Stellantis Melfi, “Meglio prendere il gruzzoletto e fuggire via”

25 ottobre 2024 | 10:46
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Stellantis Melfi, “Meglio prendere il gruzzoletto e fuggire via”

Dopo l’ultima audizione di Tavares e il niet di Meloni, è un fuggi fuggi. Boom di richieste di incentivi all’esodo. Un operaio: “La mia richiesta è stata accolta, ma molti colleghi attendono risposte, poiché si sono superate le 500 fuoriuscite previste per il 2024”

Una settimana dopo lo sciopero “unitario” dei sindacati a Roma, indetto per chiedere “lumi” sul futuro, a Stellantis e al Governo, il quadro che ci viene descritto da chi (ancora) lavora a Melfi, è preoccupante. “Meglio prendere il gruzzoletto oggi che attendere il prossimo anno. Ormai si capisce che c’è poco da fare e si è pure capito come andrà a finire”. Si esprime in questi termini, in modo sibillino, un lavoratore che ci ha contattati. E le sue parole gettano una luce sinistra, tutta da comprendere e decifrare. Al di là delle bandierine sindacali, forse issate con un po’ di ritardo, la realtà, ancora una volta, corre più veloce degli scioperi e delle proteste. Sono mutate, all’improvviso, le necessità di centinaia e centinaia di famiglie che si sentono in bilico.

“La mia richiesta di licenziarmi con l’incentivo è stata accettata – spiega il lavoratore – ma c’è un limbo di miei colleghi che pur avendo fatto richiesta negli ultimi giorni, sono in attesa di risposte dall’azienda perché dicono che si è sforato il numero previsto per quest’anno”. Chiariamo: il piano annuale della multinazionale con a capo Carlos Tavares, aveva previsto, per Melfi, 500 fuoriuscite con incentivo, per quest’anno, che si sommano alle 1000 e più, già concesse negli anni scorsi. Un piano, quello del 2024, annunciato in inverno e partito in primavera. Con una cifra, per chi aderiva, di scarsi 80mila euro da portare a casa, variabili in base all’età e agli anni di servizio, più Tfr e Naspi. Qualcosa, però, sarebbe cambiato proprio nell’ultimo mese. Si viaggiava intorno alle 350 richiese accettate a fine estate. Poi c’è stato il boom. Ci sono state richieste, infatti, da parte degli operai di Melfi, che sarebbero andate ben oltre le 500 previste dalla multinazionale. “Diciamo che dopo l’audizione in Parlamento di Tavares, e dopo le parole poco rassicuranti di Meloni, dentro di noi qualcosa è cambiato davvero – svela il lavoratore che da pochi giorni ha firmato il suo licenziamento – Si trattava di scegliere tra questa perenne incertezza sul futuro e 80mila euro certi, una nuova vita, più tfr e Naspi. E a quel punto è scattata una molla irrefrenabile, cosa attendere oltre?”.

Non solo. Col passaggio all’elettrico, specie a Melfi, con 5 modelli entro il 2026 su cui ad oggi si sa davvero poco, la paura ha fatto il resto. “Addirittura iniziavano a circolare voci che a partire da settembre del prossimo anno potrebbe partire una serie di licenziamenti, forse anche senza incentivo, quindi esuberi. E ciò ha messo tutti noi in uno stato agitazione, come mai era accaduto in passato”. E così, ribadisce l’operaio, “ci sono diversi colleghi che hanno fatto richiesta qualche giorno dopo di me, e che ora vivono sospesi, perché non gli è stata accolta”. Richieste, e molte, che vanno oltre le ‘500’, firmate e sottoscritte da azienda e sindacati, la scorsa primavera. “Ci sono colleghi in attesa, perché l’ultima quota era destinata agli impiegati, quindi se qualcuno tra loro resta, si liberano dei posti”.

Assurdo ma verosimile, ciò che ci racconta un attimo dopo. “Siamo arrivati al paradosso – ci dice sul filo dell’ironia – Quasi quasi ora ci vuole la raccomandazione, ma non per entrare alla Fiat di Melfi, bensì per uscirsene con l’incentivo”. Davanti a queste parole si resta inermi. La fiducia appare crollata ai minimi storici.”Addirittura – conclude il lavoratore – sarebbe stato detto a capi e sindacati di non accogliere più richieste di licenziamenti perché non c’è più posto, non ce n’è più la possibilità. Posti esauriti”.

La realtà, quindi, ha superato anche la più cinica delle fantasie. Solo qualche anno fa, prima della fusione di Fiat e Peugeot in Stellantis, tutto ciò sarebbe apparso impensabile. E non è affatto piacevole, tutt’altro, raccontare oggi questo vero e proprio tentativo di evasione da un presente incerto, da parte operaia. Ma ora sta ai sindacati, ai capi, alle Istituzioni locali e finanche al Governo, smentire questo fuggi fuggi che pare emergere dal Sud più profondo dell’Automotive italiana, un tempo ‘fabbrica integrata’ di Melfi . Ora sta a loro fornire un quadro che appaia a tinte meno fosche. Quindi, per concludere: qual è davvero il futuro dell’Automotive in Basilicata, quali i numeri e gli operai, i licenziamenti e gli esuberi, previsti di qui a un anno, alla Stellantis di Melfi? È questo l’interrogativo che pesa come un macigno non solo sulla tenuta dell’area industriale di San Nicola, ma anche sulle sorti di un’intera regione che appare sempre meno attrattiva e già da svariati anni alle prese con un massiccio spopolamento.