Rimborsopoli lucana: una brutta storia che si chiude a “tarallucci e vino”
I cittadini non sapranno mai se alcuni rappresentanti del popolo sono gentiluomini o mascalzoni
Lo avevamo anticipato già nel 2017: “Un processo che non finisce mai. La Basilicata ancora non sa se alcuni rappresentanti del popolo sono gentiluomini o mascalzoni”. Era un allarme rischio prescrizione per i reati connessi alla cosiddetta inchiesta “rimborsopoli” della Procura di Potenza.
E’ il 24 aprile 2013. I carabinieri arrestano gli assessori Vincenzo Viti (Pd) e Rosa Mastrosimone (ex Udeur, poi Idv) e il capogruppo del Pdl, Nicola Pagliuca. Sono accusati di truffa e peculato. Notificati anche altri provvedimenti cautelari, come il divieto di dimora. Scoppia la “rimborsopoli” lucana. Leggi qui un pezzo della storia.
Tra gli altri uomini politici indagati vi sono consiglieri in carica ed ex consiglieri e assessori di tutti gli schieramenti: Vito De Filippo, Vincenzo Santochirico, Marcello Pittella, Attilio Martorano (poi assolto in Cassazione nel 2019) , Nicola Benedetto, Luca Braia, Roberto Falotico, Antonio Autilio, Paolo Castelluccio, Giuseppe Dalessandro, Antonio Di Sanza, Agatino Mancusi, Franco Mattia, Enrico Maria Cicchetti (poi prosciolto), Francesco Mollica, Michele Napoli, Nicola Pagliuca, Mariano Pici, Erminio Restaino (poi prosciolto), Pasquale Robortella, Luigi Scaglione, Alessandro Singetta, Gennaro Straziuso, Mario Venezia, Rocco Vita, Vincenzo Viti, Rosa Mastrosimone, Vilma Mazzocco, Antonio Potenza, Pasquale Di Lorenzo, Innocenzo Loguercio, Giacomo Nardiello, Donato Paolo Salvatore, Antonio Tisci.
Panini, acqua minerale, bibite, succhi di frutta, biscotti, merendine, pasticcini, ristoranti, alberghi, creme, panettoni, orsacchiotti, salumi e cene di compleanno. Migliaia di scontrini, ricevute fiscali, fatture, pagamenti per collaborazioni e acquisti: i consiglieri della Regione Basilicata finiti nell’inchiesta sui rimborsi farlocchi depositavano qualsiasi straccetto di carta utile a ottenere un contributo. E poi ci sono i rimborsi dei gruppi Consiliari. Ma ci fermiamo qui, tanto basta per rinfrescare la memoria.
L’8 dicembre 2017 scriviamo: “Ad oggi una cosa è chiara: l’oscurità. Sarebbe tuttavia utile uno spiraglio di luce che restituisca un briciolo di dignità alla politica. Tutti i consiglieri ed ex consiglieri coinvolti come imputati nel processo diano un segnale: una bella dichiarazione pubblica preventiva con la quale rinunciano alla prescrizione qualora dovessero allungarsi i tempi del processo fino a quel punto. Si chiede troppo?”
Infatti, chiedevamo troppo. Ieri, 6 febbraio, si è chiuso il processo con la dichiarazione delle ultime 6 prescrizioni. Tutti gli altri già prescritti nel tempo. L’unico a rinunciare alla prescrizione era stato l’ex presidente del consiglio regionale Vincenzo Santochirico, poi assolto nel merito “perché il fatto non sussiste”.
In questi anni e fino ad oggi, molti degli imputati prescritti, hanno continuato e continuano ad occupare posizioni di rilievo nelle istituzioni e nei partiti politici. Non sapremo mai se queste persone hanno commesso un reato oppure sono innocenti. Vivremo col dubbio. Una cosa è certa, è mancata la lealtà nei confronti dei cittadini. Bastava rinunciare alla prescrizione, come ha fatto Vincenzo Santochirico, per stabilire almeno la verità processuale.
Si chiude così, nel peggiore dei modi, un capitolo di storia del sistema di potere lucano che nel corso di questi anni ha continuato a dominare la vita politica economica e sociale della Basilicata tra nuovi scandali, inchieste giudiziarie, arresti e rinvii a giudizio. Proviamo un sentimento di tristezza, anche perché in questi anni certi personaggi hanno goduto del favore elettorale dei cittadini e non hanno subito alcuna sanzione sociale. La metà della popolazione lucana andrebbe “rinviata a giudizio” dinanzi al tribunale della propria coscienza. Tuttavia, quel tribunale non esiste. Scusate la provocazione.