Aldo Cazzullo quando parla sa di che parla?
La storia non è la partitura per uno show. Il giornalista si spieghi e ci spieghi quale sia il lascito morale, ideale e politico di quel letamaio della Lega Nord
A Tagatà Focus è andata in onda una intervista al giornalista-scrittore Aldo Cazzullo in cui consiglia a Luca Zaia di non incaponirsi sul terzo mandato ma di scalzare Salvini dalla segretaria della Lega in modo da riportarla a quella bossiana che “in qualche modo era una lega popolare, radicata, di produttori, artigiani, piccoli imprenditori, di quelli che mandano avanti il Paese”. Conclude poi esortandolo direttamente: “Ridacci una lega centrista riformista” che ovviamente operi “nel solco della rappresentanza del Nord e dei ceti produttivi”. Clap, clap e clap!
Però, o Cazzullo ha ricordi e memoria confusi o li ho io. Perché se devo pensare alle riforme proposte dalla lega bossiana mi vengono in mente la lira del Nord e quella del Sud del fiscalista Pagliarini, il mito della Padania di Miglio e la secessione dei padano-veneti, oltre alla riforma dello Stato ispirandosi ai principi nazisti dell’etnonazionalismo. Ricordo poi la gestione di Milano del sindaco secessionista Formentini e della ‘sciura’ Augusta fatta su base strapaesana, il ‘tanko’, trattore trasformato dai leghisti veneti in carro armato con cui assaltarono piazza San Marco a Venezia per fare la Repubblica Veneta, e le bandiere italiane bruciate sulle strade.
Ricordo la pretesa di sostituire la ‘centralista’ religione cattolica con quella celtico padana con tanto di rito dell’ampolla contenente le acque del Dio Po e trasportata dal Moncenisio alla laguna veneta e quella di sostituire Miss Italia con Miss Padania. Fossero solo queste idiozie il punto! Nei raduni di Pontida e nei congressi federali si urlava ‘ammazza un terrone risparmia un milione’, ‘Forza Etna’, ‘Roma ladrona’. Se penso alla eredità leghista di quegli anni mi viene in mente la Banca Padana, subito fallita, l’affare Tanzania o quello c.d. The Family, in cui l’allegra famiglia Bossi confondeva con Belsito risorse pubbliche e private. Ricordo che nel 2009 il ‘trota’, Renzo Bossi, assieme a Roberto Cota, quello delle mutande verde Padania , e al padre condivideva su Facebook il manifesto con lo slogan “legittimo torturare i clandestini“. E poi maître à penser come Borghezio e Calderoli e la presidente della Camera Pivetti. È questo il centrismo riformista che Cazzullo vuole riproporci?
Forse in quegli anni le putride flatulenze della lega bossiana a via Solferino sembravano un fresco e profumato Zeffiro primaverile che il bel tempo rimena. Ma in questo caso il rimena non significa porta nuovamente ma rimesta nelle più torbide pulsioni razziste, xenofobe e antimeridionali testimoniate dalle trasmissioni di Gad Lerner di quegli anni, Milano Italia e Profondo Nord, ancora disponibili su Rai Play e utili a rinfrescare la memoria di Cazzullo.
Per cosa sarà ricordato l’ultimo ventennio del Veneto, inteso sia come organo amministrativo sia come entità geografica? Ne sanno qualcosa al MPS, dove hanno dovuto ingoiare il boccone amaro di Antonveneta e tutti gli italiani con la questione delle Banche Venete. Poi la corruzione per il MOSE e la storiaccia della Pedemontana. Tutte cose pagate completamente o in parte da Pantalone. E le grandi riforme di Zaia quali sarebbero? Il referendum autonomista del 2017 e il tentativo di questa scelleratariforma della autonomia differenziata?
Cazzullo si spieghi e ci spieghi quale sia il lascito morale, ideale e politico di questo letamaio.
