Confartigianato: in Basilicata il 47,6% dei posti di lavoro sono di difficile reperimento
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Ad evidenziarlo è il Centro Studi Confartigianato
In Basilicata sale la difficoltà di reperimento del personale, in forma più accentuata nell’artigianato. Ad evidenziarlo è il Centro Studi Confartigianato secondo cui al 2024 per le micro e piccole imprese del comparto artigiano il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro è del 47,6,% leggermente inferiore alla media che riguarda l’insieme dei comparti produttivi nel complesso (50,2%). In generale nel Paese la difficoltà di reperimento nelle micro e piccole imprese (MPI) sale al 51,3% (3,2 punti in più del 48,1% nel 2023), per arrivare al 59,2% nelle imprese artigiane, quota superiore di 11,4 punti percentuali alla media delle imprese del 47,8% e in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 55,2% del 2023.
Tra le regioni, al top Veneto, Umbria e Friuli-Venezia Giulia – L’aumento dell’indicatore di carenza di manodopera è diffuso sul territorio.. Nel 2024 la difficoltà di reperimento più elevata si riscontra in Veneto con il 65,2% (era al terzo posto nel 2023), seguito, con valori sopra alla media, da Umbria con 65,1%, Friuli-Venezia Giulia con 64,8%, Trentino-Alto Adige con 62,7%, Piemonte – Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna, tutte con il 61,7%, Lombardia con 61,2% e Abruzzo, prima regione del Mezzogiorno, con 59,6%.
In relazione ai tempi di ricerca del personale, nel 2023 le imprese impiegano mediamente 3,3 mesi prima di riuscire a ricoprire la posizione vacante, tempo che sale a 4,8 mesi nel caso della ricerca di un operaio specializzato. Serve più di un anno di ricerca per trovare oltre 116mila operai specializzati, il 13,9% delle relative entrate a fronte di una quota media del 6,4%. Se prendiamo a riferimento le ricerche durate oltre i sei mesi, il costo del mismatch per le MPI ammonta a 13,2 miliardi di euro di minore valore aggiunto causato dall’eccessivo ritardo nell’inserimento in azienda del nuovo personale. La mancanza di lavoratori qualificati frena le transizioni green e digitale. Per il 42,9% delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) italiane la carenza di competenze impedisce all’impresa di essere più sostenibile per l’ambiente, quota superiore di quattro punti al 38,9% della media UE. Due piccole imprese su tre (66,0%) hanno adottato interventi per attrarre e/o trattenere il personale qualificato. Più diffusi gli incrementi salariali, adottati dal 32,6% delle piccole imprese, e la flessibilità negli orari di lavoro, registrata nel 28,5% dei casi.
Inoltre, le imprese adottano la concessione di maggiore autonomia sul lavoro nel 19,4% dei casi, il coinvolgimento nelle decisioni aziendali nel 13,4% dei casi, l’accesso a benefit aziendali (auto aziendale, agevolazioni nella fruizione di servizi, assicurazioni personali ecc.) nel 12,9% dei casi, e incentivi per attività di auto-formazione e crescita professionale, anche esterne all’impresa, nel 11,4% dei casi. Per reagire alla criticità relativa al personale, il 24,9% delle imprese ha attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, in particolare quelle scuole ad indirizzo tecnico e professionale. Per oltre due terzi (68,1%) delle entrate nelle micro e piccole imprese è richiesto un titolo secondario tecnico o con qualifica o diploma professionale; nel dettaglio per il 42,0% delle entrate è richiesta la qualifica o diploma professionale e per il 26,1% un titolo secondario tecnico. Se ai titoli di scuola secondaria tecnica e di qualifica o diploma professionale sommiamo gli ITS e le lauree materie scientifiche, tecnologiche ed ingegneristiche (STEM), per quasi tre quarti (72,2%) delle entrate delle MPI è richiesta un’istruzione in ambito tecnico.
La micro e piccola impresa è un canale importante di sbocco anche per i laureati: le entrate di laureati nelle MPI sono 316mila e rappresentano il 41,1% degli ingressi di laureati nelle aziende. Tale quota sale al 44,4% per i lavoratori con lauree STEM. Sono alte anche le sfide che la carenza di manodopera pone all’intervento pubblico: si dovranno irrobustire le politiche d all’intervento pubblico: si dovranno irrobustire le politiche del lavoro, armonizzandole con quelle dell’istruzione e con gli interventi contro la crisi demografica e la gestione dell’immigrazione, fattore non secondario a fronte di una quota di dipendenti stranieri che nelle imprese è pari al 14,8% e che sale al 17,1% nelle MPI.