Lettera aperta a Liliana Segre: è vero, le parole sono pietre

4 dicembre 2024 | 13:01
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Lettera aperta a Liliana Segre: è vero, le parole sono pietre
Foto di repertorio

La storia ha memoria lunga e i propri conti li presenta sempre e qui stiamo seminando odio che trasformerà milioni di persone e le loro discendenze in terroristi vendicatori e, quel che è peggio, stiamo lordando le nostre coscienze

Gentile Senatrice Liliana Segre,

ho letto con grande interesse la sua garbata lettera al Corriere della Sera del 29 novembre e solo ora trovo il coraggio di scriverle.

Ha ragione, come disse Carlo Levi le parole sono pietre. Sento i telegiornali nazionali aprire quasi tutte le sere con la guerra tra israeliani e palestinesi ma, se a lei pare improprio parlare di genocidio, a me ‘guerra’ pare ancora più inappropriata nella circostanza.

C’è, pur tra le atrocità della guerra, sempre una dimensione epica che faccio fatica a ritrovare a Gaza. Una dimensione che tiene conto dell’onore, del dolore e del coraggio, del rispetto del nemico che va battuto con l’audacia e l’astuzia ma mai con la volontà di annientarlo.

La differenza tra vincere e annientare è nel rimanere umani e nella possibilità di una riconciliazione finito il clangore delle armi. C’è la resa onorevole se la disparità tra le forze in campo lo suggerisce per evitare morti inutili. “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto” e qui non ci sono donne, non ci sono cavalieri che anelano al loro amore e alla loro ammirazione con gesti eroici, non ci sono cortesie e audaci imprese, non c’è onore.

E non c’è neanche Davide a cui un Dio giusto ispira la forza e il coraggio, uniche armi insieme a una vecchia fionda per sconfiggere il gigantesco guerriero Golia. Qui c’è invece un Dio terribile e vendicativo che ha dato tutte le armi a Golia e tolto persino la fionda a Davide. Davide è ormai ridotto a un grumo informe di sangue incapace di qualsiasi offesa ma Golia ancora si accanisce

Dove sono i cavalieri? Qui ci sono solo dei travet dell’orrore, che salgono su un jet, prendono di mira un obiettivo, schiacciano un bottone, come se giocassero alla play, e tornano a casa certi della loro invulnerabilità garantita dagli armamentari più moderni di cui l’Occidente dispone. Senza duelli nei cieli con il nemico e senza contraerea. Senza il rischio non c’è impresa eroica.

Gli obiettivi sono un palazzo con decine di civili morti solo perché c’era il sospetto che tra essi si nascondesse un nemico, un bimbo grigio per la polvere di cemento e con la pancia gonfia per la fame che si aggira tra le macerie, una mamma e un padre e un nonno che hanno perduto tutto e che vagano da nord a sud e da sud a nord seguendo i capricci di un nemico che appare tanto feroce quanto invincibile. C’è l’ospedale, c’è la scuola.

Di sicuro tra loro ci sono anche i terroristi, i nemici giurati. Ma per ucciderne uno non si possono radere al suolo decine di case e scuole e ospedali. Non sono queste le regole di guerra che l’Occidente si è dato. O forse valgono solo per gli altri?

Su quei jet non ci sono eroi, ci sono mostri insensibili che quando si sveglieranno del sonno profondo in cui sono precipitate le loro coscienze saranno preda di incubi perenni. Non ci sono eroi tra chi guida carri armati tra le macerie sparando a prima vista su fantasmi che vagano tra le macerie in cerca di un amico, un parente o un figlio. Non ci sono eroi tra i coloni che, spalleggiati dalle armi e dall’esercito, cacciano i palestinesi dalle loro case.

Il 7 ottobre Hamas ha portato l’Inferno sulla terra, Netanyahu lo ha accolto con ogni onore e gli ha spalancato le porte. Ad aiutarlo leader imbelli privi di pietas, altrettanto colpevoli. Tajani, Macron, Biden, Salvini, Meloni che argomentano sull’arresto chiesto dalla CPI come azzeccagarbugli di osteria. E ancora peggio sono quelli che dovrebbe parlare, come il nostro presidente Sergio Mattarella, per ristabilire un minimo di senso alle cose e alla difesa di quelli che pomposamente chiamiamo valori occidentali e che si spappolano come frutti marci sul terreno della indifferenza rispetto a una delle più grandi tragedie dell’umanità.

Tutto questo diffonde un senso di ingiustizia globale dove ad aver ragione è sempre il più forte. Più forte del diritto, più forte della evidenza, più forte della ragione stessa. La responsabilità dei governanti non è più quella di garantire pace e prosperità ai popoli, ma di prevalere con più armi e più ferocia, con la mentalità di adolescenti che si sfidano su tik-tok.

Non so se ad alimentare tutto ciò c’entri la religione. Ma se il dio unico dei mussulmani, il dio unico dei cristiani e il dio unico degli ebrei è tutto questo li ringrazio per essere ateo.

In tutto questo l’antisemitismo non c’entra nulla. Israele appare dalla parte del torto perché è dalla parte dei ricchi, del più forte, del più prepotente, dei bulli e i palestinesi paiono dalla parte della ragione perché diseredati e i più poveri del mondo senza un posto dove andare ed essere al sicuro e senza alcuno che li accolga.

Gentile Liliana, non so se i giusti abbiano salvato oltre alla loro anima quella dei tedeschi e degli italiani che avevano creduto alla propaganda contro gli ebrei per comodità o vigliaccheria, che avevano fattivamente collaborato alla deportazione di milioni di ebrei o che semplicemente avevano girato la testa per non guardare. Ma ora ci vogliono i giusti di Israele e tra gli ebrei. Che aprano gli occhi su quello che è, che si chiami orrore o genocidio o sterminio o crimine di guerra poco importa. C’è qualcosa di più terribile di tutto ciò: la perdita della qualità umana, una riduzione a belve feroci. La storia ha memoria lunga e i propri conti li presenta sempre e qui stiamo seminando odio che trasformerà milioni di persone e le loro discendente in terroristi vendicatori e, quel che è peggio, stiamo lordando le nostre coscienze. Con l’affetto di sempre, Pietro Francesco Maria De Sarlo