Incidenti sul lavoro: meglio un robot rotto che un essere umano al cimitero

10 dicembre 2024 | 14:24
Share0
Incidenti sul lavoro: meglio un robot rotto che un essere umano al cimitero
Foto di repertorio

Ecco perché Franco, Gerardo e tutti gli altri sono morti e altri ancora moriranno

Ogni mattina una donna o un uomo escono di casa per recarsi sul luogo di lavoro. E sanno che dopo una giornata di fatica, torneranno tra le braccia dei loro cari. Almeno due o tre di loro, però, quel giorno non torneranno. E’ la media delle morti per lavoro: quasi tre al giorno da gennaio a settembre 2024.

776 incidenti mortali – dati Inail -, di cui 567 deceduti in occasione di lavoro e 209 durante il tragitto casa-lavoro (in itinere): rispetto allo stesso periodo del 2023 si sono registrati in totale 15 decessi in più con un aumento del 2,0%.” Nel 2023 oltre 1000 morti. Negli ultimi dieci anni, si registra una media di 1.200 morti per ogni anno. Una strage, non completamente quantificata se consideriamo gli incidenti non denunciati oppure occultati. E senza considerare gli esiti di invalidità per chi sopravvive alla morte, ma è costretto a una vita di limitazioni per causa di un incidente.

E ogni giorno la stessa litania, i sindacati chiedono maggiori investimenti nella sicurezza e maggiori controlli. I politici e il governo promettono più ispettori e pene più severe. Intanto, la mattanza continua inesorabilmente. In questi anni di proteste e di promesse la situazione è peggiorata. Perché? E’ la domanda che deve porsi chi, ogni volta che un lavoratore viene seppellito, ripete le stesse cose.

“La movimentazione delle merci è la causa principale d’incidenti sul lavoro con più di 300. 000 casi censiti ogni anno. I settori più interessati sono edilizia, lavori pubblici e i servizi.” Tuttavia, ci sono le morti a rate, quelle dilazionate nel tempo, di cui si perdono spesso le tracce nelle statistiche. Le malattie circolatorie, i tumori e le malattie respiratorie figurano tra le prime tre cause di morte. Insieme, queste tre categorie rappresentano oltre i tre quarti della mortalità correlata al lavoro. In questi casi diventa difficile stabilire responsabilità, imporre limiti alle aziende, introdurre divieti. Tutti i lavoratori e le lavoratrici impiegate nel petrolchimico, nelle attività estrattive, nei lavori pubblici eccetera, sono continuamente a rischio di morte immediata o dilazionata. Non c’è scampo.

E allora? Non vogliamo farla semplice, ma c’è un unico modo per evitare la morte sul lavoro: liberare le persone dal lavoro. Non è una semplice provocazione, è un impulso utopico che va colto oggi per il futuro. Escludere il lavoro umano nei settori ad alto rischio e sostituirlo con l’automazione accelerando i processi di riconversione tecnologica delle aziende. Meglio un robot rotto che un essere umano morto. O no? Il futuro va già in questa direzione, anche se in molti fanno finta di non vederlo. E altri, pur vedendolo, preferiscono spremere fino all’ultima goccia di sangue il lavoro umano a basso costo, prima di investire milioni di euro in tecnologie. Le nuove tecnologie, l’automazione avanzata, sono la chiave per liberare donne e uomini dall’ignobile sacrificio del lavoro. Ed è questa la priorità: liberare le persone dall’obbligo indecente di sottoporsi alla schiavitù di un lavoro non scelto, ma imposto dalla necessità materiale di portare il cibo a casa.

Dunque, bisogna eliminare la causa: il lavoro. Sbrigarsi con l’automazione dei processi produttivi. Non è fantascienza, è il corso della storia, ma bisogna accelerare. Le resistenze a questa prospettiva sono forti, e giungono da più fronti: politico, economico, imprenditoriale, sindacale. Occorre rovesciare il modello neoliberista di produzione-consumo-profitti-povertà diffusa-ricchezza di pochi. Bisogna liberarsi dai vincoli della cultura lavoristica novecentesca.  Occorre rovesciare gli attuali meccanismi di redistribuzione della ricchezza. Bisogna nel contempo mettere sotto il controllo democratico i mezzi di produzione digitali e le tecnologie dell’IA. Sono questi i temi su cui la politica e il sindacalismo dovrebbero insistere, anche per contrastare seriamente la mattanza delle morti sul lavoro. L’alternativa è continuare con le litanie, inutilmente. Qualcuno fa notare che “l’emergenza è oggi e quindi bisogna insistere affinché il governo e le imprese adottino misure efficaci di tutela della sicurezza sul lavoro.” E chi lo nega. Tuttavia bisogna considerare che questa “emergenza di oggi” dura da decenni.