Basilicata. Le falde sotterranee del malaffare corrodono il terreno della giustizia

Un bordello autorizzato da contorsionismi burocratici e formalismi normativi che coprono azioni illegittime travestite di legalità e trasparenza
Da quando è stata istituita la Dia (Direzione Investigativa Antimafia) in Basilicata, non abbiamo visto granché. Sarà perché in fin dei conti non era necessaria. Qui va tutto bene. Però fa glamour averla. Tutti, all’epoca dell’inaugurazione della sede, siamo al 7 marzo 2022, hanno applaudito, esultato, salutato la circostanza come un grande successo. Di chi? Per cosa? Noi scrivemmo il contrario, perché un territorio che ha bisogno di una Dia sul posto, è già mezzo sconfitto. Tuttavia, l’abbiamo accolta come un segnale di attenzione dello Stato nei confronti di una regione spesso relegata ai margini dell’allerta “criminalità”. Sempre considerata tutto sommato tranquilla. La nostra preoccupazione riguardava il timore che la nuova istituzione venisse utilizzata dagli inquirenti con un approccio standard alla lotta alla criminalità organizzata. E in questi primi anni quel timore ci è apparso fondato. Qualcuno pensa ancora che la criminalità sia terreno esclusivo di estorsori, spacciatori e clan di ogni varietà dediti al malaffare. Su quel terreno si tratta di sfidare pistole e bottiglie incendiarie. Sì, c’è anche questo, ma non solo, e non troppo per fortuna.
Il contrasto alla criminalità organizzata, è vero, passa anche dal rinforzo di prerogative, mezzi e uomini a disposizione degli inquirenti. Bisogna intendersi, però, sul fatto che la criminalità non è soltanto quella dei clan efficacemente perseguitati dalla magistratura in questi ultimi anni. Non è soltanto 100 grammi di erba, gioco d’azzardo, furti di rame e di trattori.
Da queste parti esiste la “non mafia” che significa corruzione, assenza di trasparenza, bordello dei cosiddetti colletti bianchi che ricevono e offrono vantaggi nell’esercizio delle loro funzioni nell’arena della politica e delle imprese. Ci riferiamo a tutto quanto accade ed è accaduto in alcune stanze delle istituzioni e in alcuni uffici della pubblica amministrazione a diversi livelli. Ci riferiamo al silenzio che circonda gli accordi corruttivi e concussori in taluni settori dell’economia e delle istituzioni. Appalti truccati, furto di beni comuni, tangenti e in particolare il traffico illecito di rifiuti. Un bordello autorizzato da contorsionismi burocratici e formalismi normativi che coprono azioni illegittime travestite di legalità e trasparenza.
Ecco, crediamo sia giunta l’ora di mettere mano al contrasto della “non mafia”, quella che fa riferimento ad ambienti politici, imprenditoriali, finanziari e bancari, mediatici e anche giudiziari. La mafia in questo caso è un’altra cosa, e chiamarla mafia porta fuori strada. Ci riferiamo ad un altro tipo di criminalità che non è affatto organizzata e tuttavia è liquida e molecolare. Una criminalità che ha un’altra storia, altri riti, liturgie, regole, e che non appare affatto assimilabile alla mafia tradizionalmente intesa e circoscritta nei codici che la identificano anche penalmente. È quella che approfitta delle risorse pubbliche, che sequestra l’aria dei cittadini e si mangia il futuro, che decide sui grandi appalti, che distribuisce opportunità, vantaggi, scorciatoie, carriere, nomine, quella che fa affari sui rifiuti, senza sporcarsi le mani.
L’impegno degli inquirenti sia concentrato anche su questo fronte. Perché da queste parti a delinquere con i guanti bianchi e il vestito da sera sono soprattutto gli iscritti alle confraternite degli affari. Tra indagini in corso e indagini concluse, dalle Procure ci aspettiamo finalmente segnali forti. Non perché siamo giustizialisti, ma perché qui la gente ha bisogno di segnali per non rassegnarsi alla prepotenza dei delinquenti di alto bordo. Non siamo per le retate ad effetto, per gli arresti spettacolari utili soltanto a nutrire l’ego di qualcuno e niente altro. Chiediamo, però, un impegno più forte nell’individuare e neutralizzare le falde sotterranee del malaffare che da troppo tempo corrodono il terreno della giustizia e minano le fondamenta della convivenza civile e del tessuto democratico locale.
©Riproduzione riservata