Aste fallimentari: la parola all’attivista “difensore della povera gente nelle aule di ingiustizia”
Intervista con l’avvocata Anna Maria Caramia, al centro di molteplici vicende giudiziarie che hanno origine nella sua attività di difesa degli esecutati nelle procedure fallimentari
L’avvocata Anna Maria Caramia è al centro di molteplici vicende giudiziarie che hanno origine nella sua attività di difesa degli esecutati nelle procedure fallimentari. Insomma, tutto gira intorno a ciò che Basilicata24 con la sua inchiesta “Vite all’asta”, ha denunciato più volte, anche attraverso interviste alla stessa avvocata. Nel quadro di queste vicende Caramia fa la spola tra i tribunali di Taranto, Catanzaro, Lecce, Roma, Potenza…in qualità di imputata o di parte offesa in un groviglio processuale che meriterebbe un racconto-verità, rispetto al quale prima o poi questo giornale farà la sua parte oltre le inchieste sull’argomento già pubblicate. Ricordiamo la battaglia per la giustizia condotta in prima linea da Caramia con un solo esempio: la storia di Mauro e Teresa di cui ci siamo occupati più volte. Quella storia, insieme alle altre, hanno spinto alcuni osservatori a definire Caramia “l’avvocata della povera gente”.
Oggi, di quel groviglio processuale, “contornato da diverse anomalie”, come afferma la stessa Caramia, vi forniamo un altro esempio più recente estratto da un più vasto campione di episodi, attraverso un’altra intervista.
Allora, avvocata, questa volta ci segnala un’altra chicca giudiziaria che riguarda un presunto reato di diffamazione. Di che si tratta?
Tutto parte da un’intervista che il giornalista pubblicista Antonio Savino, già carabiniere, mi fece in merito alla vicenda della masseria Galeota, acquistata all’asta dal senatore Mario Turco, vicenda di cui vi siete occupati sia voi, sia l’Espresso, sia il Fatto Quotidiano perché suscitava molte perplessità. L’intervista risale al 23 agosto 2022. La vicenda della masseria Galeota è stata oggetto di denunce, non tutte definite. A Catanzaro è pendente un procedimento su mia denuncia, sporta esattamente un anno dopo l’intervista, il 23 agosto 2023.
E quindi l’oggetto della faccenda è quell’intervista?
Sì, per quell’intervista hanno sporto denuncia nei miei confronti, del giornalista Savino e della vecchia proprietà esecutata, il giudice Andrea Paiano del tribunale di Taranto, il Commissario di polizia di Martina Franca, Pierfranco Amati e lo stesso senatore Mario Turco.
Sì, ma qual è il presunto contenuto diffamatorio in quell’intervista?
Glielo dico subito. In quell’intervista, quanto al processo che pende a Taranto, dichiaro che il Commissario Amati “nell’indagine per diffamazione a carico di Vincenzo Papa e Celano Vincenza aveva chiesto, nella comunicazione di notizia di reato conclusiva, la misura di custodia cautelare.” La qualcosa oltre ad essere vera e documentata, non ha alcun profilo diffamatorio. Sfido chiunque abbia un minimo di buon senso ad affermare il contrario. Per meglio precisare, io avrei diffamato Pierfranco Amati, poiché “in concorso con Antonio Savino, con condotte differenti ma convergenti verso il medesimo fine, offendevo la reputazione di Amati pubblicando sul social network Facebook un’intervista del giornalista Savino a me medesima.
Quanto al concorso, davvero è una forzatura e, di contro, la regola è quella per cui ognuno risponde di ciò che ha detto. Nel caso di specie l’intervistata (cioè io) può rispondere solo di quanto ha dichiarato ella stessa, e non anche di ciò che altri, nel medesimo contesto di intervista, possono aver proferito. Intanto sono a processo per nulla, con esborsi di denaro pubblico, solo per le esigenze punitive, me lo lasci dire, di un sistema marcio che non ha gradito la mia difesa in favore degli esecutati.
Ma lei mi ha parlato di grosse anomalie intorno a questo processo, anomalie che vanno oltre il fatto specifico della diffamazione
Certamente. Le tre denunce sono passate dalle mani del PM tarantino Antonio Natale che era ben a conoscenza dell’unicità del fatto: vale a dire l’intervista del 23 agosto 2022. Nonostante il fatto sia uno e solo uno, il PM Natale ha agito in modo tale che nascessero ben tre diversi procedimenti penali: due a Taranto e uno a Potenza. Si rende conto che non è possibile essere processata in ben tre differenti processi per un unico fatto perché ciò espone al rischio di ben nove gradi di giudizio: può capitare che due denunce finiscano nelle mani di inquirenti differenti e questo comporta il rischio di un eventuale duplice processo. In questo caso l’identità del fatto non solo era nota al PM che ha avuto tutte e tre le denunce nelle sue mani, ma è stata acclarata da subito, sin dalla richiesta di interrogatorio, ma è stata del tutto ignorata. Questo comporta la violazione dei miei diritti, oltre la circostanza che sono costretta a subire più processi differenti per lo stesso fatto. E ritengo evidente anche un danno erariale che ho segnalato alla Corte dei Conti.
