Ora o mai più. Spunti per un dibattito sullo sviluppo della Basilicata in vista delle prossime elezioni d’autunno

26 giugno 2018 | 18:52
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Ora o mai più. Spunti per un dibattito sullo sviluppo della Basilicata in vista delle prossime elezioni d’autunno
Ora o mai più. Spunti per un dibattito sullo sviluppo della Basilicata in vista delle prossime elezioni d’autunno
Ora o mai più. Spunti per un dibattito sullo sviluppo della Basilicata in vista delle prossime elezioni d’autunno
Ora o mai più. Spunti per un dibattito sullo sviluppo della Basilicata in vista delle prossime elezioni d’autunno

Pietro De Sarlo e Michele Finizio lanciano le basi per una discussione sul programma di Governo regionale

Abbiamo firmato insieme questo lungo approfondimento, partendo dalle nostre esperienze e competenze diverse ma complementari, frutto del costante dialogo che abbiamo avuto in questi anni sul futuro della nostra terra, per fornire un contributo di riflessione e di contenuti utili al dibattito in  vista delle prossime elezioni regionali. Nella speranza che si apra una discussione a tutto campo nel Movimento 5 Stelle e tra il Movimento 5Stelle e le altre sensibilità sociali e politiche rappresentate dai gruppi, movimenti, associazioni, cittadini che vogliono costruire un’alternativa a Pittella e al Centro Destra. Ci siamo concentrati su alcuni temi dello sviluppo e dell’occupazione.

Alcuni dati di realtà

Rispetto alla media OCSE in Italia la percentuale degli occupati sulla popolazione in età da lavoro è del 57% contro il 70 % della media OCSE e il 75% della Germania.

Questa percentuale scende drammaticamente al Sud dove è di molto inferiore al 50%.

In altri termini mancano in Italia opportunità di lavoro per una quota consistente di italiani, circa 7 milioni di occupati in meno e rispetto alla Germania a parità di condizioni, pari a più dell’11% della popolazione italiana. Più di 4 milioni sono concentrati al Sud.

In Basilicata su una popolazione in età da lavoro di 373.000 unità abbiamo solo 189.000 lavoratori. Per raggiungere quella quota del 75% mancano all’appello circa 90.000 posti di lavoro!

Ora possiamo nascondere la testa sotto la sabbia come ci pare ma o si mette mano allo sviluppo del Mezzogiorno o dovremmo rinunciare quasi del tutto allo stato sociale: pensioni, welfare e, cari amici, anche alla solidarietà e al reddito di cittadinanza.

Il mantra dominante di questi anni è stato solo la riduzione delle spese perché abbiamo un consistente debito pubblico. La drammatica eredità ricevuta da questo governo, come certifica l’Istat, è che questa folle politica neoliberista ha dal 2010 a oggi diminuito la capacità di ripagare il debito e in aggiunta ha raddoppiato disuguaglianze e povertà.

È il frutto amaro dell’aver confuso cause con effetti. Le spese pubbliche sono una funzione diretta dei servizi necessari ai cittadini, ossia sono proporzionali al numero di abitanti e alla dimensione del territorio e non al Pil.

Se abbiano un numero di occupati dell’11% inferiore a quelli che dovrebbero essere gli occupati in Italia appare chiaro che non possiamo permetterci questo stato sociale. Per contro, facendo una semplificazione forse eccessiva ma utile a comprendere le cause di questa situazione, se lavorassero tutti avremmo un livello di Pil annuo superiore strutturalmente dell’11% rispetto all’attuale e potremmo ripianare il debito, sostenere il welfare e permetterci pure qualche sfizio!

Vi risparmiamo i dati socioeconomici specifici della Basilicata che sicuramente conoscerete.

Dunque è questa la domanda vera da cui non si può scappare: è possibile lo sviluppo del Mezzogiorno e, quindi, della Basilicata?

Su questo occorre essere molto chiari: a parità di infrastrutture fisiche, amministrative culturali e sociali, no.

E allora la prima questione riguarda le infrastrutture

La portualità del Mediterraneo, e specialmente al Sud, ha bisogno non solo di investimenti, minimi e in gran parte già fatti, per accogliere le innovazioni mondiali nella logistica ma, soprattutto, di infrastrutture ferroviarie adeguate per portare le proprie merci da Taranto, e Gioia Tauro, al nord est e al nord ovest europeo e per consentirgli di scavalcare gli Appennini e le Alpi.

