Don Marcello Cozzi è un prete che annuncia il vangelo della libertà e della responsabilità

“Se per rivendicare la nostra libertà il prezzo da pagare sono i 15mila euro euro della sanzione per don Marcello Cozzi, forse sarebbe giusto che quel prezzo lo pagassimo in tanti”
Di seguito l’intervento di Rosario Gigliotti, docente universitario, sulla condanna per diffamazione a Don Marcello Cozzi già vicepresidente nazionale di Libera.
La sanzione pecuniaria contro don Marcello Cozzi per diffamazione nei confronti di Michele Cannizzaro, mi riporta agli anni in cui eravamo in tanti con don Marcello a chiedere verità e giustizia sui troppi casi di verità apparenti e di giustizia negata, verità e giustizia sui troppi mali oscuri di una regione dove, si diceva e forse ancora si dice, la mafia non esiste.
Quelle mobilitazioni si incrociarono anche con alcune inchieste giudiziarie. Tra queste, Toghe lucane fu un’inchiesta che in Basilicata aprì squarci nel buio, accese le speranze dei tanti senza giustizia. Quell’inchiesta finì con un’archiviazione. Il magistrato che la condusse, Luigi de Magistris, lasciò addirittura la magistratura, per non piegarsi al sistema di potere che lo considerava “un cattivo magistrato”. Il tempo gli ha dato ragione. Le accuse a de Magistris si sono rivelate infondate, mentre alcuni degli indagati di allora sono stati successivamente condannati. Spicca su tutti il nome dell’avvocato Pittelli, condannato in primo grado a 11 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, nell’ambito del processo Rinascita Scott. È forse utile ricordare oggi, per riannodare i fili della memoria, che l’avvocato Pittelli, ex senatore di Forza Italia, all’epoca indagato da de Magistris nell’ambito dell’inchiesta Why not, fu scelto dal dottor Cannizzaro e da sua moglie, la pm Felicia Genovese, entrambi indagati in Toghe Lucane dallo stesso de Magistris, come loro avvocato difensore. Questi sono fatti, che ognuno può giudicare come meglio crede, come è un fatto l’archiviazione di Toghe Lucane.
Tante storie vennero a galla, storie nascoste di persone comuni. Storie di silenzio e di prevaricazione, ma anche storie di lotta e di dignità di chi, come Olimpia, Filomena, Gildo non hanno mai inteso abbassare la testa di fronte a chi voleva che l’oblio coprisse tutto, in nome di un falso quieto vivere.
E allora, se chiedere verità e giustizia, se urlare ad alta voce i nomi dei potenti a cui si chiede conto dei loro atti è una colpa, oggi come allora, siamo tutti colpevoli.
Non siamo giustizialisti, anzi, crediamo tanto nella giustizia che riteniamo un dovere civile camminare a fianco di chi l’ingiustizia l’ha sentita e la sente sulla propria pelle. Chiedere conto è un atto più forte del chiedere condanne. Quelle, eventualmente, spettano ai tribunali, entro le regole sacrosante della democrazia, entro un quadro costituzionale giustamente garantista. E che dire allora alle vittime? Restate pure soli a piangere e a urlare? Urlate pure al vento il vostro dolore?
Don Marcello è un prete, che conosce un solo vangelo, quello degli ultimi e delle vittime. Dentro e fuori dalle chiese. Si rassegnino quelli che pensano che la religione sia un falso volersi bene, fatto di inchini… troppi inchini, a volte, anche con i parroci in prima fila. Don Marcello è un prete che annuncia il vangelo della libertà e della responsabilità. Per questo io lo ringrazio. E voglio farlo pubblicamente. Ma tutti dobbiamo anche imparare a non nasconderci. A prendere sulle nostre spalle il nostro pezzo di responsabilità. Non abbiamo bisogno di eroi o di martiri, ma dobbiamo costruire insieme una società di donne e uomini liberi.
Mi preoccupa tanto, allora, che il formalismo della legge possa travalicare la stessa giustizia. Che un’archiviazione si trasformi in un’assoluzione e che possa passare l’idea che non si debba più chiedere conto di niente, perché qualcuno potrebbe sentirsi diffamato. Ma se per rivendicare la nostra libertà di donne e uomini liberi, il prezzo da pagare sono i 15.000 euro della sanzione per don Marcello Cozzi, forse sarebbe giusto che quel prezzo lo pagassimo in tanti, per dire a chi si è sentito diffamato che la nostra libertà e la nostra dignità non hanno prezzo. * Rosario Gigliotti, docente universitario