Basilicata, tutti si agitano e nulla si muove: ci mancavano i vescovi

2 dicembre 2024 | 16:03
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Basilicata, tutti si agitano e nulla si muove: ci mancavano i vescovi
I vescovi lucani (Foto Arcidiocesi di Potenza)

Emergenza acqua, crisi ambientale, fabbriche che chiudono, lavoratori licenziati. Anziché attraversare la tempesta tutti ci ballano dentro con la musica delle chiacchiere

I vescovi lucani escono con un appello: “Di fronte alla grave crisi che sta investendo diversi ambiti economici della Basilicata, tra i quali il settore automotive, con il rischio concreto di migliaia di posti di lavoro persi, noi Vescovi eleviamo ancora una volta un accorato appello a tutte le istituzioni e a tutti i cittadini”. Il testo dell’appello è qui. Non ci addentriamo nei contenuti, anche perché parlare di contenuti sarebbe una parola grossa. Banalità, vecchia retorica, solite chiacchiere e scarsa conoscenza della realtà.  Basta dire che migliaia di posti di lavoro persi, non è un rischio, è già accaduto. Ma i vescovi non lo sanno. Usciti dal religioso letargo, ottengono il plauso, scontato, dei sindacati. In fondo, il linguaggio dell’appello clericale è simile alla cifra linguistica utilizzata dalle sigle sindacali negli ultimi anni di peggioramento di tutte le criticità chiamate in causa. Retorica. “Ci uniamo all’appello della Conferenza episcopale della Basilicata dichiarandoci immediatamente disponibili a dare il nostro contributo per una mobilitazione straordinaria della società lucana intorno ad una idea di sviluppo che tenga al centro la persona”, si precipita a scrivere la Cisl. Ma perché in questi anni non avete mai mobilitato qualcuno, intorno a un’idea di sviluppo? Dello stesso tono la presa di posizione di Cgil e Uil. Aspettiamo i partiti, magari anche loro, al pari di Vito Bardi saranno in “perfetta sintonia con l’appello dei vescovi”. Certo lo è l’assessore Cosimo Latronico che scrive: “Condivido profondamente la visione”. Non sa che ce l’hanno anche con lui?

Essenziale – scrivono i vescovi – è anche la creazione di contesti che favoriscano una più marcata radicazione sul territorio delle Università e dei Centri di Ricerca per implementare e sostenere le attività di formazione di uomini liberi, capaci di pensiero critico divergente. I vescovi non lo sanno che il mondo del lavoro, il mercato del lavoro di stampo neoliberista chiedono il contrario, omini per la produzione, omini subordinati, acritici, conformisti. O forse lo sanno e si contraddicono, perché tra l’altro scrivono: “fondamentale garantire percorsi di formazione continua e di riqualificazione professionale che riescano finalmente a garantire ai lavoratori le competenze necessarie per affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro.” Roba vecchia, niente di nuovo. In un altro passaggio ribadiscono l’ovvio sindacale degli ultimi due decenni: “servono misure concrete per favorire il reinserimento lavorativo delle persone che perderanno il posto di lavoro, come incentivi all’autoimprenditorialità, tirocini e borse di studio.” Banalità, sempre e solo banalità con la proposta di soluzioni già fallite.

Un altro passaggio ci fa riflettere sulla consapevolezza del clero locale in relazione alla realtà: “Occorre necessariamente ristabilire la “strategicità” dello stabilimento di Melfi. Siamo consapevoli che la crisi del settore è complessa e va approcciata in maniera sistematica. Sono necessari accordi e visioni coraggiose ed innovative a partire da alcuni temi e scelte fondamentali.” Quali? Strategicità sta per valore strategico? E sistematica sta per sistemica? Boh.

Quell’appello risolve nulla, ci dice cose che già sappiamo, altre che non condividiamo affatto e altre ancora assolutamente dannose. Quell’appello offre la sponda politica ai soliti sbandati di turno che hanno sempre bisogno di un gancio a cui aggrapparsi.  I cambiamenti epocali non sono caduti dal cielo all’improvviso. Appare all’improvviso, invece, chi oggi si sveglia come se non fosse esistita una storia economica, politica, culturale che negli ultimi 50 anni ha svoltato nella direzione peggiore. Nel frattempo tutti al tavolo da gioco delle private opportunità e delle reciproche accuse. Quei 50 anni di bende sugli occhi e di tappi nelle orecchie, di false promesse e di grandi illusioni, adesso presentano il conto.

Ci si arrovella tra le chiacchiere. La domanda è: perché il clero locale torna a prendere la parola e in questo preciso momento, per dire nulla e aggiungere rumore al baccano di questi mesi? Le cause delle gravi criticità sollevate sono profonde e hanno origini nel passato prossimo e remoto. Il vero coraggio sta nel chiamarle con nome e cognome e nell’affrontarle alle radici. Non esistono soluzioni senza la consapevolezza delle cause. Vostre eminenze fate uno sforzo e indicateci le cause di tutto questo disastro. Voi scrivete: “Insieme siamo chiamati tutti a costruire una visione di futuro per la nostra Basilicata”. Insieme chi e come? Suvvia, illuminateci. La speranza è una cosa seria e comunque non basta. Ci saremmo aspettati, con tutto il rispetto, un richiamo alla Provvidenza divina e niente altro. La confusione è già tanta.

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