“Aborto libero e sicuro”, le donne della Cgil lucana scrivono a Bardi
La Basilicata, risulta essere la regione con maggior percentuale di “migrazione” verso altre regioni (34,4%) per effettuare l’Interruzione volontaria di gravidanza
Di seguito la lettera del Coordinamento Donne della Cgil Basilicata al presidente della Regione Bardi in occasione della Giornata internazionale per l’aborto ibero e sicuro che si celebra il 28 settembre.
Egregio Presidente, in occasione del 28 settembre, Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, chiediamo la piena esigibilità di questo diritto conquistato dalle lotte delle donne e oggi fortemente messo in discussione sia da scelte politiche che dalle criticità in cui versa il SSN.
I consultori familiari risultano in numero nettamente inferiore rispetto a quanto stabilito dalla normativa, che prevede il target di uno ogni 20mila abitanti, e fanno i conti con la generalizzata carenza di personale, la mancata valorizzazione di tutte le professionalità sanitarie, sociosanitarie e sociali preposte alla tutela della salute delle donne e delle nuove generazioni. I presidi ospedalieri dove si effettuano le IVG non garantiscono un’adeguata copertura nei territori e il pieno rispetto del diritto a una scelta libera e consapevole.
L’accesso all’aborto libero e sicuro nel nostro Paese, reso sempre più difficile, addirittura impossibile in molte strutture a causa della forte presenza di personale obiettore, sia negli ospedali che nei consultori, sta diventando sempre più un calvario che lascia trapelare una cultura punitiva e ostativa nei confronti delle donne e del loro corpo. In particolare, la Basilicata, risulta essere la regione con maggior percentuale di “migrazione” verso altre regioni (34,4%) per effettuare l’IVG. Inoltre, al di sotto della media nazionale, solo il 57% delle strutture ospedaliere e case di cura autorizzate con reparto di ostetricia e/o ginecologia effettuano IVG (4 su 7). La Basilicata ha una percentuale di consultori inferiore alla previsione di legge con lo 0,9% per 20.000 abitanti. La percentuale di obiettori è ben al di sopra della media nazionale, con il 78,6 % di ginecologi obiettori (naz. 63,4), il 63,3% di anestesisti obiettori (naz. 40,5%) e il 57% di obiettori tra il personale non medico (naz. 32,8). [Dati Relazione Annuale Ministro Salute].
Chiediamo con forza che la suddetta norma non possa in alcun modo essere, in questa regione, l’occasione per mascherare come “supporto alla maternità” la lesione di un diritto fondamentale; il benestare, infatti, alla presenza nei consultori delle associazioni “anti-scelta”, le cui azioni sono tradizionalmente caratterizzate dall’uso di un linguaggio violento e colpevolizzante nei confronti della donna, sarebbe, nei fatti un attacco all’autodeterminazione delle donne ma, anche, un attacco alla sanità pubblica e all’organizzazione dei consultori, svuotati di personale e funzioni.
Chiediamo pertanto di garantire: l’accesso a un aborto libero e sicuro attraverso strutture e personale non obiettore in numero adeguato alle esigenze e alle caratteristiche geografiche dei diversi territori; tempistiche certe di pieno rispetto della volontà e della salute delle donne; il ricorso alle pratiche di IVG più sicure e meno invasive per il corpo delle donne attraverso l’adempimento della Circolare del Ministero della Salute dell’agosto del 2020 sull’Aborto farmacologico e il recepimento delle linee guida; il rispetto del target minimo di un consultorio pubblico ogni 20 mila abitanti; assunzioni del personale necessario per garantire i servizi di prossimità e la multidisciplinarietà; il divieto per le associazioni antiabortiste di entrare nelle strutture pubbliche dove si effettua la prima visita e l’accesso all’IVG per garantire la libera scelta delle donne; avere un’informativa completa sullo stato dei consultori in Regione (quali servizi offrono? Con quale personale?) Affinché il diritto all’aborto sicuro e libero sia garantito e alla scelta libera e consapevole, la Cgil continuerà a monitorare i dati, l’incidenza del fenomeno dell’obiezione di coscienza e la presenza e operatività dei consultori e delle strutture sanitarie, a partire dai territori.