Liste d’attesa, la Basilicata tra le regioni che ostacola “i percorsi di tutela”

“Ostruzionismo delle aziende sanitarie e ospedaliere lucane che pur di non sborsare denaro consentendo ai cittadini di effettuare la prestazione sanitaria nel privato accreditato o in intramoenia richiedono moduli, certificati, documenti e altre scartoffie burocratiche che finiscono per scoraggiare l’esercizio di un diritto previsto dalla legge”
“La soluzione all’annoso problema delle liste d’attesa sanitarie, il fenomeno che obbliga i cittadini ad aspettare mesi o anni per ricevere una visita o un esame, c’è ed è prevista dal Decreto Schillaci in vigore da agosto scorso, che obbliga le strutture sanitarie, in caso di mancato rispetto dei tempi previsti per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, a far sì che il cittadino possa effettuarle presso una struttura privata accreditata o in ospedale in regime di intramoenia, pagando solo il ticket. Una soluzione che aziende sanitarie e ospedaliere lucane non comunicano ai cittadini, ostacolandone l’esercizio attraverso una serie di oneri burocratici francamente insopportabili”. È quanto afferma, in una nota, il Capogruppo di Basilicata Casa Comune Giovanni Vizziello che così commenta l’indagine di Salutequità, che annovera la Basilicata tra le sette regioni d’Italia che ostacola l’esercizio dei cosiddetti “percorsi di tutela”.
“Questi percorsi di tutela, altrimenti detti salta-code-spiega Vizziello- previsti originariamente da un decreto legislativo del 1998 e dal Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa sono stati riproposti dal Decreto Schillaci ma, purtroppo, non sono meccanismi che scattano automaticamente qualora le strutture sanitarie non rispettino i tempi di erogazione previsti dalla legge per visite mediche ed esami di laboratorio”.
“Di qui l’ostruzionismo delle aziende sanitarie ed ospedaliere lucane -aggiunge il consigliere regionale- che pur di non sborsare denaro consentendo ai cittadini di effettuare la prestazione sanitaria nel privato accreditato o in intramoenia richiedono al cittadino, per poter usufruire dei percorsi di tutela, moduli, certificati, documenti e altre scartoffie burocratiche che finiscono per scoraggiare l’esercizio di un diritto previsto dalla legge”.
“Le liste d’attesa sono considerate il problema principale della sanità da quasi il 75% della popolazione e sono l’elemento in grado di mandare a carte quarantotto il diritto alla salute previsto dall’ articolo 32 della Costituzione -conclude Vizziello-perché pongono i cittadini di fronte all’alternativa, per curarsi, di mettere mano al portafoglio o di rinunciare alle cure e questo dato di fatto dovrebbe indurci a perseguire senza indugio soluzioni come quella dei percorsi di tutela, smettendola di prendere in giro i cittadini che chiedono risposte celeri alle proprie necessità di salute”.