La Basilicata e l’industria finanziaria: Stellantis, Eni e Total a chi servono?

7 settembre 2024 | 17:53
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La Basilicata e l’industria finanziaria: Stellantis, Eni e Total a chi servono?

Come può reggere la sfida dello sviluppo una piccola regione, fragile, piena di dirigenti ma povera di classe dirigente?

La questione è nazionale, anzi mondiale, ma noi facciamo un sintetico focus sulla piccola Basilicata: una regione più indifesa delle altre rispetto al gigantesco potere dell’industria finanziaria. Vale a dire i Fondi di investimento che in sostanza sono Fondi speculativi. Voi vi chiederete che cosa la Basilicata abbia a che fare con questi? La risposta è in un’altra domanda: per esempio chi governa davvero Stellantis, Eni, Total? La risposta è: gli azionisti. E chi c’è tra i maggiori azionisti di queste multinazionali? I Fondi Vanguard, BlackRock che insieme al Fondo State Street, sono praticamente i “padroni del mondo” come li definisce Alessandro Volpi (Laterza, 2024). In altre parole tra i principali protagonisti della finanziarizzazione dell’economia mondiale e dell’ondata di privatizzazione dei servizi pubblici essenziali. Tra gli azionisti più importanti delle tre multinazionali che operano anche in Basilicata troviamo JP Morgan e Goldman Sachs che a loro volta tra i maggiori azionisti registrano, guarda caso, i Fondi Vanguard e BlackRock. Certo, altri fondi, altre banche, altre società, circa una decina in tutto hanno nelle loro mani il potere economico e finanziario mondiale. Si intrecciano come scatole cinesi le une nelle altre, ma sempre loro sono: Vanguard, BlackRock e apparentati

Questi signori hanno le mani dappertutto, nelle Big Pharma, nel gioco d’azzardo, in agricoltura, nei media e nei giornali, nelle società di rating, nell’intelligenza artificiale, nelle tecnologie internet, nel petrolio, nell’economia green, nelle banche, nella ricezione turistica, nel food, nell’immobiliare, nell’energia, nell’industria bellica tanto per fare alcuni esempi, e distribuiscono centinaia di miliardi di dollari di dividendi. Decidono i prezzi del gas, dell’energia elettrica, dei prodotti agricoli, del cibo e stabiliscono finanche quando è necessaria una spinta inflazionistica e quando no. Sono dei giocatori di poker sulla pelle di miliardi di persone. Dell’economia reale e dell’industria produttiva a loro interessa nulla. Giocano sul debito degli Stati e delle famiglie, hanno voce in capitolo sulle banche centrali muovono il mercato azionario come fiches al tavolo verde. Insomma non vogliamo farla lunga.

Detto questo, la domanda che ci poniamo è se di fronte a quanto sta accadendo a livello globale, con i “fondi finanziari che stanno distruggendo il mercato e la democrazia” la Basilicata può almeno giocare un ruolo in difesa? La risposta è no. Anche perché i problemi hanno natura nazionale e internazionale e solo a quei livelli politici è possibile una qualche controffensiva, sempre che la si voglia. Ma anche in questo caso la situazione appare davvero drammatica e i governi del nostro Paese non hanno fatto altro che soccombere alle dinamiche di finanziarizzazione e privatizzazione volute dai “padroni del mondo”. Una strategia turbo capitalista, noi preferiamo definirla neoliberista, che provoca crescenti disuguaglianze, impoverisce i lavoratori, distrugge l’economia produttiva, indebolisce la democrazia e punta tutto sul profitto generato dai giochi azionari e finanziari.

Lasciamo da parte Eni e Total, ci ritorneremo con un altro articolo trattando anche la green energy, e concentriamoci brevemente su Stellantis che tra i principali azionisti e investitori privati registra Vanguard, Amundi, JP Morgan e Goldman Sachs. Per capire con chi abbiamo a che fare ricordiamo quanto accaduto alla Gkn di Firenze: tutti i lavoratori licenziati con una mail. E chi c’è tra i maggiori azionisti-investitori della Melrose Industries proprietaria della fabbrica? Il fondo Vanguard e, naturalmente, BlackRock. Licenziati per causa dei giochi finanziari dei neoliberisti a cui non piace il mercato e l’economia produttiva. La stessa sorte subiscono altri stabilimenti nel mondo e il rischio si affaccia su molti altri: la fabbrica di Melfi compresa.

John Elkan, in sue recenti dichiarazioni, ha chiaramente espresso la volontà di investire 6,5 milioni di euro in diverse attività finanziarie. Un paio in particolare: una destinata ai fondi speculativi e un’altra specializzata in mercati privati di cui non si capisce bene quali. Quindi, la strada è tracciata: limitare l’impegno nell’automotive e accrescere gli investimenti nella finanza. Intanto, Stellantis realizza utili miliardari e cresce a due cifre. Si tratta di risultati – scrive Volpi – trainati dal mercato statunitense dove, come dichiarato da Tavares, la società vuole costruire due grandi impianti di produzione di batterie in collaborazione con Samsung. Nel frattempo in Italia il ministro Urso insegue la chimera del milione di auto da produrre nel nostro Paese promettendo a Tavares persino i soldi del Pnrr, soldi pubblici. Tuttavia, dato il ruolo centrale giocato dai dai grandi fondi Amundi e Vanguard nell’azionariato di Stellantis il sogno di Urso e anche dei sindacati sarebbe destinato a cadere. Stellantis si muove con logiche finanziarie e non industriali e produttive.

A questo punto, le ultime domande: come può reggere la sfida una piccola regione, debole, a sviluppo ritardato, piena di dirigenti ma povera di classe dirigente? Soprattutto, ma sono queste le sfide del futuro o dovremmo cambiare assolutamente rotta e costruire una nuova originale identità dei percorsi di sviluppo? Con quali asset e con quale politica?

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