Non si fa il vino dal fiasco. Provocazioni sullo sviluppo in Basilicata
Nessuna promessa è mantenuta, da decenni. Tutti i meccanismi di ridistribuzione della ricchezza sono in default. La povertà dilaga e con essa il disagio sociale, l’anomia, l’incertezza, la paura, la confusione. E sapete perché?
Matera Capitale della Cultura, Pois, Copes, Reddito minimo di Inserimento, interventi di welfare sociale, riforme, piani di sviluppo, Gal, sostegno alle imprese, sostegno all’occupazione, incentivi. Che cos’hanno in comune questi quadri di decisione politica? Hanno in comune l’approccio alla programmazione e gli scarsi risultati ottenuti. Qual è l’approccio? Lo stesso che da 50 anni frena lo sviluppo della Basilicata: fare il vino dal fiasco.
E così abbiamo fabbricato fiaschi immaginando che sarebbe arrivato il vino. Sappiamo bene che il fiasco al massimo il vino può contenerlo, ma non può produrlo. E sappiamo anche che fiasco o botte, il vino ha un suo percorso lungo, faticoso, rischioso, che esclude il fiasco dalle sue preoccupazioni principali. Occorre fatica, tempo, passione, come sa bene il vignaiolo, prima che la terra e la vite diano il risultato. Invece?
Invece, da decenni, si continua a pensare che costruire una biblioteca potesse significare tanti lettori. Costruire un teatro volesse dire tanta gente al teatro e costruire un centro diurno per ragazzi volesse dire tanti ragazzi impegnate in sane attività. Costruire un asilo nido volesse dire più nascite. Niente di tutto questo, perché il vino non si fa dal fiasco. Eppure si continua a pensare che distribuire soldi ai poveri contrasti la povertà, organizzare spettacoli nei vicoli del centro storico significhi diffondere cultura, costruire impianti industriali petrolchimici, siderurgici voglia dire occupazione e sviluppo. Si continua a pensare che sia possibile inserire al lavoro gente povera in un territorio povero. A chi giova il fiasco? (continua nelle pagine seguenti)
L’inganno e la fatica di Sisifo
A chi giova il fiasco? Lasciare credere che dal fiasco si fa il vino, serve alla politica del consenso da bancomat. Fabbricare fiaschi crea lavoro, temporaneo, e lascia credere che qualcosa stia cambiando, che le cose possono cambiare. Ma dietro a questa apparente benevolenza della congiuntura, si nasconde una “fatica di Sisisfo”. Considerati i risultati sul medio lungo periodo, il macigno torna sempre a valle.
E questo macigno è addossato sulle spalle del futuro che mai arriva. Nessuna promessa è mantenuta, da decenni. Tutti i meccanismi di ridistribuzione della ricchezza sono in default. La povertà dilaga e con essa il disagio sociale, l’anomia, l’incertezza, la paura, la confusione. E sapete perché?
Perché fabbrichiamo fiaschi e nessuno fa il vino. Che cosa rappresenta il vino in questa metafora? Tutti i processi sociali, culturali, economici individuali e collettivi necessari a creare le condizioni affinché i beni pubblici, i beni comuni, le opportunità vengano utilizzati da più gente possibile. E’ importante avere una scuola, ma è altrettanto importante fare in modo che in quella scuola i ragazzi ci vadano e siano capaci di ricavarne il massimo dei benefici.
Quindi il problema non è il punto di arrivo (il fiasco), ma il percorso dal punto di partenza a quello di arrivo (il vino). E’ importante avere una sala cinematografica (fiasco), ma se nessuno mi spiega che cos’è un film, come si fa un film, io non saprò apprezzare né usare la bellezza di una pellicola: io sono escluso da quella opportunità. Cultura (vino) in questo caso è capacità di amare il cinema, capacità che mi deriva dal fatto che qualcuno si è preoccupato affinché io amassi il cinema. Ciò significa insegnamento, educazione, laboratori, tempo, innovazione didattica e via dicendo. Investo su questo o sulla costruzione di una sala cinematografica?
Intanto che la sala esiste, qualcuno si preoccupa di riempirla? Intanto che l’asilo nido è stato costruito qualcuno si preoccupa di riempirlo? Intanto che la biblioteca e la libreria ci sono, qualcuno si preoccupa di mettere in campo azioni finalizzate all’incremento del tasso di lettura sul territorio?
