Il capodanno di Caino: quando a uccidere non è solo l’uomo, ma l’indifferenza
La riflessione di un ragazzo di 21 anni rivolta ai suoi coetanei: “Le vite spezzate meritano memoria e un cambiamento vero”
Gentile Redazione di Basilicata24,
sono Salvo Di Noto, ho 21 anni e vivo in Sicilia. A seguito di vicende che mi hanno profondamente scosso, ho scritto questa riflessione che riguarda non solo la Sicilia, ma tutta l’Italia. Spero sia uno scritto in grado di scuotere le coscienze, in particolare quelle dei miei coetanei. Le tragedie che segnano la nostra società non possono essere dimenticate né ridotte a numeri o statistiche. Le vite spezzate meritano memoria e un cambiamento vero.
Mentre il nuovo anno si aprirà tra brindisi e sorrisi, resta quel silenzio pesante, fatto di assenze, fatto di chi con la felicità ci è morto pur di donarne un pizzico al suo stesso assassino, perché loro, le vittime, hanno avuto un cuore grande e lo avranno per sempre. Proprio come Abele, sacrificato dalla mano del fratello, loro portano con sé l’innocenza di chi non ha mai smesso di “amare”. Eppure, a guardare il cielo illuminato dai fuochi d’artificio, penso che forse, in fondo, non tutto è perduto.
Giulia Cecchettin, Santo Romano, Angelo Correra, Emanuele Tufano, Renèe Amato, Larimar. Ogni nome, ogni volto che in questo 2024 abbiamo visto scomparire, ha una vita e una famiglia dietro. Tuttavia, troppo spesso, siamo così abituati a sentirli nominare nei telegiornali, fermandoci ad ascoltare per un minuto, per poi tornare a mangiare quel piatto di pasta davanti, senza neanche avere un conato di vomito.
Non sono solo nomi. Non sono numeri. Sono storie, vite che avrebbero meritato di continuare, di crescere, di sperare; non devono essere ricordi sbiaditi ma un grido che risuona nelle nostre coscienze, un richiamo a fare di più, a non lasciarli scivolare nell’oblio o dissolversi nell’indifferenza, come il rumore dei brindisi che copre tutto e dura solo un istante.
Ogni nome continua ad avere una vita e una famiglia che lotta per far sì che non accada mai più, basti pensare alla mamma di Santo, Filomena de Mare e la fidanzata Simona, il papà di Giulia, Gino e la sorella Elena, e tutte le famiglie che hanno avuto il coraggio, pur con riservatezza e silenzio, di creare una coscienza collettiva, alla ricerca del bene.
Le vittime, chissà quanti sogni avevano in quel famoso cassetto da aprire, per poi ritrovare proprio lì in quel cassetto, il nulla che odora non di ricordi profumati, ma di letame calpestato da quella gente che pur di uccidere, venderebbe la propria anima.
E Caino, ancora oggi, sembra ritrovarsi in ogni gesto di violenza. Come quando Dio gli disse: “Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo.” Ma Caino non lo fece, e come lui molti continuano a non farlo, lasciando che l’istinto più oscuro prenda il sopravvento.
Oggi, dove le famiglie hanno subito una perdita per colpa di qualcuno che ha scelto la violenza, penso anche a chi è costretto a fare i conti con la propria coscienza, dietro le sbarre di una cella fredda. Penso a chi, guardando il cielo di capodanno attraverso una finestra chiusa, forse per la prima volta si domanderà cosa abbia davvero distrutto, vedendo da lontano quei fuochi d’artificio illuminarsi di immenso per poi svanire in un soffio, proprio come le vite spezzate.
Alla mezzanotte di capodanno, mentre il mondo brilla di luci e suoni, voglio immaginare che da qualche parte ci sia chi decide di cambiare davvero, chi sceglie di fare del nuovo anno un simbolo di rinascita, non solo per sé ma per gli altri, per le famiglie che, piuttosto che abbracciare il proprio figlio, daranno un bacio ad una foto scattata con un sorriso. Salvo Di Noto