Da Draghi a Macron passando per Grillo e il Pd: galeotto fu il liberismo

Con la fine di Macron pare si sia definitivamente chiuso il ciclo del delirio liberista europeo iniziato con la crisi dei sub prime del 2008 e il conseguente fallimento della Lehman Brothers
Credo che con Macron si sia definitivamente chiuso il ciclo del delirio liberista europeo iniziato con la crisi dei sub prime del 2008 e il conseguente fallimento della Lehman Brothers. Veniva eletto dopo i sorrisetti di scherno di Sarkozy e Merkel sul debito pubblico italiano, i tremori di Holland dinanzi all’Eurogruppo guidato dall’intransigente Dijsselbloem, dallo spietato Schauble, pace all’anima sua, e dall’avvinazzato Junker che obbligarono l’intera Europa a massacrare la Grecia in nome di un rigore insensato con un insieme di ricette da applicare con il ‘pilota automatico’. Una sorta di ‘parlare a nuora affinché suocera intenda’ e portare alla cieca obbedienza delle germanofile burocrazie europee anche Francia e Italia.
A maggio 2017 Macron diventa presidente garante del credo liberista in Europa che si propone di: concentrare la ricchezze nelle mani di pochi, abbattere il welfare per far pagare meno tasse e garantire così un radioso avvenire ai soliti noti. La Francia, grazie a lui, è allo sbando e in una crisi economica mai vista.
In sede nazionale l’alfiere massimo del liberismo è rappresentato da Mario Draghi. Nel 2011 il governo Berlusconi si vide recapitare una lettera con la sua firma che imponeva una ricetta lacrime e sangue per l’economia italiana. Berlusconi si dimise e arrivò Monti che attuò pedissequamente il dettato della lettera. Risultato 300 miliardi in meno di PIL e la perdita di senso della democrazia dato che nella lettera imponeva: “che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011”.
Mentre le ricette di Draghi folgorarono il Presidente Giorgio Napolitano, l’allora leader del PD Pierluigi Bersani e la CGIL i mercati declassarono il Bel Paese e Monti ci sformò.
Eppure le ‘competenze’ di Draghi erano note. Da Direttore Generale del Tesoro, oltre a fare i contratti per le privatizzazioni come quello secretato con i Benetton, acquistò titoli derivati della Banca d’affari Morgan Stanley che ci sono costati miliardi. La stessa banca di affari salutò il nascente governo Draghi prevedendo uno spread in picchiata, addirittura a quota 55. Peccato che, ancora una volta, l’entusiasmo del presidente Sergio Mattarella, del PD, dei salotti buoni e dei giornali di sistema non sia stato ricambiato dai famosi mercati, che tutto sono meno che fessi. Da dieci anni a questa parte quello di Draghi, numeri alla mano, è stato il peggiore governo in termini di spread (220 circa altro che 55!) avendo più che raddoppiato quello ereditato dal Conte II (100 circa) che ottenne anche il miglior rapporto deficit /PIL dal 2007 (vedi grafici).
La sfortuna sembra perseguitare anche gli altri governi, oltre a quello francese, che hanno ascoltato i consigli di Draghi. La Grecia utilizzò degli swap organizzati da Goldman Sachs, di cui Draghi fu Managing Director, per poi affidarsi al piano della Troika con Draghi stesso a capo della BCE. Dagli effetti disumani prodotti da questo piano la Grecia fa ancora oggi fatica a riprendersi. Ma anche MPS fa fatica a riprendersi dopo l’acquisto sponsorizzato da Draghi Governatore di Bankit di Antonveneta. Anche qui una Banca d’affari, JP Morgan, si è leccata i baffi.
È veramente uno spasso, se non ci fossero migliaia di morti in giro, sentire l’intervento di Draghi all’ONU un paio di anni fa in cui disegnava una Russia in ginocchio, con una economia allo sbando e una capacità di produrre armi esaurita. Meno di due minuti di video che mostrano quanto gli errori di previsione siano direttamente proporzionati alla immotivata spocchia.
Ancora più esilarante il Giornale che scrisse a proposito del congelamento delle riserve in dollari della Russia: “Non è stata la mano di Dio, ma quella di Mario Draghi a imprimere un’accelerazione al congelamento delle riserve russe.” La conseguenza è che tutte le oligarchie e le autarchie stanno pensando di farsi un proprio sistema slegato dal dollaro visto che da valuta di riserva si è trasformato in valuta di ricatto e pressione avviando così un progetto alternativo lungo ma irreversibile, i BRICS.
E i Draghi boys che fine hanno fatto? Il più illustre, Macron, si è rivelato una macchietta golpista complice di politiche dissennate, peraltro ispirate da Draghi governatore della BCE, che hanno condotto l’Europa sul bordo del precipizio. Il povero Scholz, sempre grazie alle sanzioni strutturate da Draghi, è orfano inconsolabile del gas russo a prezzi da affezione e in più costretto a sorridere al sabotatore del Nord Stream 2, Zelensky.
Ora Draghi suggerisce di superare la crisi fabbricando armi e trovando in Ursula, priva di ogni idea e ormai allo sbando, una entusiasta adesione, oltre a quella di qualche mentecatto nostrano.
Convocato, come un fornitore qualsiasi, da Marina Berlusconi e dalla premier Gioggia, per non essere da meno, si precipita sensibile come è al potere, sia quello economico sia quello politico.
Tra i suoi fan troviamo Di Maio e l’Elevato, poi ci sono quelli dalla sua agenda, Enrico Letta e i gemelli autogol Renzi e Calenda. Nella magnificente agenda c’era anche il DDL sulla Autonomia di Gelmini. Più o meno tutti hanno fatto la fine di don Falcuccio.
La Francia si sta liberando di Macron ma da noi Draghi esercita ancora un fascino perverso sul PD. Elly si è sentita in dovere di andare a riverirlo, pare l’abbia fatta entrare dalla porta di servizio. A me pare che Draghi non ne abbia azzeccata una, può anche darsi però che le abbia azzeccate tutte ma che porti sfiga.
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