Aldo Cazzullo, il cattivo Borbone e il buono Re Savoia

9 aprile 2025 | 16:07
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Aldo Cazzullo, il cattivo Borbone e il buono Re Savoia
Aldo Cazzullo

Breve omaggio alla storia dei vinti, che siano genovesi o briganti terroni o operai milanesi, che non troverà mai spazio nelle rievocazioni ufficiali né nei polpettoni rievocativi su La7, pieni di certezze retoriche e nessuna verità che ci costringa a riflettere sul passato e meno che mai sul futuro

C’è una Giornata particolare che il prode Aldo Cazzullo, con la sua trasmissione, non racconterà mai, né su La7 né su altre testate. Il perché è presto detto: cozzerebbe troppo contro la melassa narrativa del Risorgimento che ci propina appena può come una successione di atti eroici, dove i buoni sono sempre e comunque i piemontesi e il loro Re Savoia, mentre i cattivi sono sempre i napoletani e il loro Re Borbone.

Eppure ci sarebbe da raccontare proprio in questi giorni, in cui ricorre l’anniversario dei Moti di Genova, la vicenda della Città, di re Vittorio, dei bersaglieri e di Fanti e La Marmora.

La Repubblica di Genova finì nel 1797 ad opera di tale Napoleone che si era persino messo in testa di conquistare Mosca e detronizzare gli Zar, ma la sua epoca finì con un bagno di realtà, oltre che di sangue, e a seguito del Congresso di Vienna del 1815, a proposito di pace giusta di cui nella storia mancano tracce, invece di restituire la Repubblica ai genovesi, Genova fu annessa al Regno di Sardegna.

I genovesi mal digerirono la decisione e mal sopportarono i piemontesi e i Savoia fino a quando, dopo l’abdicazione di Carlo Alberto, si ribellarono e proclamarono la Repubblica Genovese di ispirazione mazziniana ai primi di aprile 1849. Il neo Re Vittorio Emanuele II mostrò subito ai genovesi e all’Italia intera il suo volto ‘migliore’ paterno e non insensibile al grido di dolore eccetera eccetera e inviò una forza di circa 30.000 uomini guidati da La Marmora a sedare la rivolta.

Iniziati gli scontri il 5 aprile la naveVengeance, battente bandiera inglese, iniziò a bombardare dal mare la città (a proposito di ingerenze straniere nella storia patria!) La Marmora, nel mentre, giunto alla Porta della Lanterna, fece finta di negoziare con i genovesi tradendoli e mandando i bersaglieri a invadere la città prendendola così alla sprovvista.

I genovesi resistettero eroicamente fino all’11 di aprile aspettando i rinforzi della colonna lombarda dei mazziniani guidati dal generale Manfredo Fanti che, inaugurando un copione di tradimenti degli ufficiali maggiori nei confronti della propria stessa truppa che diventò arte guerresca con l’invasione, a proposito di retorica su invasore e invaso, del Regno di Napoli fece di tutto per non arrivare in tempo a dare manforte ai genovesi.

Nulla fu risparmiato. Furono prese di mira le abitazioni civili e l’ospedale di Pammatone, anche qui anticipando la ferocia di Cialdini nell’assedio a Gaeta, sparando dalle batterie di San Benigno mentre la marina inglese continuava a bombardare dal mare. I piemontesi violentarono donne, uccisero bambini e padri di famiglia con una ferocia degna di Netanyahu. Non furono risparmiate neanche le chiese, i prigionieri furono uccisi.

Il Re Vittorio Emanuele II scrisse una lettera di encomio al generale La Marmora, che in seguito si mostrò, insieme a Cialdini, altrettanto spietato nella repressione del brigantaggio mentre i bersaglieri si distinsero anche a Pontelandolfo, Casalduni, Auletta, Pietrarsa (1863) e Milano (1898).

La ferita tra la città e i bersaglieri fu profonda e solo nel 1994 ci fu la riconciliazione voluta da Amedeo di Savoia-Aosta quando la città ospitò il 42º raduno nazionale del corpo.

Però solo il 26 novembre 2008 il consiglio comunale di Genova fece apporre di fronte alla statua del re Vittorio Emanuele II, in piazza Corvetto, una targa che recita: “Nell’aprile 1849 le truppe del Re di Sardegna Vittorio Emanuele II al comando del generale Alfonso La Marmora sottoposero l’inerme popolazione genovese a saccheggi bombardamenti e crudeli violenze provocando la morte di molti pacifici cittadini aggiungendo così alla forzata annessione della Repubblica di Genova al Regno di Sardegna del 1814 un ulteriore motivo di biasimo affinché ciò che è stato troppo a lungo rimosso non venga più dimenticato. il comune di Genova pose.”

Ma a testimonianza del fatto che la storia la scrivono sempre i vincitori e chi è padrone della storia domina il futuro di un popolo la statua di Re Vittorio non fu rimossa, continuando l’offesa alla memoria dei tanti cittadini morti e per ricordare a tutti chi ha vinto. Un poco come il museo del Lombroso a Torino serve per ricordare che al fondo i terroni sono lombrosianamente dei banditi.

Questo è un breve omaggio alla storia dei vinti, che siano genovesi o briganti terroni o operai milanesi, che non troverà mai spazio nelle rievocazioni ufficiali né nei polpettoni rievocativi su La7, pieni di certezze retoriche e nessuna verità che ci costringa a riflettere sul passato e meno che mai sul futuro.

Perché la propaganda oltre alla cronaca deve dominare anche la Storia, altrimenti dove si potrebbe mai andare a finire se ci si rendesse conto che il Bel Paese è nato da ingerenze straniere, tradimenti e violenze invece che dai soldatini di piombo tirati fuori dalla scatola dell’infanzia beata di Cazzullo? Magari qualcuno poi può farsi qualche domanda di troppo anche sull’oggi.