Sull’idea dei luoghi-paradigma: il dibattito è aperto

L’intervento dell’architetto Carmine Pietrapertosa sul dibattito aperto da Luigi De Bonis sulla “turistizzazione” dei luoghi
Caro Luigi, alcune considerazioni sul documento “Idea progettuale sui luoghi paradigma”.
Quella che proponi è una riflessione molto interessante così come l’idea di un progetto. Se permetti accenno qui qualche mio ragionamento, considerazioni e obiezioni. È vero e incontestabile ciò che dici sulla standardizzazione turistica e sui suoi effetti deleteri su popolazioni e territori. Tuttavia, l’afflato poetico del bacio scambiato appoggiati alle rovine di un antico muro, sfortunatamente, non risolve alcunché. Come pure del tutto irrilevante – se non addirittura strumentale e finalizzato al proprio tornaconto, lo so, sono brutale – risulta il contributo del cosiddetto paesologo che su queste questioni ha coniato un termine e ne ha fatto una professione, un brand molto figo che miete consensi in ogni dove, compreso cospicui finanziamenti pubblici per eventi che ricadono ampiamente, secondo il mio personale punto di vista, proprio in quell’effetto di standardizzazione e/o degli eventi stigmatizzato nel documento di idea progettuale di cui parliamo. Il paesologo, a cui riconosco solo una grande capacità comunicativa e una certa vena poetica – per la verità un po’ troppo ripetitiva e monocromatica – gestisce l’evento di Aliano (e i relativi finanziamenti pubblici e privati) da quasi 15 anni conseguendo nessun risultato oltre la propria autoreferenzialità e promozione.
Se andiamo a vedere i dati anagrafici di Aliano scopriamo l’acqua calda: in poco più di vent’anni il paese ha perso quasi il 35% della popolazione secondo un trend costante che non ha beneficiato di alcuna inversione di tendenza a partire dal 2011, anno di inizio del festival del paesologo. Non amo le citazioni, ma questa merita l’eccezione. Parole sue: “[Aliano] un luogo in cui anche la desolazione diventa beatitudine: è l’eros dell’orlo, l’oreficeria del vuoto”, intervista su il Quotidiano del 25/8/15. Abbiamo bisogno della beatitudine della desolazione? Domanda retorica, risposta banale: no. D’altra parte bisognerebbe chiedere agli abitanti di quei luoghi cosa ne pensano della desolazione e della conseguente beatitudine. Non abbiamo bisogno di questo, come non abbiamo bisogno della panchina su cui sedersi al chiaro di luna sotto un lampione spento, ancora cito a memoria con beneficio d’inventario. Le visioni paesologhe illanguidiscono lo spirito e allontanano qualsiasi concreta ipotesi solutoria. Abbiamo bisogno di tutt’altro. Continua a leggere cliccando qui