
Viaggio inchiesta in quella che ormai è diventata la Valle della desolazione. Una vera e propria Zona Franca Petrolifera. La Val Basento
Alcune domande legittime
E c’è un’altra questione. La reiniezione riguarda anche altro perché a Pisticci a metà anni Ottanta per sperimentare l’incremento di produzione hanno reiniettato, nel pozzo Pisticci 13, CO2 bollente.
Ma se per Agip Pisticci rappresentava un esperimento a basso costo per testare un metodo da applicare in alto Adriatico, uno studio del 2014 sui fattori di controllo nella stimolazione tramite CO2 in “pozzi orizzontali di petrolio pesante” spiega che la stimolazione in pozzi orizzontali è usata dagli anni Settanta nel mondo e che i risultati di questa tecnologia rispetto a esperienze varie “sono i peggiori a Pisticci” a causa dell’elevato rapporto gas-olio.
Tra i meccanismi che tale tecnologia otterrebbe c’è la riduzione della viscosità del petrolio (a Pisticci è viscoso in quanto ricco di asfalteni), l’espansione del volume di petrolio, il favorire una soluzione-guida del gas, il decremento della tensione interfacciale (quando sono in contatto liquidi diversi, ndr), l’acidificazione (cosa fatta per il pozzo di Pisticci usato per tale scopo, ndr), il miglioramento del rapporto di mobilità e densità, e l’aumento della portata del recupero di petrolio tramite la relazione tra volume della riserva e fluidi iniettati.
Pisticci 13 è dunque un pozzo orizzontale? La CO2 iniettata ha provocato il rigonfiamento dell’argilla del livello coltivato e la produzione di sabbia? E cosa ha comportato tutto questo?
Sullo stoccaggio gas nei campi Grottole-Ferrandina e Pisticci, nel 2002, c’è uno studio della Geogastosk spa, società della multinazionale russa Avelar Energy, intercettata nel 2007 dalla Questura di Reggio Calabria che ascoltava l’advisor Massimo De Caro mentre parlava con Aldo Micciché e Antonio Piromalli, dell’omonima ‘ndrina, dei forti interessi su petrolio e gas (per la Questura grazie a politici compiacenti erano riusciti a intrecciarsi inestricabilmente a segmenti delle istituzioni per assicurarseli, ndr).
L’allegato dello studio, relativo alle simulazioni per Pisticci, descrive un forte “water drive” del livello da sfruttare. Si parla di water drive se si è in presenza di riserve confinate e in comunicazione con acquiferi. Quando la pressione diminuisce l’acqua compressa nell’acquifero s’espande e straripa nella riserva, e l’invasione aiuta a guidare petrolio e gas nei pozzi produttivi.
Il grado in cui l’acquifero migliora il recupero della riserva dipende da grandezza e prossimità dell’acquifero alla riserva, grado di comunicazione tra acquifero e riserva, e ammontare di acqua che invade la riserva. La reiniezione di acque di strato a Pisticci 009 e quella di CO2 a Pisticci 13 ha provocato fenomeni di water drive?
Stando a Geogastock il livello da utilizzare a Pisticci era già statocoltivato da 9 pozzi, tutti chiusi dal 1991 per “autocolmatamento di acqua di strato e sabbia”, un rischio stando a vari studi, che avviene quando a fine svaso la portata si riduce e si creano le condizioni di possibile presenza di liquidi.
Cosa è accaduto nei 9 pozzi di Pisticci? Il fatto che aGrottole-Ferrandina a 656 metri sotto il livello del mare c’è una tavola d’acqua indipendente, e a Pisticci la si trova a 771 metri, non frega a nessuno.
Per Ferrandina Geogastock scrive solo che vi è un basso rischio di water coning, mentre è elevato a Pisticci. Non si spiega che il fenomeno è collegato a seri problemi in quanto l’acqua invade i pozzi, né che “è usualmente corrosiva” e il suo smaltimento ha costi elevati, come riporta una conferenza del 2014 sul tema.
Il fatto che in passato la reiniezione abbia comportato tali fenomeni e il modo con cui sono state smaltite le acque corrosive, alla multinazionale e ad altri soggetti frega ancora meno.