Cultura: Un’idea progettuale sui luoghi-paradigma

“L’hanno chiamata ‘turistizzazione’, è diventata così pervasiva che molte città provano, oggi, a differenziarsi dal modello, anche per mantenere o meglio posizionarsi, differenziandosi, in ambito dell’offerta”
Quante volte siamo andati in un resort per le nostre vacanze al mare? Un sacco di volte. Lo abbiamo fatto per soddisfare le nostre esigenze e quelle dei nostri figli ancora piccoli. Molto turismo si è riversato in quei luoghi. Con la frequenza e con il tempo, abbiamo imparato a conoscerli meglio. Luoghi progettati tutti nello stesso, identico modo. Sottoposti ad una tale standardizzazione che non rammentiamo più la differenza tra l’uno e l’altro. Ovviamente, non è l’unico campo, la standardizzazione ha riguardato anche altri luoghi destinati al consumo, centri commerciali, outlet, ecc. Ma ha interessato anche tanti luoghi turistici. L’hanno chiamata “turistizzazione”, è diventata così pervasiva che molte città provano, oggi, a differenziarsi dal modello, anche per mantenere o meglio posizionarsi, differenziandosi, in ambito dell’offerta.
Pare che Venosa, alle prime armi, voglia imboccare subito la via della standardizzazione. Si intraprende, dunque, una via che altri, ben più avanti in campo turistico, hanno definito cieca, anziché scegliere un modello differente. Ci si uniforma a presentare nel medesimo modo la città, anziché mantenere e valorizzare la vocazione del luogo. Invece, è auspicabile pensare ad altra via, anche per non permettere lo scempio tipico della cancel culture insita nella standardizzazione, serve altra via anche per evitare di scoprire che le aspettative andranno deluse.
Marc Augé, antropologo e filosofo francese, noto per la sua analisi e scoperta dei non-luoghi. Secondo la sua definizione, i non-luoghi sono aree di passaggio, anonime, transitorie, in cui non si stabiliscono relazioni con l’ambiente e non hanno storia riconosciuta che li renda unici. Invece, i luoghi antropologici sono quelli in cui la storia è sovrabbondante e che connota, è luogo di relazioni, delle tradizioni e senso di appartenenza. Augé ritiene che i luoghi turistici sono non-luoghi, non solo perché sono luoghi del provvisorio e del transitorio, ma anche perché, sottoposti ad una eccessiva standardizzazione: perdono identità storica e diventano luoghi in cui non ci si riconosce. Diventano non-luoghi non solo per le persone che li attraversano per breve tempo, divengono tali anche per quelli che li abitano (pensiamo ai disastri della gentrificazione spinta e anche la scomparsa di ogni relazione finalizzata allo scambio fatto per scopo turistico).
Potenzialmente, trasformare il nostro paese in un non-luogo turistico è molto semplice. La standardizzazione offre soluzioni molto facili ripetibile da tutti, senza il bisogno di essere scienziati. All’interno di quel modello serve un po’ di creatività e immaginazione, niente di particolarmente difficile. Il processo imitativo è spinto ovunque, è devastante. Intraprendere altre vie, invece, è molto complicato. Vista la natura del problema si potrebbe dire che “si sbaglia da professionisti”. Sembra impossibile avvicinare un luogo turistico al modello antropologico. Si pensi alla transitorietà dell’esperienza turistica e al tempo breve che rendono improbabile l’instaurarsi di relazioni significative. Nel turismo esperienziale, la vacanza turistica è offerta come esperienza emozionale. Ma anche in tale modello, con la standardizzazione, siamo in un “BELLO” senza soluzione di continuità, in un “EMOZIONANTE” senza interruzioni: una nuova religione che non ha più i suoi giorni di festa ma una ritualità continua e senza sosta.
In tale contesto, il bello e l’emozionante da consumo permanente hanno un effetto di saturazione altrimenti detto “noia”, che è pur sempre una relazione ma non quella più auspicabile. Il sentiero accidentato, a volte interrotto (tutti le innovazioni hanno sentieri interrotti), sembra impossibile ma, se desideriamo fare qualche passo, bisogna partire dall’assunto che il non-luogo non è fatale destino riservato solo al turista, con transitorietà fisiologica, ma è una realtà che sperimentano anche gli abitanti del luogo. La turistizzazione non trasforma solo i luoghi per adattarli all’offerta standard, ma cambia anche la possibilità di continuare a viverlo come luogo antropologico. Il muro sgarrupato, parte ancora in piedi di una domus romana, è oggi lo sfondo per un selfie, in passato invece ci si appoggiava per darsi il primo bacio d’amore appassionato. Insomma, i luoghi che subiscono un eccesso di turistizzazione, non sono più luoghi di relazione. La separazione funzionale delle aree della città è il peggio che si possa riservare alla propria città. Ed ecco che entra in gioco il sacro, la sacralità. Oltre che il luogo di relazioni, rendere sacro significa riconoscere una relazione di gratitudine, segno di una cura ricevuta e ricambiata. E’ risaputo che la gratitudine verso il luogo è uno straordinario moltiplicatore delle relazioni che nessuna rete di scambi economici può eguagliare. I luoghi antropologici necessitano di moltiplicatori di questo tipo, tali sono considerati anche i cosiddetti “luoghi polisemantici” di cui parla Michela Murgia, nel suo libro “Futuro interiore”. Polisemantico, secondo Murgia, è un luogo che può “rispondere a più esigenze contemporaneamente e piegarsi anche a funzioni anche non previste”, dando “domicilio ad una biodiversità sociale”. Nel suo libro vengono riportati due esempi: uno in Francia, l’Istituto del mondo arabo a Parigi, l’altro in Italia, la Salaborsa a Bologna. Per spiegare meglio il concetto di polisemanticità, Murgia chiama in suo aiuto l’immaginazione del lettore chiedendogli di pensare alla “differenza tra il progettare rigidamente un luogo funzionale con un solo scopo e immaginare molti scopi relazionali convergenti in un solo luogo”.
