Eni conferma aumento produzione di gas e petrolio, alla faccia della transizione energetica

27 febbraio 2025 | 17:48
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Eni conferma aumento produzione di gas e petrolio, alla faccia della transizione energetica
Foto di repertorio

E’ scritto nel piano industriale 2025-2028. Greenpeace Italia e ReCommon: “la crisi climatica si aggrava, ma la multinazionale non ha alcuna intenzione di cambiare passo”

Durante il Capital Markets Update 2025, ENI ha confermato oggi di non avere nessuna intenzione di cambiare passo verso la necessaria transizione energetica basata sulle energie rinnovabili. L’azienda guidata da Descalzi punta, invece, a incrementare la produzione di petrolio e gas e a spingere sulle esplorazioni di nuovi combustibili fossili, aumentando così il proprio contributo alla crisi climatica in corso.

“Dalla presentazione odierna emerge che nel 2024 le estrazioni di combustibili fossili di ENI sono aumentate rispetto al 2023, un trend che l’azienda non intende affatto invertire. Come annunciato oggi, l’obiettivo è infatti un incremento della produzione del 3-4% annuo fino al 2028, per poi mantenere gli stessi livelli fino al 2030. Un cambio di strategia che sposta il picco di crescita delle estrazioni fossili dal 2027 al 2028 e porta con sé un’unica certezza: estrarre di più significa inquinare di più, e dunque accrescere la responsabilità di ENI nella crisi climatica”, dichiarano Greenpeace Italia e ReCommon.

Mentre il colosso italiano del gas e del petrolio si racconta come un’azienda “green”, i numeri raccontano invece una storia diversa. Dal 2023, la capacità installata di rinnovabili è passata da appena 3 GW a 4,1 GW, con un target modesto di 15 GW al 2030, e una crescita di poco meno di 2 GW annui. Nello stesso periodo, la sola produzione di gas peserà per il 60% del portafoglio aziendale. Nessuna transizione, dunque, secondo Greenpeace Italia e ReCommon, bensì il solito modello industriale che da più di settant’anni alimenta il riscaldamento del pianeta.

Grande protagonista del piano strategico presentato dal Cane a Sei zampe è la Carbon Capture and Storage (CCS – cattura e stoccaggio della CO₂), spacciata come soluzione salvifica a partire dai progetti di Ravenna e Hynet nel Regno Unito, mentre in realtà si tratta di una tecnologia sperimentale costosa, rischiosa, inefficiente e totalmente inadatta a fronteggiare l’emergenza climatica. Non poteva mancare infine un grande cavallo di battaglia di ENI, la fusione nucleare: un’illusione ancora lontana nel tempo, che nella migliore delle ipotesi non potrà essere disponibile prima della seconda metà del secolo quando ormai sarà tardi per affrontare una crisi climatica che si aggrava di giorno in giorno.

“ENI celebra utili in crescita, portando a casa un avanzo di 5 miliardi, mentre la crisi climatica peggiora, gli italiani e le imprese sono costretti a pagare bollette energetiche sempre più salate e il governo fatica a trovare fondi per contenere i prezzi dell’energia, il cui costo in Italia è ancora legato al gas fossile. A pagare il prezzo dei guadagni di ENI siamo dunque tutte e tutti noi, sia a livello economico che climatico e ambientale”, dichiarano Greenpeace Italia e ReCommon.