In Basilicata altre fabbriche chiuderanno, perché?
Dopo il disastro nell’indotto Stellantis, la ‘sorpresa’ della Favorit, le minacce di licenziamenti della Total, è la volta dell’Italtractor di Potenza. Che fare?
Sono forti i segnali di una possibile chiusura dell’Italtractor di Potenza, con il probabile licenziamento dei circa 250 addetti. Erano in 320 i lavoratori nello stabilimento del Capoluogo, poi nel 2023 sono diventati 277 dei quali 60 dichiarati in esubero. A Ceprano nel frusinate l’azienda, siamo ottobre 2024, ha espresso “la necessità di accedere a strumenti di sostegno sociale, al fine di continuare le proprie attività e ricercare nuovi partner in grado di assicurare delle commesse sufficiente a mantenere l’occupazione per i suoi 75 lavoratori.” Tra le cause, secondo l’azienda, il costo dell’energia e la guerra in Ucraina. Prima ancora avevano attribuito il calo del fatturato alla pandemia. La verità è che Potenza e Ceprano ospitano gli stabilimenti più vecchi e con macchinari risalenti agli anni 80. La situazione non è tranquilla nemmeno negli stabilimenti di Fanano e Valsamoggia. La verità è che se ne vogliono andare.
Italtractor Itm S.p.A. è Società soggetta a direzione e coordinamento di Titan ITM Holding S.p.A. La proprietà della Italtractor è al 75% della Titan Itm Holding spa e al 25% della Titan Europe Limited, con sede nel Regno Unito. Titan Europe è una divisione di Titan International Inc. con sede a Chicago, uno dei maggiori produttori al mondo di ruote, pneumatici e componenti del sottocarro per veicoli fuoristrada.
Principali azionisti della Titan International Inc. sono: la AIP LCC, che opera come società di private equity, investe in tutte le forme di cessioni societarie, management buyout, ricapitalizzazioni e transazioni private; la MHR Fund Management llc, con sede negli Stati Uniti, è una società di private equity focalizzata su acquisizioni finanziarie e transazioni di titoli in sofferenza negli Stati Uniti; BlackRock, una grande società di investimento con sede a New York, vanterebbe un patrimonio totale di 10.000 miliardi di dollari, di cui un terzo in Europa; Pacer Advisors, Inc., un istituto finanziario privato con sede negli Usa; la Vanguard Fiduciary Trust, una costola del Fondo di Investimenti Vanguard.
Per capire con chi abbiamo a che fare ricordiamo quanto accaduto alla Gkn di Campi Bisenzio: tutti i lavoratori licenziati con una mail. E chi c’è tra i maggiori azionisti-investitori della Melrose Industries proprietaria della fabbrica? Il fondo Vanguard e, naturalmente, BlackRock, azionisti della Titan International Inc. Per fortuna, sembra che i lavoratori si dirigano verso una qualche soluzione alternativa
Ora, è chiaro, anche in questo caso, che gli interlocutori, sparsi per il mondo, non sono “anime buone” che di mestiere creano occupazione e tutelano lavoratori e posti di lavoro. A loro non importa assolutamente nulla delle persone. Loro hanno altri valori, quelli quotati in borsa. Le tragiche conseguenze delle decisioni dei consigli di amministrazione su intere famiglie sono trattate come effetti collaterali, incidenti del mercato. Ciò che conta è remunerare gli azionisti. E quando sono in difficoltà chiedono soldi allo Stato.
Anche il Gruppo Hamelin che ha chiuso lo stabilimento Favorit di Tito lagnandosi per una crisi di mercato dei prodotti di cancelleria e per l’ufficio non primeggia per chiarezza. Negli ultimi 3 anni ha fatto almeno due acquisizioni: avrebbe acquisito Pelikan International Corporation Berhad (PICB), società quotata sul Main Market della Borsa di Malaysia; e avrebbe acquisito la maggioranza del capitale della società italiana CoLibrì System S.p.A. A proposito dell’acquisizione di CoLibrì System, nel novembre 2021 dalle parti della Hamelin si parlava di “una forte strategia di crescita per il business aziendale, con possibilità di penetrazione in mercati esteri, raggiungendo un successo non solo nazionale, ma internazionale.” Ecco dove si dirigono, altrove. Nel frattempo la politica dov’era?
Il segnale lanciato dal consigliere regionale Piero Lacorazza in merito alla vicenda Italtractor e alle politiche industriali è da cogliere: “prestare attenzione in virtù del momento critico che si sta vivendo in Basilicata”. Il problema è che bisogna spiegare in che modo. Certo è che la politica e il sindacato si sono ridotti a tutori delle imprese: aiuti economici e incentivi. Suppliche ai tavoli di incontro: “per favore restate ancora un po’ che nel frattempo vediamo come fare.” Sintomatico l’ atteggiamento di disperazione e sottomissione nei confronti della Total: A margine dell’incontro tra Regione, Total ed alcuni sindaci dell’area di Tempa Rossa per scongiurare il licenziamento dei lavoratori della Lucania Servizi, l’Assessore Cupparo ha dichiarato di voler sottoporre a Bardi ed alla Giunta la possibilità di svincolare le società petrolifere dalla realizzazione di progetti no oil al fine di affidare il fondo previsto dagli accordi sulle estrazioni “direttamente alla Regione per bandi che promuovano progetti imprenditoriali locali”. Siamo alla frutta.
Bisogna avere le idee chiare, la forza e la coesione per inseguirle e realizzarle. È sacrosanto provare a salvare i posti di lavoro a rischio e tuttavia questo non è sufficiente. Il tempo dedicato a rincorrere in ritardo le aziende che chiudono andrebbe dedicato a creare le condizioni affinché altre aprano. E questo, ripetiamo, è possibile soltanto nel quadro di una visione di sviluppo collocata nell’affermazione di una identità dell’economia regionale. E questa visione ci sembra ancora offuscata: non vediamo in giro una politica e una classe dirigente impegnate a mettere a fuoco il futuro della Basilicata.