Giuseppe Postiglione, le protezioni politiche e l’inquinamento dell’informazione

14 gennaio 2025 | 14:45
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Giuseppe Postiglione, le protezioni politiche e l’inquinamento dell’informazione
Bardi e Postiglione

Chi si difende dalle nostre inchieste con l’immaturità di un “bullo capriccioso” dovrebbe semplicemente rispondere alle nostre domande o smentire i fatti che raccontiamo. Così fanno le persone serie

In seguito alla nostra ultima inchiestaqualcuno ha reagito, ancora una volta, senza rispondere alle domande. Eppure, alle domande di un giornale si risponde nel merito. E’ la prima regola di chi ha nulla da temere dalla verità. E quando quelle verità qualcuno le ritiene false e lesive della propria onorabilità, non deve fare altro che querelare. E noi di Basilicata24 di querele ne abbiamo collezionate come nessuno. Perché abbiamo un direttore responsabile, un editore, e ci mettiamo la faccia. Molte querele sono finite nel vuoto, per le altre stiamo aspettando processi e sentenze. Ci hanno querelato politici, imprenditori, multinazionali, giudici e dirigenti di enti pubblici. Se fai il tuo lavoro sul serio, devi aspettarti queste reazioni. Qualcuno ha addirittura ritirato la querela, a processo iniziato, dopo aver chiesto l’arresto del sottoscritto e di Giusi Cavallo. Questo dovrebbe bastare a sancire la serietà e la professionalità del nostro lavoro, riconosciuto da migliaia di lettori che ogni giorno aprono il nostro giornale.

In seguito a una delle nostre inchieste più importanti, per questioni legate a certi poteri, anche giudiziari, tutte da chiarire, sono finito sotto processo: lo sanno tutti, non è una novità. Un processo, di cui ancora non si è concluso il primo grado, che dura da 10 anni e che gli stessi miei accusatori hanno fatto di tutto per portare a prescrizione, perché? Vedremo. E come sanno i nostri lettori più attenti ho già dichiarato pubblicamente da tempo che, nell’eventualità, rinuncerò alla prescrizione: vogliamo sapere la verità, vogliamo sapere chi ci ha minacciati, chi ha distrutto le nostre auto e chi, approfittando di quelle minacce, ha provato in tutti i modi a minare la nostra credibilità e a costringerci a chiudere il giornale. Al momento opportuno la verità saremo noi stessi a scriverla. Le calunnie le lasciamo ai calunniatori seriali.

Ho preventivamente e pubblicamente rinunciato alla prescrizione molti anni fa, al contrario di chi la fa franca grazie al trascorrere del tempo, anche per reati gravi, e prova continuamente ad ingraziarsi la benevolenza di qualche poliziotto e di qualche magistrato. Tra i reati per cui sono a processo, oltre alla simulazione di minacce, c’è lo stalking che avrei commesso nei confronti della giornalista ed editrice del giornale, mia compagna da 15 anni, Giusi Cavallo. E’ tutto dire. Chiusa parentesi.

Faccio il giornalista pubblicista, non a caso:  avrei potuto iscrivermi all’elenco dei professionisti, ma questo non mi avrebbe consentito di fare altri lavori. Povero sì, ma morire di fame no. Oltre a fare il giornalista, presiedo un’organizzazione non profit attiva da 35 anni, senza che mai sia stata coinvolta in vicende oscure e poco chiare. Anche questo lo sanno tutti da sempre. Ed è una storia di cui sono orgoglioso. Un’organizzazione seria, professionale, che lavora in silenzio e senza rumore mediatico. Prima di allora sono stato vice presidente di un’organizzazione non profit nazionale, e facevo la spola tra Roma e Brescia. Da sociologo, ero uno dei maggiori esperti in sistemi di welfare su cui ho scritto libri e articoli su riviste specializzate. Nel 1998 ho elaborato il primo Piano sociale della Regione Basilicata su incarico di quella organizzazione nazionale. Agli inizi del 2000 la Regione mi offrì un contratto di consulenza per seguire l’implementazione di quel Piano: ho rifiutato, non ho mai voluto dipendere dalla politica. L’organizzazione non profit di cui sono ancora presidente qui a Potenza, per statuto prevede che il presidente sia una figura non retribuita, ossia volontaria. La mia retribuzione, di circa duemila euro, è da semplice dipendente, come tutti gli altri. E’ tutto pubblico e trasparente. Il fatturato dell’organizzazione non profit a cui appartengo è distribuito tra diverse imprese sociali, autentiche, non fasulle, che lavorano in autonomia sul territorio nel fornire servizi sociali veri, non finti. Ma questo è un argomento difficile da comprendere per chi di impresa sociale autentica e di welfare non capisce un tubo.

Avere il coraggio di criticare, da giornalista, gli esponenti delle istituzioni per le quali lavora l’azienda che ti paga da dipendente, non mi sembra una pratica diffusa da queste parti. E’ un rischio, alto, insieme a tanti altri rischi. Tuttavia, quando si rispettano le leggi e si lavora nel quadro delle regole pubbliche, nessuna impresa dovrebbe avere da temere. Il condizionale è d’obbligo.  Scusate questa parentesi necessaria per chiarire le idee a chi mescola lucciole e lanterne per fomentare confusione.

Il nostro lavoro di giornalisti  è raccontare fatti che altri non vogliono o non possono raccontare. La nostra battaglia contro il sistema di potere che sta uccidendo la democrazia in questa regione, espandendo cultura della mafiosità e dell’omertà, è sacrosanta e non molleremo. La nostra battaglia contro l’informazione deviata “ricattatoria” e “intimidatoria” che mette in serio pericolo l’affidabilità delle istituzioni è sacrosanta. Non siamo vendibili, né ricattabili, né disposti a cedere di un millimetro alle lusinghe. Lo sanno bene tutti coloro che ci hanno offerto succulente inserzioni pubblicitarie con lo scopo di addolcire i nostri editoriali e le nostre inchieste o con lo scopo di farci aggredire mediaticamente i loro avversari. Hanno capito che per perseguire questi scopi bisogna rivolgersi a Giuseppe Postiglione non a noi. E’ lui leader nel mercato delle frottole.

Chi si difende dalle nostre inchieste con l’immaturità di un “bullo capriccioso”, dovrebbe semplicemente rispondere alle domande o smentire i fatti che raccontiamo. Così fanno le persone serie. Provare a buttarla in caciara con l’approccio rissaiolo e con volgari e sguaiate uscite, o con la calunnia gratuita, con noi non funziona. Non stiamo al gioco: facciamo i giornalisti, non i buffoni. Non siamo come quei politici e dirigenti che per paura o per convenienza stanno zitti di fronte alle minacce di “aggressione mediatica”.

Agli esponenti politici dei partiti e delle istituzioni che favoriscono l’inquinamento dell’informazione legittimando personaggi di discutibile stampo e assecondandone le richieste, possiamo esprimere soltanto il nostro profondo disappunto. Da Bardi a Pepe, da Speranza a Chiorazzo, da Pittella e Margiotta, da De Filippo a Telesca, Da Polese a Falotico, da Braia e Valluzzi a Caiata: l’elenco è lungo, ma ci siamo capiti. Erano tutti al Galà della fuffa.  Sono loro i primi responsabili di quanto sta accadendo alla democrazia e all’informazione in Basilicata. Ed è da loro che ci aspettiamo risposte e commenti, non in “modalità Postiglione”, ma con serietà e con rispetto del ruolo che ricoprono. Bisogna fermare questa pericolosa deriva.