Fabbricare fiaschi frena lo sviluppo
A che cosa è servita l’Enichem a Pisticci? A quei tempi dissero: “serve al Paese e che è un altro passo verso l’industrializzazione per una Basilicata moderna”. Soprattutto serve a dare lavoro. Sono morti in 150, tutti avvelenati da quel mostro chimico. Hanno lavorato, sì, ma molti di loro sono finiti al creatore. Al cimitero sono finiti anche terre, fiumi, aria.
Il deserto intorno, scenari insoliti per un Regione che avrebbe dovuto guardare al futuro dalla prospettiva opposta alla tendenza industrialista e al pensiero economico di quegli anni. Ma eravamo poveri, gli intellettuali scarseggiavano e quelli che c’erano, in maggioranza si occupavano di poesia e storia locale. Bontà loro. I politici, figli di quella stagione, erano felici di raccomandare operai a morire, per ottenere i voti utili a rimanere in sella per decenni.
Sulla strada dell’industrializzazione senz’anima abbiamo perso molto del nostro futuro. Eppure l’abbiamo inseguita fino ai giorni nostri. Sider Potenza, Chimica a Tito, Fiat a Melfi, Eni, Total e Shell ovunque. Siamo stati capaci di svalutare molti degli asset di sviluppo, svendendoli ai mercanti d’affari. La storia economica di questi decenni ci insegna che nulla è cambiato rispetto al gap di “sviluppo” tra noi e le altre regioni europee più avanzate. Anzi, in molti settori il divario è cresciuto. L’aver voluto rincorrere, negli anni 60 e 70 modelli di “altri”, ci ha restituito desolazione, miseria, distruzione.
Quelle politiche hanno praticamente dimezzato i migliori asset che avevamo sui quali costruire un’identità socio-economica della Basilicata e conseguentemente sentieri appropriati di sviluppo. Oggi stiamo continuando a dissipare il nostro patrimonio specifico, caratteristico, a vantaggio di disegni predatori che fanno riferimento a interessi incompatibili con il nostro futuro.
Dissipiamo acqua, boschi, aria, coltivazioni tipiche, bellezze naturali, risorse culturali e antropologiche, specificità agro alimentari, per causa di politiche miopi e piegate a deleterie illusioni. Per causa di politiche mediocri, affaristiche, asservite a prospettive egoistiche di poteri senza scrupoli. Eppure l’acqua è un nostro patrimonio inestimabile, mala regaliamo a petrolieri. Se continueremo a cucire addosso ai nostri territori vestiti ridicoli, magari alla moda, non avremo futuro. Se ci pensiamo bene, l’asino e il pastrano, sono più utili della giacca e della cravatta fashion
L’asino e il pastrano
I sassi di Matera devono averci insegnato qualcosa. Ma non basta. Se qualcuno avesse avuto la “brillante idea” di abbattere quel quartiere degradato per fare spazio a nuovi e moderni insediamenti di edilizia abitativa e commerciale, quanto ci avrebbe guadagnato la Basilicata? Ecco i Sassi materani rappresentano quell’arretratezza di cui ha bisogno la Basilicata per diventare una Regione ricca e moderna.
Un territorio ha un futuro se non si vergogna di se stesso, se riesce a mantenere nel tempo gli archetipi sociali, antropologici, morfologici, culturali che lo hanno costituito nei secoli e nei millenni. In breve, se non perde la propria identità. Ci sono voluti 40 anni, troppi, per mettere a valore economico un sito di estrema bellezza quale il rione Sassi di Matera. Se avessimo investito meglio e di più in quelle capacità individuali e sociali che ci hanno condotto a “Matera 2019” (il vino) il percorso sarebbe stato più breve e la rendita di quel capitale territoriale più alta.
Ci sono voluti decenni per capire che la “iella” a Colobraro potesse diventare un fattore di sviluppo. Decenni per mettere a valore economico il paesaggio con “Il volo dell’Angelo”, “Il Ponte alla Luna”, e la storia e le tradizioni con la Grancia”. Riutilizzo moderno di vecchi asset nascosti o mai considerati tali per lungo tempo. Non basta.
A Matera oggi, nel percorso verso il 2019, ci sono molti fabbricatori di fiaschi e pochi vignaioli. Negli uffici della Regione e dei Comuni ci sono ancora troppi fabbricatori di fiaschi. E comunque si sappia che, grazie ai tanti fiaschi di questi decenni, dalla chimica al petrolio, dal clientelismo alla corruzione, dal nichilismo politico alla mediocrità della classe dirigente e degli intellettuali, fare il vino oggi è sempre più difficile.
Lo sanno bene quei pochi vignaioli che devono combattere contro le avversità della politica dei fiasconi.