Operaia Stellantis: “Mi sono licenziata e ora posso vivere”

5 febbraio 2025 | 16:50
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Operaia Stellantis: “Mi sono licenziata e ora posso vivere”
Foto di repertorio

Parla una lavoratrice di Melfi, che 2 mesi fa ha accettato l’incentivo all’esodo. “Nessun rimpianto, posso dedicarmi alla vita e agli affetti. Penso però ai tanti colleghi giovani che hanno mutui, figli piccoli, e sono solidale con loro”

“La mattina in cui dovevo firmare per licenziarmi ho avuto tanti dubbi, volevo fare marcia indietro, ho pensato che tanti vorrebbero un lavoro fisso e io che ce l’avevo lo stavo lasciando. Ma poi ho firmato e ho provato un grosso senso di libertà”. Inizia così il racconto di un’operaia Stellantis che da 2 mesi ha lasciato la fabbrica integrata di Melfi con l’incentivo proposto dall’azienda. È stata tra i 500 che lo scorso anno hanno mollato la fabbrica, nel suo caso proprio in extremis, mentre altri colleghi sono rimasti nel limbo di chi se ne vorrebbe andare ma aspetta i nuovi incentivi all’esodo targati 2025. L’operaia però ci svela un momento cruciale da cui è partita la disaffezione verso la multinazionale in cui ha operato per 31 anni.

LE TRASFERTE IMPOSTE “Un momento che mi ha fatto riflettere – spiega – è stato 2 anni fa, quando ci imposero di andare in trasferta. Io ci sono andata, però ricordo un collega che pur di non partire si licenziò. Che umiliazione!”. E aggiunge: “Ho capito che sotto sotto c’era un ricatto, con quelle trasferte ci spingevano ad andarcene. Però non potevo accettare che fossero loro a imporcelo, così ho stretto i denti un altro po’, ho resistito, non potevano decidere loro per me”. Quel pensiero e quella disaffezione però se li è portati dentro. “Non appena si è presentata la possibilità ho fatto richiesta, ma è stata una mia scelta libera, non imposta dall’alto con l’obbligo della trasferta”.

30 ANNI TRA ALTI E BASSI Inevitabile ripercorrere una lunga storia, iniziata nel ’94. “All’inizio per molti di noi la Fiat di Melfi è stata un’occasione per non emigrare, per mettere su famiglia in Basilicata. È stato un freno all’emigrazione, un vero pilastro per chi viveva qui”. Ma evidentemente non è stato tutto oro, anzi. “Ricordo tante umiliazioni, quante volte coi figli piccoli chiedevi dei giorni e non te li davano, eri legata alla produzione, ai loro voleri, quanto tempo sottratto alla famiglia, come madre, e quanta sofferenza…”. Aveva anche pensato di lasciare dopo la nascita della prima figlia “ma poi sono rimasta, dove lo trovavo un altro lavoro, obtorto collo ti trovi costretta a rimanere incollata sulla linea, in questa terra con scarse opportunità”.

IL PRESENTE DEI GIOVANI IN BILICO Su un punto però vuole soffermarsi. “Non credete che me ne sia andata ma non pensi a chi resta”, assicura. Il suo pensiero va soprattutto ai colleghi più giovani. “Venti anni fa potevi pensare di crescere una famiglia, avevi garanzie in Fiat, oggi invece è tutto così appeso a un filo”. Il pensiero va a chi “si è sposato lavorando qui, è giovane e ha acceso un mutuo. È una situazione preoccupante e toccante, spesso ascolto le difficoltà dei giovani, le paure, e non posso che essere solidale con loro. È un periodo grigio per chi opera in questo settore e per di più vive in questa terra”. E poi pensa “ai tanti colleghi e colleghe con cui continuo a sentirmi, non si cancellano mica 30 anni con una firma, e in un giorno. Ti resta tutto dentro, nel profondo”.

VOGLIO VIVERE CON LENTEZZA Poi il discorso si sposta sul presente. Su questi primi due mesi fuori dalla linea e su ciò che sarà. “Ho tolto troppo tempo alla famiglia, alla vita vissuta, anche nella routine quotidiana – si apre l’operaia – ora è il momento di recuperare. Di vivere giorno per giorno con calma, con lentezza, cosa che non sono riuscita a fare nella vita precedente”. E ancora: “Anche dedicarmi di più a me stessa, alle tante cose che avrei voluto fare, interessi, letture, ma farlo senza stress e con estrema calma”. Già, anche “quelle piccole cose che ami fare, ma farle senza l’assillo della chiamata al lavoro che incombe improvvisa e non ti consente di organizzarti”. L’operaia ora pensa alla sua famiglia, ai figli, e a recuperare il “gusto di vivere e godere delle cose importanti”.

ORA LAVOREREI SOLO PART TIME La lavoratrice è però consapevole che quel gruzzoletto preso con l’incentivo non è infinito. “Devi centellinare, ponderare, pensare a gestire nell’ottica dei 10 anni, perché se fai dei passi falsi potresti pagarli a caro prezzo”. Una vita a passo lento, senza strafare, ma con un occhio più “tranquillo” puntato sull’avvenire: “Al momento non sto pensando a quale potrebbe essere il mio lavoro futuro, di certo mi mancano troppi anni per la pensione, quindi qualcosa dovrò fare”. Ma non ora, questo è il momento di guardare alla vita da un’altra prospettiva. “Se in futuro si presenterà qualche occasione, magari un part time, certo che lo farei, anzi quasi sicuramente lo farò, ma senza fretta”. Già, perchè ora è il momento di godersi in pieno “la libertà” anche senza un piano b nell’immediato. “Vivere con lentezza” è il motto che ha fatto suo. “Pentita? Da quando ho firmato non ho più avuto rimpianti, è iniziata una nuova vita, più serena. E sono felice così”.