Basilicata. Inchiesta sanità, tutto si agita e nulla si muove

9 novembre 2024 | 13:35
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Basilicata. Inchiesta sanità, tutto si agita e nulla si muove

La verità è che bisogna aprire gli occhi oltre la sterile indignazione. Ho letto le carte e devo dire che…

Ho letto, all’epoca, e nelle settimane successive, l’ordinanza e altre carte relative all’inchiesta cosiddetta “sanità”. E devo dire che ho avvertito un senso di disagio. Non sono un avvocato, ma un giornalista che i documenti un po’ li sa leggere. Ebbene quel disagio è determinato dalla confusione e dalla sovrapposizione di fatti e circostanze che compongono l’intero impianto accusatorio. In alcuni casi emerge una specie di conflitto tra “cavoli e merenda”. Un “minestrone”, insomma. Ma c’è di più, è la mia modesta opinione: sembra tutto evanescente. Tuttavia, alcuni fatti sarebbe stato il caso di approfondirli: per esempio la gestione dell’AOR San Carlo ai tempi di Barresi, l’accusatore principale, il fornitore di documenti e informazioni che hanno consentito di iscrivere nel registro degli indagati coloro che ieri sono stati rinviati a giudizio. Eppure, che io ricordi e ne ho anche scritto, il giudizio politico su quella gestione era mediamente pessimo. C’è bisogno ora, e direi sempre, di onestà intellettuale.

Sia chiaro non sto difendendo gli imputati, ci penseranno gli avvocati, e non sto accusando giudici e pm. Semplicemente ho la sensazione che ci troviamo di fronte all’ennesima bolla di sapone, o all’ennesima scena che svanisce nella prescrizione. Ad ogni modo i filoni che si intrecciano in tutta la vicenda – è sempre la mia sensazione – si sovrappongono creando connessioni abbastanza incomprensibili a chi, come me, di queste faccende ci capisce poco. Da un lato la vicenda assomiglia molto a una storia di vendette personali, dall’altro appare come il solito polverone ad uso e consumo dei maestri della strumentalizzazione.

L’altro filone dell’inchiesta, il cui dibattimento dovrebbe iniziare il 20 gennaio prossimo, riguarda le presunte illecite ingerenze nelle elezioni comunali di Lagonegro in cui sono a giudizio l’ex sindaca Di Lascio e, mi pare, l’ex  consigliere regionale Francesco Piro. Su questo filone il Riesame e poi la Cassazione avevano già espresso dubbi sull’impianto accusatorio. E’ inutile ricordare che tutte le persone coinvolte nell’inchiesta sono innocenti fino al terzo grado di giudizio. Grado a cui, modestamente, penso non si arriverà mai.

Detto questo, ragioniamo sul resto. Ogni volta che emerge un’inchiesta eclatante, che coinvolge personaggi politici e uomini e donne delle istituzioni, parte dell’opinione pubblica esulta sui social con esclamazioni “liberatorie” “forcaiole” e “ingenue”. Insomma si indignano dal salotto di casa e dichiarano gli imputati già colpevoli. Ma poi, a distanza, restano delusi o perché gli imputati vengono assolti o perché il processo va a prescrizione. E anche se qualcuno venisse condannato, c’è un dato che sfugge a questa parte di “professori della moralità”: non cambia nulla. E in quel non cambiare nulla ci si addormenta senza sonnifero. Manca una mobilitazione civile capace di vigilare costantemente sulla gestione della cosa pubblica. Siamo incapaci di selezionare, nelle urne, la classe politica. E i partiti non sono più strumento affidabile di formazione della classe dirigente.

La magistratura non può cambiare le cose, può perseguire i reati nella speranza che lo faccia con diligenza, professionalità, imparzialità, giustizia. Speranza che, visto come finiscono alcuni processi e come finiscono alcune denunce, si ridimensiona nel tempo. Ma questa è un’altra storia.

Qui in Basilicata, lo scriviamo in tutte le salse da anni, esiste un sistema di potere economico-politico-imprenditoriale che, come ci raccontano le cronache, potrebbe contare anche sul favore di cattivi esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine.  Un Sistema che nulla ha a che fare con la collocazione politica dei suoi esponenti, seppure è dentro pezzi della politica che troverebbe un porto sicuro. Una ragnatela variegata e mutante che abbiamo definito “non mafia”,  altre volte “la cosa”.  Negli anfratti e nei sottoscala di quella ragnatela si muovono affari, corruzione, riciclaggio, abusi, appalti pilotati, carriere illegittime, conti all’estero. Un coacervo di personaggi che usano la luce del sole per agire nell’ombra. Su questo fronte da anni non vediamo nulla. Solo sporadiche uscite degli inquirenti e qualche indagine estemporanea.  Molecole. Bisogna andare in fondo e risalire ai vertici di quel Sistema.  E questo non riguarda soltanto la responsabilità della magistratura. Esiste una borghesia del malaffare, imbevuta di mafiosità, che è parte attiva nella società civile, soprattutto di quella parte della società civile ignava ed egoista.

Deve essere chiaro che un’inchiesta eclatante seppure sacrosanta, rischia di chiuderci gli occhi e di darci la sensazione che finalmente qualcosa si muova. Invece, gli occhi bisogna aprirli perché basta uno sguardo per capire che nulla si muove, qualcosa si agita e niente si sposta. Tuttavia, l’ultima grave criticità di cui sono vittima i cittadini, la crisi idrica, potrebbe diventare un fronte in cui la mobilitazione civile apra scenari al lavoro della magistratura. Si perseguano, se esistono, almeno le negligenze e le responsabilità di chi dirige o ha diretto strutture strategiche per la vita dei lucani.