Regione Basilicata, il caso Brancati: il pasticcio di Bardi e il mistero del dirigente

26 settembre 2024 | 19:08
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Regione Basilicata, il caso Brancati: il pasticcio di Bardi e il mistero del dirigente
Vito Bardi

Ci consenta un suggerimento, presidente: non pensi mai che i lucani siano tutti analfabeti funzionali, un bel 54% non lo è

Egregio presidente Bardi,

la ringraziamo per la sua gentile risposta ai nostri quesitie quindi per i chiarimenti forniti all’opinione pubblica. Tuttavia, dobbiamo esprimerle il nostro rammarico per la genericità e l’inesattezza di alcune sue spiegazioni. Intanto, è assodato che la “laurea” in scienze della comunicazione conseguita telematicamente all’Unisu Campus di Baar in Svizzera livello 5QEQ, non è accreditata in alcun modo nemmeno in Svizzera, semplicemente perché quella università telematica non risulta nell’elenco del servizio nazionale svizzero di accreditamento. Per cui, nel momento in cui lei richiama l’accordo bilaterale del 2007, che conosciamo bene, dovrebbe sapere quali titoli di studio svizzeri sono riconosciuti in Italia e quali siano le procedure. Ma lei, comprensibilmente, non lo sa. Tuttavia, “I titoli accademici di studio stranieri non hanno valore legale in Italia. Pertanto – qualora debbano essere utilizzati nel nostro paese in vari ambiti – è necessario chiederne il riconoscimento. Esso comporta un diverso percorso a seconda che il riconoscimento sia destinato a conferire valore legale al titolo attraverso il riconoscimento accademico o sia destinato a permettere di ottenere l’accesso ai pubblici concorsi o benefici specifici.” In tal senso, si devono attivare due diversi procedimenti regolati da norme differenti. Tali norme segnano una precisa scansione del processo amministrativo da avviare e dei documenti da presentare.” La procedura è piuttosto lunga e complicata. Ma su questo punto non le facciamo perdere del tempo: quel titolo non ha riconoscimento accademico né valore legale per accedere ai pubblici concorsi. Se proprio insiste e ha tempo, provi lei a dimostrare il contrario. Le saremmo grati.

Il Miur non può accreditare un diploma che, come ci hanno spiegato le autorità svizzere, è rilasciato da una università che neanche è accreditata in Svizzera. Deve anche sapere, presidente, che l’accordo bilaterale del 2007 relativo alla parte dedicata alla Cooperazione nei settori della formazione, della ricerca e dell’innovazione riguarda “La creazione dell’Università della Svizzera italiana (USI) a Lugano e Mendrisio e della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) che ha contribuito a imprimere un nuovo dinamismo alle relazioni tra la Svizzera e l’Italia in campo scientifico. Le ricercatrici e i ricercatori come anche le artiste e gli artisti provenienti dall’Italia possono candidarsi per una borsa di studio d’eccellenza della Confederazione Svizzera presso la Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI). In Italia si trovano inoltre quattro scuole svizzere (a Milano, Bergamo, Roma e Catania)”. Questo è, e nulla c’entra con ciò che lei vorrebbe chiarire. Ci deve, invece, a questo punto, chiarire la sua certezza quando afferma che “Sul piano formale il titolo indicato nel curriculum (di Brancati, n.d.r.) laurea in Scienze della Comunicazione è comprovato da certificazione” chiamando in causa a sproposito – ci scusi il termine – l’Ambasciata italiana a Berna. Renda pubblica quella certificazione e scoprirà che riguarda un titolo di una “Università” che neanche gli elvetici conoscono. Su questo punto, non andiamo oltre, sarebbero lunghe e a tratti noiose le altre precisazioni ben documentate che confermano la nostra tesi: quel titolo non è una laurea, e nemmeno può diventarlo. Ma qui la questione non interesserebbe nessuno. Chiunque può laurearsi seguendo corsi online facendo esami con le crocette, in tempo record e pagando quello che vuole. Sicuramente è più bravo di chi deve sostenere 20 esami per la triennale e aggiungerne altri 12 per la magistrale in una normale università.  Non è questo il problema, o forse lo è nel momento in cui la persona interessata diventa dirigente della Regione. Dirigente sui generis.

Dirigente sì dirigente no

E veniamo al punto di partenza della questione. Brancati è dirigente o no? Perché se lo è occorre la laurea, non un diploma professionale introvabile. Lei presidente afferma: “L’equivoco, probabilmente, sorge dalla denominazione a-tecnica di dirigente desumibile dal sito internet della Regione, qualifica non assunta dal giornalista in questione ma negozialmente utilizzata ai fini di una semplice equiparazione sotto il profilo economico della retribuzione riconosciuta, peraltro relativamente al solo rimborso delle spese di missione.” Ci dispiace contraddirla anche in questo caso, forse non ci siamo spiegati con le nostre domande a cui – ci rammarichiamo – non ha risposto. La denominazione “a-tecnica”, come lei la definisce ci sta, non ci sta il fatto che l’ufficio assegnato al dirigente in questione – è scritto sul sito istituzionale – dirige almeno due posizioni organizzative e altri uffici. Si tratta anche in questo caso di denominazioni “a-tecniche”? L’incarico a Brancati prevede attività di coordinamento così come si evince sia dal DPGR 15 novembre 2021, n.234 che modifica il DPGR 24 ottobre 2020, n. 164 sia anche dal decreto di nomina. La persona che lei definisce Capo Ufficio Stampa e che chiama dottore nel decreto di nomina, firma il Bur. Ed è strano che un non dirigentenon laureato firmi il Bur che, tra l’altro, non ha nulla a che fare con la professione giornalistica. Su questi aspetti, lei o chi per lei ha scritto la risposta, non ha fornito chiarimenti. Ed è strano che un non dirigente non laureato percepisca uno stipendio equiparato a quello di un dirigente.

Egregio presidente, diciamolo, questo è un bel pasticcio. La ringraziamo per aver ricordato a noi giornalisti come si accede all’albo dei giornalisti, però – ce lo lasci dire – questa sua premura nulla c’entra con la questione. Con la questione, oltre gli aspetti già ricordati, c’entra l’ultima declaratoria della Regione Basilicata, che se vuole può chiedere ai suoi uffici, in cui è scritto chiaramente che per quell’Ufficio occorre la laurea, qualunque sia la “denominazione a-tecnica” a cui lei pare particolarmente legato. Con la questione c’entra anche l’equiparazione di Bancati al trattamento normativo dei dirigenti per consentire l’erogazione del rimborso spese.

Insomma, se per quell’ufficio non occorre la laurea perché nel curriculum del dirigente è indicata una laurea che non esiste? E se, invece, occorre la laurea, come è ormai acclarato ovunque, anche nella vostra declaratoria, perché l’incarico di dirigente dell’Ufficio Stampa e Comunicazione viene affidato a una persona senza laurea? Ci consenta un suggerimento, presidente: non pensi mai che i lucani siano tutti analfabeti funzionali, un bel 54% non lo è. Comunque ci spiace che un giornalista sia coinvolto in questo pasticcio, ma come abbiamo già spiegato a molti che ci hanno redarguito per aver osato scrivere su un collega, “noi facciamo i giornalisti, non gli amici”.

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