Basilicata: affari, illusioni e “buone notizie”

La verità è che questa regione se la sono mangiata e continuano a divorarla in modalità insaziabile
“Siamo rincuorati dalla notizia relativa alla volontà di Eni di mettere in campo azioni volte a rivedere il progetto relativo al “Pozzo Pergola 1” e di presentare uno studio di impatto ambientale che superi i rilievi del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica emersi nel precedente iter. Il pozzo in questione è un punto cruciale del piano industriale della compagnia, e va accolta quindi positivamente la volontà di portare avanti il progetto, in considerazione dei risvolti in termini di rilancio delle attività e tenuta occupazionale”. E’ il commento del presidente di Confindustria Basilicata alle rassicurazioni di Eni circa la volontà di non abbandonare il progetto estrattivo Pergola1. Nel testo pubblicato sul sito di Confindustria, Somma strizza l’occhio ai sindacati e recita la parte di chi ha a cuore il bene dei lavoratori. Il presidente degli industriali lucani che è a capo di una S.p.A. che lavora nel settore Oil&Gas anche con contratti importanti con Eni e Total, ritiene che la Basilicata abbia ancora bisogno di continuare a valorizzare la ricchezza sottosuolo che rimane un’irrinunciabile àncora di salvataggio per garantire alla regione uno sviluppo pienamente sostenibile, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. “E perché questo accada – conclude Somma – c’è bisogno di un clima favorevole agli investimenti nel settore e non ostaggio di anacronistici e fuorvianti pregiudizi ideologici”.
Dunque, senza industria petrolifera la Basilicata non avrebbe un’àncora di salvataggio, il che vuol dire che il suo futuro dipenderebbe dalla “ricchezza” del sottosuolo. E quella “ricchezza” dovrebbe garantire in futuro uno sviluppo pienamente sostenibile addirittura dal punto di vista ambientale e sociale, oltre che economico. E si capisce. Da queste parole possiamo soltanto ricavare un sentimento di tristezza e di preoccupazione per il futuro. E’ retorica funzionale agli interessi degli azionisti delle multinazionali. E’ una visione anacronistica dello sviluppo impregnata di ideologia neoliberista. Questo è. Dopo oltre 30 anni di “inquinamento nei limiti di legge” lo sviluppo ambientale di cui parla Somma è oggi sotto gli occhi di tutti. Dopo la distruzione sistematica del territorio da parte dei salvatori della patria venuti da Milano e dal Nord Europa, lo sviluppo economico e sociale si è rivelato un inganno.
Quando un territorio è così devastato, come accaduto nella Valle del Sauro, perde l’identità, la dignità e la ragione. Per sopravvivere si sottopone al dominio dell’incertezza, della precarietà, della fragilità imposto da chi detiene il controllo delle risorse. Quella precarietà, quello stato di povertà, mettono i cittadini e i lavoratori nella condizione di elemosinare i diritti e costringono le comunità locali a guerreggiare tra di loro, gli uni contro gli altri. Costringono i disoccupati a farsi la guerra tra di loro. E’ questo lo sviluppo sociale a cui abbiamo assistito nei paesi intorno a Tempa Rossa dove la lancetta della storia è tornata indietro di un secolo.
Ora, Francesco Somma, si fa portavoce di un’altra promessa, la stessa di 30 anni fa: petrolio uguale sviluppo o, meglio, petrolio è ancora uguale sviluppo. Ma per favore. Oggi, col senno di poi, i cittadini dovrebbero porre a gran voce una domanda: sviluppo di chi? E’ evidente anche dalle parole del presidente degli industriali, la mutazione “antropologica” dell’azione sindacale. I sindacati alleati degli industrialiper salvaguardare l’occupazione sempre più precaria e sempre più sottratta ai più elementari diritti dei lavoratori. E vale soprattutto nell’indotto di Stellantis, di Tempa Rossa e della Val d’Agri. Supplicare aiuti alle aziende per evitare licenziamenti spesso inevitabili. Viceversa, le aziende chiamano i sindacati all’appello quando i loro fatturati sono in pericolo.
Ora, non c’è dubbio che in assenza di alternative, sarà ancora necessario ricorrere alle fonti fossili per produrre energia. Ma questo non giustifica “l’accanimento terapeutico” di Eni, dei sindacati e di Confindustria sul territorio che ospita disgraziatamente il Pozzo Pergola1. Immaginate per caso altri decenni di distruzione e inquinamento? Non vi bastano i dividendi incassati in questi 30 anni?
La verità è che la Basilicata se la sono mangiata e continuano a divorarla in modalità insaziabile. Sia quelli del petrolio sia quelli delle rinnovabili. Che poi, in molti casi, sono gli stessi. Loro promettono sempre risultati a lungo termine, da decenni, ma noi non li vediamo. “Il lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine siamo tutti morti” (John Maynard Keynes).
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