Galli della Loggia a Melfi: “il complesso di inferiorità dei meridionali”

10 febbraio 2025 | 10:39
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Galli della Loggia a Melfi: “il complesso di inferiorità dei meridionali”
Uno sorcio di Melfi

Perché il professore Enzo Navazio ha invitato lo storico, e giornalista del Corriere della Sera, a presentare il suo libro sulla storia della città federiciana?

Non mi riesce di capire per quale ragione il professore Enzo Navazio per presentare il suo primo volume sulla storia di Melfi abbia sentito il dovere di invitare Ernesto Galli della Loggia a presenziare. Forse perché è uno storico o perché è un giornalista del Corriere della Sera, storica testata fondata dal napoletano Eugenio Torelli Viollier, o semplicemente perché Galli è persona nota e quindi portatrice di autorevolezza e garanzia sul lavoro fatto?

Spero che questo non dipenda invece da quello che Carlo Levi definiva ‘il complesso di inferiorità dei meridionali’, e da una sorta di provincialismo lucani per cui il meglio viene sempre da fuori e se c’è un meglio che viene da dentro ha sempre bisogno di un meglio di un qualcuno di fuori che lo testimoni.

Forse occorreva avvisare il professor Navazio che la linea attuale del Corriere della Sera, sideralmente lontano dalla qualità del Corriere di Piero Ottone all’epoca tanto amato da me, è fortemente antimeridionale. Non so perché, forse si vergognano delle origini napoletane del giornale e come tanti meridionali trapiantati al Nord cercano di farle dimenticare? Chi può dirlo.

Fatto è che Galli, intervistato dal TG3, si esprime così: «In quel secolo Melfi segna il primo importante passaggio dall’essere una città immersa nell’arretratezza spaventosa del regno di Napoli dei Borbone e incomincia con l’Unità a cogliere i primi sintomi di modernità. A parte le ferrovie, le scuole, che sono cose importanti ma soprattutto diciamo l’uomo nuovo, lo spirito che l’Unità porta con sé». Insomma sulla linea dei nostalgici della lega bossianaCazzulloe Severgnini, altri antimeridionalisti del Corriere.

Ma, io dico, possibile che nessuno abbia sentito la necessità di avvisare l’esimio professor Galli che i Borbone non hanno più alcuna responsabilità su quanto avvenuto in Italia dal 6 settembre 1860 a tutt’oggi? Possibile che Galli non sappia che, come testimoniato dai quaderni della facoltà di Siena, fatto 100 il PIL medio italiano nel 1871 quello dell’ex Regno dei Borbone era a 95 mentre oggi siamo intorno a 65? Questo significa che le classi dirigenti che sono venuto dopo i Borbone, secondo logica, per il Sud hanno fatto peggio, secondo Galli invece è arrivato uno spirito nuovo? Era meglio non arrivasse allora visti i danni prodotti! Ma forse si riferiva alla Luogotenenza Meridionale, retta da La Marmora e Cialdini che annegarono nel sangue la rivolta sociale rappresentata dal brigantaggio? O al fatto che ci fu un invaso e un invasore, come va di moda dire oggi? Possibile che non sappia che, secondo i Conti Pubblici Territoriali voluti da Carlo Azeglio Ciampi, la spesa pubblica sia al Sud più bassa di un terzo rispetto al Nord? Vista la carenza attuale di ferrovie e ogni altra infrastruttura al Sud con che coraggio lui parla di ferrovie arrivate con l’Unità d’Italia e di spirito nuovo. Da storico dovrebbe sapere che la discussione sul tracciato della ferrovia Salerno Reggio Calabria iniziò nel 1861 e finì trenta anni dopo e nel mentre al Nord prima si facevano le ferrovie e poi si definivano i tracciati (come ora d’altronde).

Insomma di questa storia raccontata ad mentula canis dagli ascari antimeridionali del Corriere non se ne può più. Ma perché tirano sempre fuori la storiella dei Borbone?

L’Unità tra il Piemonte e la Lombardia era chiara da motivare. La Lombardia, come il Veneto, era sotto il dominio austriaco che aveva un’altra lingua e appariva esotico rispetto ai luoghi e quindi la retorica risorgimentale poteva puntare sull’italianità e sull’appartenenza allo stesso popolo. Ma le stesse argomentazioni non potevano valere per giustificare l’annessione del Regno delle Due Sicilie sotto la corona dei Savoia. I Borbone erano una dinastia naturalizzata napoletana da secoli. Tra l’altro essendo il Regno il più grande d’Italia in un primo momento era proprio stato visto come il regno ‘unificatore’, tanto che Giuseppe Verdi compose per Ferdinando II l’inno La Patria. Ecco quindi la necessità di dipingere il Regno delle Due Sicilie come l’impero del male e i Borbone come la peggiore dinastia in assoluto. Dopo il Plebiscito burla la rivolta dei briganti rese necessaria una nuova narrazione che dipingeva dei poveri contadini come antropologicamente portati a delinquere. Ma la malastampa sui Borbone e poi sui briganti si riversò infine su tutti i meridionali generando quello che Carlo Levi definiva il complesso di inferiorità dei meridionali. A rafforzare ancora oggi il concetto il vergognoso museo dedicato al Lombroso dalla pubblica Università piemontese.

E quindi 165 anni di pubblicistica antimeridionale hanno un unico scopo: farci sentire un popolo senza diritti e farci diventare complici della spoliazione della nostra stessa terra alimentando il complesso di inferiorità dei meridionali così ben descritto dall’immenso Carlo Levi e a cui proprio non riusciamo a sottrarci, visto che invitiamo proprio chi pare venire solo per ricordarcelo.

∗ Pietro de Sarlo è anche autore di : La congiura delle passioni