E dovrebbe spiegarlo non solo lui ma tutta la intellighenzia e il mondo che ruota attorno al PD e ai giornali di sistema, a partire da D’Alema che con Bossi fece il patto delle sardine e che affermò che la Lega Nord era una costola della sinistra (e però! Poi ci si lamenta se non prendono voti). Inseguendo la Lega si sono persi 40 anni di visione sui reali problemi e sul futuro del Paese: 20 a discutere di secessione e 20 di autonomia differenziata con dei razzisti xenofobi, altro che lega vannacciana! Nel mentre il mondo cambiava.
E però Cazzullo non è solo autorevole parte dello staff del Corrierone, insieme a Severgnini, altro nostalgico leghista, ma si accredita anche risorgimentalista. E in questa veste interviene spesso a contrastare (per esempioqui e qui) i neoborbonici.
Eppure i neoborbonici non sono secessionisti, non hanno mai bruciato la bandiera italiana nelle piazze, non sono razzisti, non devono restituire, come la Lega, 49 milioni allo Stato, non hanno fondato banche fallimentari, non hanno mai urlato, né pensato, ‘ammazza un piemontese riprenditi un tornese’.
Ma hanno la grave colpa di dire che forse i Borbone non erano il diavolo che da 165 anni dipinge la pubblicistica antimeridionale e che il Regno delle Due Sicilie non era arretrato come dicono. Nel farlo a volte esagerano, come quando definirono Fenestrelle un lager nazista. Ma le iperbole borboniche suscitano rapida indignazione, tanto da scomodare Barbero che scrive un poderoso saggio per contrastare la ‘propaganda’ neoborbonica; senza rendersi nemmeno conto che proprio da questo saggio si rileva che se Fenestrelle non fu un lager nazista poco ci mancava. Le spinte razziste e secessioniste della lega bossiana sono invece state sempre blandite e sdoganate, senza trovare mai un serio contrasto culturale. Viene il sospetto che la intellighenzia nostrana sia persino peggio dei bossiani.
Il neo risorgimentalista Cazzullo ama la storia, come ce la propinarono alle elementari, che riduce uno dei periodi più complessi del Paese a una successione di atti eroici e, sempre nella intervista a #Tizianapanella, parla di Garibaldi come papà dell’Italia unita. Insomma eroi, fucili, schioppi, i cavalieri l’armi e gli amori e siamo sempre noi a sbagliare pensando che il papà d’Italia sia stato in realtà Cavour e le sue fitte trame. La sua abilità nell’infilare le sottane della cugina, cugina compresa, sotto le coltri di Napoleone III, che sul trono di Napoli voleva un murattiano, quella del suo fido e imbarazzante capo dei servizi segreti, Filippo Curletti che precedeva le truppe piemontesi e garibaldine preparando il terreno con la camorra e la mafia e ogni delinquenza locale. Soprattutto riuscì a far preferire agli inglesi un Savoia invece di un murattiano a Napoli. Senza tutto ciò il buon Garibaldi difficilmente avrebbe superato lo scoglio di Quarto. Forse se Cavour non fosse morto così presto sarebbe riuscito a fare anche gli italiani evitando i massacri dei macellai a capo della Luogotenenza Meridionale Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini.
Però a Cazzullo piace anche fare il piacione ed elenca le donne di Garibaldi come la bella Anita ‘bruna come te’ (ndr rivolto a Tiziana Panella) e dimentica, oltre alla Contessa di Castiglione, la prima donna d’Italia a votare in assoluto. Fu tale Marianna De Crescenzo che con il fucile in mano ottenne l’iscrizione al registro elettorale e la possibilità di votare al plebiscito dell’ottobre 1860. Perché la dimentica? Forse perché cugina del camorrista Salvatore De Crescenzo, amico di Settembrini, e messo a capo della Polizia da Liborio Romano la sera prima dell’arrivo di Garibaldi a Napoli? Troppo imbarazzante per la descrizione zucchero e miele del Risorgimento? Pazzesco! ‘Ridacci una lega centrista riformista’ ma lo ha detto sul serio?