La Cannabis sativa è stata usata per la produzione di tele e tessuti fino a al XX secolo, quando, per evitare che fosse usata come droga, in Europa vennero emanate leggi che ne limitarono la coltivazione e quindi di fatto anche l’uso come fibra tessile.
Il suo uso in ambito medico è stato a lungo discusso ed è tutt’ora fonte di dibattito nella comunità scientifica. Sono stati fatti numerosi studi in merito, ma non si hanno conclusioni definitive in quanto tali studi non sono confrontabili: ognuno di essi usa un campione di riferimento con diverse caratteristiche, il metodo di somministrazione varia da uno all’altro e la Cannabis contiene più di 750 componenti che variano per presenza e concentrazione a seconda del tipo di pianta, del luogo di coltivazione e di come viene preparata la somministrazione.
Un sondaggio del 2015 stima che la cannabis sia la sostanza stupefacente più usata al mondo, con più di 183 milioni di utilizzatori adulti.
Viene generalmente fumata, vaporizzata o ingerita. Nel caso di inalazione gli
effetti della cannabis tardano 15 minuti a presentarsi e diminuiscono nel giro di due ore. In rari casi durano fino a 24 ore.
Nel caso di consumo per ingestione, gli effetti durano più a lungo ma arrivano dopo 30-90 minuti: spesso questo ritardo porta il soggetto ad assumerne ancora con il dubbio che la dose ingerita non sia sufficiente. L’esito di questo comportamento generalmente è un’intossicazione.
Il numero di componenti note presenti nella Cannabis ammonta a 750, ma secondo gli esperti ce ne sarebbero altre ancora da scoprire.
Di queste, 65 simulano sostanze presenti naturalmente nel corpo umano e che regolano funzioni quali appetito, memoria, concentrazione e dolore.
Inoltre, contiene sostanze psicotrope in grado di influenzare il comportamento, l’umore e le percezioni. Il più famoso, e quello che produce i sintomi principali (euforia, rilassamento e sedazione), è il THC.
Gli effetti a breve termine comprendono la riduzione dei riflessi (la capacita di guidare può essere compromessa per le 24 ore successive all’assunzione), alterazione della percezione audio-visiva, riduzione della capacità di problem solving e aumento della frequenza cardiaca, con conseguente sovraccarico del cuore. Con dosi molto elevate è possibile sperimentare fenomeni di psicosi e allucinazioni.
A lungo termine, l’uso continuativo di cannabis causa problemi di coordinazione dei movimenti, capacità di apprendimento e velocità di reazione. Tali effetti sono tanto più evidenti quanto più precoce è stato l’inizio dell’uso della sostanza, soprattutto se avviene mentre il cervello è in fase di sviluppo, come avviene durante l‘adolescenza.
L’abuso di Cannabis può essere responsabile della comparsa di problemi psichici come ansia, depressione e pensieri di suicidio che la maggior parte delle volte sono transitori, ma è anche causa del peggioramento di una malattia psichica in corso o può anticiparne la comparsa in soggetti predisposti.
Dal punto di vista fisico sono stati provati effetti negativi sulla fertilità e, in caso di assunzione durante la gravidanza, è possibile che il feto subisca un rallentamento nello sviluppo celebrale e scarso peso alla nascita e sia destinato a soffrire di problemi dell’attenzione e del comportamento. Potrebbe, inoltre, dare luogo a complicazioni a carico dell’apparato respiratorio, predisponendo il fumatore a infezioni, tosse cronica e alcune forme di tumore.
Poiché si tratta di una sostanza che da dipendenza fisica, i sintomi dell’astinenza comprendono irrequietezza, insonnia e perdita dell’appetito. Tali sintomi possono perdurare fino a 3 settimane.
Vista la controversia tuttora in atto circa l’uso a scopo medico, la cannabis non può essere considerata una terapia ma un trattamento di alcuni sintomi.
Tra le varie applicazioni in ambito medico, la Cannabis può essere usata per trattare:
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