Tra le altre cose questi investimenti gli altri paesi industrializzati li hanno già realizzati anni fa, mentre noi continuiamo ad affidare i nostri trasporti a automezzi su gomma che inquinano l’aria e intasano le nostre autostrade.

La realizzazione di queste ferrovie sarebbe sufficiente per lo sviluppo? Assolutamente no. Perché oltre alle infrastrutture di lungo raggio occorrono le infrastrutture e la logistica di prossimità ai porti per realizzare industrie manifatturiere che potrebbero beneficiare di questa prossimità.

Questa visione è fondamentale per la Lucania che costituisce l’entroterra naturale per lo sviluppo del porto di Taranto. (continua nella pagina seguente)

I fondi europei

I fondi per lo sviluppo, occorre averlo chiaro in testa, servono per creare la ‘value proposition’, ossia letteralmente proposizione di valore, non a dare incentivi di qualsiasi tipo che finiscono solo per attrarre aziende e investimenti in settori marginali e fuori mercato. La proposizione di valore consiste in quel complesso di cose che vanno dalle infrastrutture al rapporto con la Pubblica Amministrazione come facilitatore per gli insediamenti produttivi e, necessariamente, quegli insediamenti che valorizzano le vocazioni territoriali.

La parola chiave deve essere: Investimenti. Partendo da quelli a costo zero, passando per quelli da razionalizzare fino a quelli da armonizzare per renderli produttivi. Puntando sulle risorse disponibili per trasformarle in leve di moltiplicazione dei risultati. Risorse legate alla valorizzazione del capitale umano, culturale, sociale e ambientale che si trasformano per vie più che naturali in capitale economico e finanziario.

È possibile creare 90.000 posti di lavoro in Basilicata? Assolutamente sì, ma occorre creare la consapevolezza della raggiungibilità di questo obiettivo e di quali siano le condizioni politiche per farlo. Occorre anche rendersi conto che mettere in moto lo sviluppo è qualcosa di più complicato che fare qualche decreto legge o qualche delibera di assegnazioni di fondi, contributi e incentivi. Lo sviluppo ha bisogno di  condizioni proprie, condizioni che vanno costruite.

I temi principali da inserire, in un piano organico programmatico per lo sviluppo e l’occupazione, a nostro avviso sono:

  • Investire sul capitale umano e sociale della regione. Questa è l’azione principale che dovrà mettere in cantiere il nuovo governo regionale e dovrà farlo in modo strutturato e organizzato. Nessuno può pensare che si riescano a modificare in modo consistente le infrastrutture amministrative senza coinvolgere tutti i livelli intermedi di creazione del consenso e di attivazione dei processi di cambiamento. Intendiamo i sindacati, i dipendenti pubblici, la scuola e l’università, le associazioni di categorie e le associazioni del volontariato e della società civile. Soprattutto è urgente una profonda rivisitazione delle strutture di governo regionali anche attraverso l’utilizzo di fondi di solidarietà, sarebbe la prima volta in Italia, nel pubblico impiego, consentendo in tal modo l’inserimento di giovani e di competenze innovative e qualificate nella Pubblica amministrazione e di apporti di competenze di standing internazionale. In Basilicata oltre della metà dei dipendenti pubblici ha più di 55 anni. Per chi conosce i meccanismi del fondo di solidarietà, che deve essere corretto e migliorato, sa che è una manovra a costo zero ma è indispensabile per procedere a uno svecchiamento culturale e anagrafico della P.A. prima di procedere alla sua riorganizzazione. Il capitale sociale (fiducia, capacità di cura e tutela dei beni comuni, reputazione territoriale, partecipazione) insieme alla crescita del capitale umano sono fondamentali per lo sviluppo. Bisogna averne cura, rinforzando i luoghi della sua produzione (scuola, associazioni, famiglie, cooperazione, welfare partecipativo.)

Una Regione con scarso capitale sociale e/o civile, con un deficit di cultura civica, di capacità d’azione collettiva e cooperativa, dove scarseggiano la fiducia e la partecipazione, sconta un gap di fattori necessari al perseguimento di sentieri di sviluppo. Ciò vuol dire ripristinare, anche attraverso una profonda rivisitazione degli apparati burocratici e dell’agire politico, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, nella politica e viceversa.