Con le dovute proporzioni e con le pochissime risorse a disposizione, anche a Venosa hanno avuto luogo esperienze che hanno provato e provano ad darsi un profilo polisemantico. Va ricordata l’esperienza dell’apertura del Convento di san Domenico, cantiere in ristrutturazione infinita che dura da 30 anni, di in un centro di animazione culturale ad opera di una piccola associazione, Associazione Familiari Antistigma “A. Merini”. Purtroppo, quella esperienza è stata volutamente chiusa. Inoltre, va ricordato il lavoro di grande valore del nucleo operativo venosino dei Musei e parchi archeologici di Melfi e Venosa che, pur partendo da un luogo espositivo, opera come centro di animazione culturale che, partendo dall’archeologia, ha ampio raggio di interesse, teso a coinvolgere proprio gli abitanti e le associazioni del luogo. Fra l’altro, nello stesso edificio, è presente un archivio storico e una biblioteca, con cui è auspicabile un coordinamento maggiore per aumentare l’ampiezza degli interessi. Si spera che altri luoghi seguano il modello del nucleo iperattivo. Non che chi viene da fuori sia ospite sgradito, anzi, ma funzionalizzare ad unico scopo i luoghi, non mantenere il loro carattere polisemantico in cui gli abitanti della cittadina continuino a sviluppare loro relazioni non solo di scambio è essenziale.
Ma se tutti questi sforzi sono necessari perché gli abitanti continuino a considerare il paese che accoglie viaggiatori il proprio paese, forse, si possono anche porre in atto strategie affinché il paese diventi per l’ospite anche un po’ il suo paese. Anche per un breve periodo, il viaggiatore che attraversa una comunità transitoria, può essere aiutato ad avvertirla come comunità. Quando parliamo della storia gloriosa dei resti del muro sgarrupato, sappiamo che le nostre parole sono influenzate da quel primo bacio appoggiato proprio a quel muro. Tale esperienza che ci lega al muro non è purtroppo condivisa dal nostro ospite. La sua empatia potrà rendere le nostre parole un po’ più vicine, resta comunque l’assenza di relazioni con il muro. Abbiamo dunque necessità di una comunicazione, una narrazione che renda il luogo significativo per l’ospite, anche in mancanza delle nostre memorie.
In che modo possiamo rendere significativa una narrazione se non trovando dei punti di contatto con la storia e il vissuto del viaggiatore, interagendo proprio con il mondo che si porta dietro? La nostra comunicazione deve rientrare in un modello mentale o una cornice che ha una radice comune nel modo in cui percepiamo e interpretiamo il mondo. Serve un paradigma! Nel nostro caso, intendiamo “luogo-paradigma” un luogo che può essere narrato e aiutare a narrare un determinato paradigma. Per esempio, in questo modo va intesa l’idea di presentare Banzi, come luogo-paradigma del Sacro. Non solo perché studi accreditati, fanno risalire la radice di Banzi al nome del dio arcaico Neptunus Bindus, ma anche perché la caratterizzazione del sito è stata quella di luogo sacer. Andavano verso tale direzione le iniziative del Festival nell’Auguraculum, in particolare, l’edizione svolta nel 2013. Il nucleo centrale della divinazione, la tensione tra presente e futuro era analizzata nei diversi campi disciplinari: filosofia, psichiatria, credo religioso, antropologia e letteratura, musica. Si può affermare, allo stesso modo, che l’Incompiuta di Venosa è un luogo-paradigma per eccellenza. Infatti, sia nella sua accezione di mancanza o in quella di apriori o semplicemente di caratteristica biologica, l’incompiutezza è il nucleo essenziale non solo di un paradigma scientifico ma anche pratiche artistiche e letterarie di particolare importanza. In questa sede, accenniamo a due casi particolarmente significativi che rendono chiaro la centralità del concetto. Il primo richiama il capitolo del libro “Itinerari matematici della Basilicata” della matematica Sandra Lucente, responsabile del Dipartimento di comunicazione scientifica di UniBas, che visitando l’Incompiuta, richiama i teoremi sull’Incompletezza di Gödel. Il secondo caso, richiama una autorità morale indiscussa: Papa Francesco. In un suo discorso a Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, fa esplicito riferimento ad un pensiero della incompiutezza, dell’inquietudine e dell’immaginazione. Due delle declinazioni possibili dell’incompiutezza e se ne possono trovare altre in tanti altri campi. In questa sede, si è voluto solo presentare l’idea potenziale che può essere sviluppata in progetto concreto se un gruppo di volenterosi con differenti competenze hanno l’interesse a realizzare.
∗Docente di matematica e attivista culturale