E lei come se lo spiega?
Sarebbe lunga. Perché è tutto collegato alla mia attività di difesa dei più deboli non nei processi, ma dai processi. E questo vale anche per me che da anni ormai sono costretta a difendermi non dalle accuse, spesso strumentali, ma da taluni magistrati di molti tribunali e da tutti i colletti bianchi che li circondano. Ma vengo alla sua domanda. Ho chiesto conto alla Procura di Taranto ed ho domandato di spiegarmi quali sono i meccanismi che operano all’atto di iscrizione di un procedimento penale e, nonostante una dirigente mi abbia detto che ho diritto ad avere risposta, ad oggi la risposta non è arrivata, e dalla mia domanda, più volte sollecitata, sono passati sei mesi). La mia domanda non è peregrina ed è sorta perché ho motivi per ritenere che qualcuno, magari il PM Natale abbia agito con intento di arrecarmi danno.
Questo lo dice lei e naturalmente si assume la responsabilità di quello che dice
Mi assumo sempre la responsabilità di quello che dico e che faccio. Anche perché sono i fatti a parlare. E uno dei fatti glielo spiego subito. Per capirci le faccio un esempio preliminare. Se prendo una multa e nel foglio c’è scritto che ho 30 giorni di tempo per contestarla, cioè per fare opposizione, la polizia municipale deve aspettare l’esito della contestazione, in quanto la multa può essere confermata o annullata. Se mandano la multa a Equitalia per iscrivere a ruolo l’importo prima dei 30 giorni vuol dire che qualcuno ha deciso che le mie ragioni servono a nulla, non le vuole nemmeno ascoltare. E così è accaduto nel mio caso con il PM Natale in uno dei tre processi di cui ho parlato. Quello che sino a ieri 13 dicembre 2024 pendeva in fase predibattimentale a Taranto ed oggi vede l’esito di rinvio a giudizio, ad opera del giudice Laura Orlando, per il reato di diffamazione in danno del Commissario Amati.
La legge prevede che l’indagato prima di essere rinviato a giudizio ha la possibilità di difendersi e di spiegare le proprie ragioni. Quindi la prima cosa che si fa è guardare il fascicolo. Quando ho aperto il fascicolo che mi riguarda, scopro una cosa strana: c’era già una richiesta di autorizzazione, del PM al giudice, a citare i testimoni nel processo. Quindi per il PM il processo si sarebbe fatto comunque e senza considerare le mie ragioni, e perciò capisco che era già nelle sue intenzioni rinviarmi a giudizio, a prescindere dalla mia attività di difesa resa inutile dalla preventiva decisione del PM in una fase in cui il codice prevede tutt’altro.
A che punto è tutta che la riguarda legata all’asta della masseria Galeota?
Una delle tre vicende, quella su denuncia di Mario Turco, l’ho chiusa. Il GIP per difetto di querela mi ha prosciolta, con la conseguenza che i processi oggi sono due: le denunce di Amati e Paiano. Ma mi lasci dire un’altra cosa importante a proposito della masseria Galeota e del giudice Paiano.
Sin da subito, il signor Antonio Scarciglia, indicato come persona informata sui fatti, ora deceduto, aveva a suo tempo pubblicamente affermato che il giudice Andrea Paiano e il senatore Mario Turco giocavano a tennis insieme. Ebbene, mai nessuna Procura lo ha sentito o convocato e mai nessuno, né il senatore, né il commissario, né lo stesso giudice Paiano lo hanno mai denunciato. Eppure, l’affermazione di Scarciglia è molto grave, quella sì diffamatoria se fosse stata falsa. Una dichiarazione che allude ad una vicinanza tra le parti, Turco-Paiano, che, ove accertata, avrebbe condotto all’ipotesi che quella della masseria Galeota fosse stata un’asta pilotata per favorire il senatore.
Per quanto ne sappiamo, c’è molto altro da raccontare. Per noi giornalisti la sua vicenda complessiva è un campo minato, in ogni momento rischiamo querele. Allo stesso tempo è un richiamo al nostro dovere, al coraggio di informare l’opinione pubblica anche quando siamo esposti a spiacevoli conseguenze. Grazie per l’intervista.
Grazie a voi di Basilicata24.
Nella foto, Anna Maria Caramia