Basilicata. La mercificazione della cultura sta divorando la Cultura

Girano soldi a circuito chiuso e senza risultati: mancette, delusioni e propaganda
La speranza c’era. Aliano Capitale italiana della cultura 2027. Svanita, non ce ‘ha fatta. Non ce l’hanno fatta tutti coloro che hanno lavorato a questo traguardo. La scelta è caduta su Pordenone. Pazienza, sarà per un’altra volta. A questo punto sarebbe il caso che si aprisse una riflessione a prescindere dall’esito di questa gara. Una riflessione sull’impatto che eventi culturali e manifestazioni di vario genere hanno sull’economia dei luoghi e sulle opportunità fornite ai talenti artistici lucani.
Una riflessione sulla capacità di questi eventi, a partire da “La Luna e i Calanchi” e passando per tutte le altre iniziative e kermesse organizzate in molti paesi e paesini, di invertire il trend di abbandono dei luoghi. Provo tenerezza e insieme tristezza per quanto sta accadendo. L’esempio di Aliano è emblematico: il paesino aveva 1300 abitanti nel 2001, oggi ne conta circa 800. Nonostante i paesologi, nonostante quel dannato marketing turistico che fa uso commerciale della casa di confino di Carlo Levi, della sua tomba e dello stesso scrittore. Iniziative nel migliore dei casi frequentate da qualche centinaio di borghesi alternativi: si godono il paesaggio in modalità naif per un paio di giorni e arrivederci. Però c’è chi guadagna, sempre i solti: progettazione, attrezzatura, sceneggiatura, allestimenti, recitazione…Nel frattempo, altre centinaia di nativi vanno via non per qualche giorno, ma per sempre.
Accade dappertutto, la storia locale più o meno interessante impacchettata come merce da esportazione a breve scadenza e poi in gran parte abbandonata nei magazzini del reso. Personaggi storici locali vittime di improbabili agiografie a fini turistici. Eccetera eccetera. Senza fare di tutta l’erba un fascio, nella gran parte dei paesi lucani, questa storia della cultura usata come mezzo per “attrarre turisti” e per “contrastare lo spopolamento”, non ha mai funzionato. La paccottiglia prodotta attraverso questa mescolanza di marketing- cultura-turismo- spettacolo è fallimentare. In questa regione tutto passa per “cultura”, persino le sagre di prodotti estranei alla storia dei luoghi, persino gli spettacoli in maschera dedicati a personaggi improbabili e completamente inventati.
Intanto, girano soldi a circuito chiuso. Centinaia di migliaia di euro spesi dai Gal che continuano a produrre fuffa spacciata per “promozione del territorio”. Altro denaro speso dall’APT a cui si aggiungono le regalie delle compagnie petrolifere per gare automobilistiche, raduni, convegnetti di vario genere: una mancetta non si nega a nessuno. I destinatari di questi denari intermediati dalle amministrazioni comunali, o meglio da sindaci abbastanza scaltri, sono sempre gli stessi che appartengono ai sempiterni e anche improvvisati o estemporanei circuiti amicali e politici. E quando si fanno le cose in grande, come è accaduto, solo per fare un esempio, con la fuffa dello sbarco dei Greci a Senise, 5 milioni di euro, il fallimento è assicurato. Tuttavia anche in questi casi dove non girano mancette, ma milioni di euro, c’è sempre chi in qualche modo ci ha guadagna, tranne i luoghi abitati. So di molte proposte di iniziative culturali, quelle culturali sul serio, rigettate al mittente perché senza le “referenze” di qualche “padrino” pronto a sponsorizzarle politicamente.
Ora, Vito Bardi a proposito del flop scrive: “Aliano ha dimostrato ancora una volta di essere un simbolo della cultura lucana e nazionale, un luogo carico di storia, suggestioni letterarie e identità. Il lavoro fatto non andrà perso: continueremo a investire nella valorizzazione del nostro straordinario patrimonio, sostenendo iniziative che possano dare visibilità e sviluppo ai nostri territori. La Regione Basilicata proseguirà con determinazione nell’opera di promozione culturale, consapevole che la cultura è un motore fondamentale per la crescita e l’attrattività della nostra terra. Aliano e l’intera Basilicata meritano attenzione e investimenti. E su questo il nostro impegno sarà costante”. Queste affermazioni meritano un solo commento: retorica consumata all’occorrenza con un ricco contorno di inesattezze e un bel dessert di propaganda.
E’ vero, la Basilicata ha uno straordinario patrimonio naturalistico, storico, antropologico, artistico che però si sta lentamente esaurendo in bellezza e in valore. E questo non solo per causa di come lo si usa, ma perché subisce una separazione e spesso una contrapposizione dei campi culturale e ambientale. I piccoli comuni, i borghi, stanno diventando frammenti insignificanti, spesso sono in competizione tra loro, nel quadro di una povertà di idee e di risorse. Occorre immaginare una nuova e originale formula di rilancio sulla falsa riga dei vecchi distretti culturali: cooperazione, integrazione, armonizzazione in una logica di sviluppo del territorio. Perciò investimenti, risorse, grandi competenze sia artistiche-culturali sia politiche. Le competenze politiche, però, scarseggiano come l’acqua nel deserto. Mentre, molte delle competenze culturali e artistiche le abbiamo spinte ad emigrare oppure a soccombere alla logica mercantile della cultura “fritta e mangiata.”
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