Occorre, quindi buon senso. Niente concorsi truccati, niente nepotismi, niente clientelismo. I giovani devono fidarsi delle istituzioni, devono credere nella trasparenza e devono rianimare il futuro.

  • Investire su legalità e ambiente. Le due cose sono strettamente connesse. 23 discariche abusive su 43 individuate dalla comunità europea sono in Basilicata. Dei danni prodotti dai petrolieri, grazie ad associazioni e movimenti ambientalisti, ne sono consapevoli tutti i lucani. Sul tema ambientale si sono sviluppate competenze significative che vanno utilizzate e valorizzate. L’Arpab va resa indipendente dai petrolieri e dal controllo partitico. Occorre collaborare con le autorità di polizia nell’individuare i responsabili dei disastri ambientali e costituirsi parte civile ai processi al fianco delle associazioni lucane. I centri oli Cova e Tempa Rossa prima o poi esauriranno la loro funzione sia per l’auspicabile innovazione tecnologica sia per l’esaurimento dei giacimenti. Chi pagherà la bonifica e la demolizione dei centri? Occorre imporre chiarezza sugli oneri di bonifica e di demolizione e chiedere e ottenere la costituzione di un deposito cauzionale per la realizzazione dello smantellamento e delle bonifiche. Non si possono consegnare alle generazioni future gli oneri dello smantellamento dei fantasmi inutilizzati di Cova e Tempa Rossa.

Ricontrattare protocolli e accordi e pretendere il rispetto della legge e della legalità anche ad aziende di emanazione pubblica e anche con azioni di forza istituzionali e con il sostegno alla mobilitazione di associazioni e cittadini. La Basilicata deve farsi rispettare e le istituzioni devono restituire diritti e dignità ai suoi cittadini. Occorre una vera alleanza tra le istituzioni regionali (governo e consiglio) e i cittadini.

La salvaguardia, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente sono un sentiero di sviluppo mortificato dalle politiche di questi anni. La Basilicata ha svenduto un patrimonio di risorse idriche, forestali, ambientali, storiche, antropologiche, alle multinazionali e a imprenditori senza scrupoli che hanno lucrato nel campo della produzione energetica, spesso con la complicità di uomini e donne delle istituzioni. Questo circuito di depauperamento del territorio deve essere interrotto.(continua nella pagina seguente)

