuate nel sito. Alla chiusura dell’inchiesta preliminare, il procuratore generale di Gela ha riunito in unico fascicolo le altre indagini relative all’inquinamento in altri siti della raffineria di Gela e le fuoriuscite di idrocarburi di EniMed. Il procedimento è ancora in sospeso.

Val d’Agri. Indagini per accertare l ‘esistenza di smaltimento illegale di rifiuti prodotti nel Centro Olio di Viggiano

Dopo un’indagine biennale, i giudici  hanno deciso la detenzione domiciliare di 5 impiegati Eni e di mettere sotto sequestro alcune piattaforme funzionali all’attività produttiva del complesso Val d’Agri che, per conseguenza, è stato chiuso per poi essere ripreso il 10 agosto 2016. Dall’inizio dell’inchiesta Eni ha effettuato numerose e approfondite indagini tecniche e ambientali, con il sostegno di esperti indipendenti a livello internazionale, che hanno riconosciuto la piena conformità dell’impianto e del processo industriale con i requisiti delle leggi applicabili, nonché con le migliori tecnologie disponibili e le migliori pratiche internazionali. La società ha cercato di ottenere una revoca del sequestro dalle autorità competenti senza risultato. La Società ha studiato alcune misure correttive per l’aggiornamento degli impianti che, pur non essendo una soluzione strutturale, avevano l’obiettivo rispondere alle richieste  del pubblico ministero riguardo a una presunta operazione di fusione che sarebbe avvenuta durante il normale funzionamento dell’impianto. Queste misure comprendono la realizzazione di un sistema di raccolta delle acque associato all’estrazione di idrocarburi nelle linee di gas. Tali misure correttive sono state esaminate favorevolmente dal pubblico ministero, che ha concesso ad Eni una revoca temporanea del sequestro per consentire all’Azienda di eseguire le opere. Il dipartimento in carica del Ministero dello Sviluppo Economico italiano ha debitamente autorizzato le opere e ha stabilito un programma rigoroso per eseguire l’aggiornamento dell’impianto come richiesto dal pubblico ministero. Le opere di modifica dell’impianto sono state completate il 10 luglio 2016 e il 20 luglio 2016, i Carabinieri di NOE, assistiti dal consulente tecnico del Procuratore, hanno effettuato l’ispezione per verificare lo stato del sito e la conformità della corretta esecuzione dell’aggiornamento dell’impianto. A seguito della relazione preparata dal Consulente Tecnico, in seguito all’ispezione effettuata, il Procuratore ha emesso la decisione per la revoca definitiva del sequestro dell’impianto, mentre la Regione ha preso atto della misura per la parte di propria  competenza. Il 10 agosto 2016 l’impianto è stato riavviato con le reiniezioni nel pozzo Costa Molina 2. Contemporaneamente al riavvio dell’impianto, la Società ha avviato la procedura di ricorso all’AIA presentando i documenti entro il termine del 14 agosto 2016. Il procedimento è nella fase delle audizioni preliminari. (continua nelle pagine seguenti)

Non è finita

Nel documento SEC 2016 l’Eni relaziona almeno su un’altra ventina di procedimenti civili, amministrativi, chiamate in giudizio per responsabilità penali e amministrative su questioni di corruzione e di evasione fiscale. Emergono problemi con il ministero italiano dell’Ambiente, con diversi Comuni, con società come l’Alitalia. Presunti reati amministrativi, fiscali e penali che coinvolgono paesi quali l’Algeria, l’Iraq, il Kazakistan, la Nigeria, l’Italia. Su ogni vicenda l’Eni ha la sua risposta, ha le sue procedure avviate, le sue compensazioni, è sempre in attesa della conclusione di un procedimento, sempre pronta a risolvere ogni questione. In fondo parla agli investitori, e la trasparenza in questi casi è un asset fondamentale a Wall Street. Eni scrive la verità, è costretta. Ma argomenta sapientemente ogni fatto, a modo suo. Sa fare bene il mestiere della vergine che ha una grande esperienza da prostituta. Se avete tempo e possibilità leggetevi i documenti allegati.

Che dire?

L’Eni, lo sappiamo, ha la sua filosofia di business. Malattie, inquinamento, corruzione, disastri, reati, fanno parte del gioco. Sono “incidenti” banali per una multinazionale. Staremo a vedere che cosa scriverà nel 20F form 2017, sul Cova e sul pozzo Costa Molina2.  Probabilmente, anzi, sicuramente se la caverà anche sui fatti più recenti. Loro sono sempre innocenti, perseguitati ingiustamente dai tribunali di tutto il mondo, vittime di casualità, fatalità, vittime degli ambientalisti ignoranti e retrogradi. Forse il cane a sei zampe sa bene a chi rivolgersi per risolvere le sue scottanti questioni. Magari avvocati supersecializzati in intrecci e relazioni. Se avete tempo leggetevi questa inchiesta di Emiliano Fittipaldi sull’Espresso

Noi ci vediamo alla prossima puntata.