Emergenza acqua: la marcia degli ipocriti e la guerra delle chiacchiere

20 novembre 2024 | 15:16
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Emergenza acqua: la marcia degli ipocriti e la guerra delle chiacchiere
Da sinistra: Bubbico, Pittella, De Filippo (Foto di archivio)

Le responsabilità politiche della crisi idrica lucana hanno nome e cognome

In queste settimane abbiamo assistito a una vera e propria “guerra delle chiacchiere”. Sulla vicenda dell’emergenza idrica hanno preso la parola tutti, ma proprio tutti, a proposito e a sproposito. Da ultimo, non unico, la Cgil di Potenza che ha inviato al presidente della Regione “un documento condiviso da tutti i segretari…chiedendo un incontro per discutere le attività prioritarie che la Regione deve (non dovrebbe, n.d.r.) mettere in campo per affrontare la grave crisi idrica…” Alla tuttologia dei sindacati lucani siamo abituati ormai da tempo. Peccato che da anni le cose peggiorano ovunque essi prendano la parola attribuendo sempre agli altri le responsabilità di tutti i disastri lucani: dal lavoro, alla sanità, dall’agricoltura, all’acqua. Beati loro. Non voglio dire che i sindacati abbiano chissà quante e quali responsabilità, vorrei però far notare che sono debolucci in quella cosa seria che si chiama autocritica. Oggi, dopo che Bardi ha relazionato in Consiglio regionale, dopo che le soluzioni, condivise o meno, per superare l’emergenza sono cosa fatta, loro prendono la parola e per dire alla Regione cosa deve fare. Mi sembra un modo per marcare una certa visibilità utile alle carriere personali.

Questo giornale non ha mai risparmiato critiche alle amministrazioni regionali, di centrosinistra e di centrodestra. Mai risparmiato critiche a Bardi e ai suoi assessori. È sempre stato severo con il Potere politico ed economico dal giorno della sua fondazione, senza guardare mai in faccia a nessuno. In questa vicenda dell’emergenza acqua però, su cui abbiamo dato voce a tutti e anche a noi stessi, emerge un campo scenico su cui vale la pena riflettere. Vito Bardi ha ragione quando, nel suo intervento in Consiglio, ieri 19 novembre, dice di aver “ereditato infrastrutture idriche con rilevanti criticità sotto il profilo strutturale che ne limitano la stessa potenzialità e i relativi benefici”. Ed ha ragione quando dice che l’invaso del Camastra non è mai stato collaudato. “A questa condizione si aggiungono gravi carenze manutentive e di efficientamento della diga che hanno compromesso l’effettiva capacità volumetrica dell’invaso: infatti sedimenti sul fondo, mai dragati, ne comportano una notevole riduzione della sua capacità ricettiva. L’altro elemento da considerare è il fatto che questo invaso è stato progettato senza considerare un’interconnessione con le altre dighe e, quindi, tecnicamente è isolato dalle restanti infrastrutture idriche regionali.” Tuttavia non sappiamo cosa la sua amministrazione nei cinque anni precedenti abbia fatto per almeno cominciare a risolvere alcuni dei problemi che egli stesso scopre oggi. Ma questa è un’altra storia.

Sappiamo invece che cosa non hanno fatto da circa tre decenni, per non allungarci troppo, le amministrazioni regionali che si sono succedute, dal 1990 al 2018. Sarebbe lungo l’elenco delle negligenze, delle furberie, degli abusi politici degli enti preposti alla gestione delle reti e degli invasi, dello spreco di denaro pubblico, delle centinaia di milioni finiti in progettazioni senza esecuzioni. Sarebbe lungo anche l’elenco delle omissioni, delle superficialità, dell’inadeguatezza di chi avrebbe dovuto controllare i signori dell’inquinamento, di chi avrebbe dovuto preoccuparsi della qualità delle acque, dell’aria, dei fiumi. Sarebbe lungo. I responsabili politici del disastro non sono anonimi, anche se in queste settimane i professionisti dell’ipocrisia e delle strumentalizzazioni buttano tutta la croce addosso a Bardi anziché solo la parte che si merita.

I responsabili politici hanno un nome e un cognome: da Filippo Bubbico a Vito De Filippo, da Piero Lacorazza a Marcello Pittella, da Salvatore Margiotta a Giuseppe Musacchio, solo per citarne alcuni, compresi tutti coloro che per nomina politica hanno gestito enti pubblici e aziende partecipate strategici per la tutela del patrimonio idrico e naturalistico. Alcuni di loro oggi si indignano, attaccano, chiedono commissioni d’inchiesta, accusano senza badare a uno straccio di verità storica. Altri più novelli, comodamente seduti in Consiglio regionale, si accorgono solo adesso del disastro.  È evidente che ormai non serve rivangare ciò che è stato. Tuttavia, la verità, anche se non risolve i problemi, è sempre utile e spesso necessaria per evitare gli stessi errori e per evitare che si continui a raccontare frottole. Tutto ciò che accade oggi nella vita delle persone è quasi sempre, e in qualche modo, effetto di cause lontane.

E diciamolo, i cittadini singoli e associati non sono esonerati dalle responsabilità. Si svegliano soltanto quando gli chiudono i rubinetti o quando avvertono un pericolo imminente, quando un rischio concreto bussa alla porta delle loro case. Anche loro si muovono spinti dalle emergenze. E si svegliano pure in pochi, la maggioranza continua a vivere nella fatalità, nel silenzio, nell’attesa. Come sempre, appena l’acqua comincerà regolarmente a sgorgare dai rubinetti, tutti a nanna.

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