  • Ricostruire la coerenza tra vocazioni territoriali e investimenti produttivi. Valorizzare sentieri di sviluppo in base alle vocazioni territoriali. Occorre avere chiare le compatibilità. Ormai è dimostrato che le estrazioni petrolifere distruggono ogni possibilità dello sviluppo di agricoltura e turismo. L’agricoltura e l’allevamento e il turismo hanno bisogno di reputazione. Il solo sospetto di coltivazioni nei pressi di insediamenti inquinanti vanifica le possibilità di commercializzazione dei prodotti e azzera il valore degli investimenti fatti. Il bilancio del settore petrolifero in termini occupazionali in Val D’Agri è drammatico. Nel corso degli ultimi 20 anni sono state chiuse 7.000 aziende agricole e sono stati abbandonati 25.000 ettari di terreno in quella che avrebbe potuto essere la Val di Non A dimostrazione di questo occorre considerare che negli ultimi 20 anni i trenta comuni del Programma Operativo Val D’Agri hanno perso il 20% della popolazione, di gran lunga sopra la media lucana. Per ottenere questi risultati i governi lucani hanno sperperato centinaia di milioni di euro. Un vero scandalo.
  • Favorire la delocalizzazione dei settori amministrativi e di contatto alla clientela delle aziende, nei comuni montani della Basilicata realizzando finalmente la banda larga e individuando le location dove realizzare nuclei produttivi per gruppi di comuni prossimi territorialmente in modo da vitalizzare le economie dei piccoli centri. La tecnologia, smart working, oggi consente questi insediamenti. Con un’adeguata proposizione di valore utilizzando gli attuali incentivi per l’occupazione giovanile si possono convincere molti produttori di servizi a delocalizzare.
  • Realizzare il piano di infrastrutture utilizzando i fondi europei e coinvolgendo gli investitori e le istituzioni private nella loro realizzazione. Sappiamo che in Italia e in Europa c’è un eccesso di liquidità e una spasmodica attenzione nella ricerca di investimenti in economia reale che non riesce a trovare sbocchi nel nostro Paese a causa della mancanza di una cornice normativa affidabile e di progetti seri che danno certezza di tempi di realizzazione. Le infrastrutture indispensabili alla Basilicata quotano circa 15 miliardi, una cifra recuperabile attraverso l’impiego di Fondi Europei inutilizzati e di un contributo nazionale per un totale di circa 5 miliardi, il rimanente può essere reperito per metà da investimenti privati e per l’altra metà da finanziamenti bancari. Evitando giochi di prestigio finanziari, quali i derivati, che hanno affascinato qualche governatore e danneggiato i lucani.
  • Armonizzare le misure di contrasto alla povertà con le misure per l’occupazione delle persone svantaggiate, integrandole con un rinnovato sistema di welfare sociale. Il campo del welfare sociale è ad alta intensità di lavoro. Ciò consente di ottenere, a costo quasi zero, risultati immediati sul fronte dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, espulse dal mercato del lavoro, beneficiari del reddito minimo e in situazione di povertà. Nel contempo consente di ottenere risultati immediati sul fronte della risposta alla domanda di servizi socio-assistenziali, socio educativi e socio sanitari dei cittadini lucani. Tutto questo nel quadro di un nuovo approccio alla programmazione delle politiche di welfare sociale e sanitario. Un welfare che sia funzione dello sviluppo, quindi investimento, piuttosto che funzione delle disgrazie. Un welfare che aggredisca alle origini alcuni importanti fattori che scatenano i processi di povertà.
  • Creare le delivery unit per la realizzazione dei piani. Di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. Ogni processo di trasformazione trova giorno per giorno piccoli e grandi ostacoli e inciampi. Sulla scorta dell’esperienza fatta sia in Italia (Poste) sia all’estero (Sanità in Inghilterra) la delivery unit è un’unità di progetto indispensabile e dedicata a rimuovere ostacoli, battere il tempo e mettere in atto le azioni correttive per realizzare il piano. Costituisce l’unità strategica sia per progettare nei dettagli i piani sia per realizzarli.(continua nella pagina seguente)

Quello descritto è solo un elenco non esaustivo di cose da fare e di azioni da mettere in campo. Non abbiamo trattato il tema della scuola e dell’Università, delle arti, della cultura e altri argomenti legati allo sviluppo. Temi che tratteremo volentieri qualora fossimo invitati ai dibattiti, anche per confrontarci con altri esperti. Non abbiamo la pretesa di dettare niente a nessuno. Abbiamo semplicemente fatto un elenco di azioni a nostro avviso necessarie e abbiamo raccontato un metodo di lavoro.

Qualsiasi cosa si voglia fare non dovrebbe comunque allontanarsi da questo elenco e da questo metodo, magari con contenuti adattati in funzione delle varie sensibilità.

Sarebbe opportuna, in ogni caso, una discussione fondata sulla consapevolezza che la Basilicata ha un gap occupazionale di 90.000 unità e che da questo dato occorre partire per la costruzione di un programma di governo o se volete di un piano di lavoro.

Le cose da fare sono tante, alcune da fare anche in fretta. La priorità sono i contenuti, non i candidati. Bisogna utilizzare al meglio il contributo di tutti. Chi ha le competenze metta a disposizione le competenze, chi è in grado di convogliare il consenso lo faccia! Cari amici 5S, care associazioni, care menti libere, cari leader dell’ambientalismo e dell’associazionismo, cari amici lucani teniamoci per mano: ora o mai più.

L’alternativa sarebbe Pittella con la sua esperienza di governo fallimentare, sarebbe il Centro Destra complice del declino. Sarebbe la dipartita di tutte le speranze dei lucani.

Soltanto un fronte largo a trazione 5 Stelle, insieme con i gruppi, associazioni, liste civiche, movimenti, alternativi al sistema, sarà in grado di affrontare la sfida elettorale del prossimo autunno.

Invitiamo tutti a mettersi subito a lavoro. Dal canto nostro, se invitati, saremo felici di dare un contributo alle vostre discussioni.