Quell’inferno va chiuso

7 agosto 2024 | 11:56
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Quell’inferno va chiuso

Partiti e associazioni chiedono in modo unanime la chiusura del Cpr di Palazzo San Gervasio dopo la morte del 19enne Belmaan Oussama

In attesa dell’autopsia, per chiarire le cause della morte del 23enne Belmaan Oussama al Cpr di Palazzo San Gervasio, arriva unanime, da associazioni, sindacati e partiti, la richiesta di chiudere il centro per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio.

L’autopsia, disposta dalla Procura di Potenza che sta svolgendo indagini per ricostruire la dinamica dei fatti, darà le risposte che mancano. Il giovane è stato trovato morto nel suo letto nel tardo pomeriggio di lunedì 5 luglio: ad accorgersi di quanto accaduto alcuni compagni di stanza. Il procuratore Curcio nella giornata di ieri, in una conferenza stampa convocata per sgombrare il campo da alcune “ricostruzioni non rispondenti al vero! ha escluso in modo categorico che il ragazzo sia stato picchiato, ha però spiegato che nessuna ipotesi può essere esclusa: anche “l’omicidio doloso o colposo e l’atto autolesionistico”.  Il ragazzo nei giorni scorsi avrebbe tentato in suicidio ingerendo alcuni pezzi di vetro e per questo motivo era stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Potenza da dove, dopo le cure del caso aveva fatto rientro nella struttura di Palazzo San Gervasio.

Intanto non si placa l’ondata di indignazione per le condizioni in cui sono detenuti i migranti nel centro per i rimpatri del potentino. Unanime la richiesta di chiusura della struttura che, lo ricordiamo, già era finita al centro di un’inchiesta per la somministrazione massiva di sedativi ai detenuti. E, per dovere di cronaca, ricordiamo pure, la battaglia condotta in solitaria dall’attivista palazzese Maurizio Tritto che negli anni passati con più scioperi della fame ed esposti in procura ha tentato di portare all’attenzione dell’opinione pubblica le condizioni di vita all’interno del Cpr lucano.

Netta la richiesta di Potere al Popolo Basilicata che in una nota ricorda: “i Cpr altro non sono che centri di detenzione dove qualsiasi diritto è negato alle persone recluse”. Potere al Popolo chiama alla lotta e alla mobilitazione tutte le forze democratiche della Basilicata perché i Cpr vengano chiusi in tutta Italia e che venga fatta piena luce sulle colpe e le responsabilità di chi doveva tutelare l’incolumità e la salute di Belmann Oussama.

Parla di galere anche don Marcello Cozzi, presidente del Cestrim: “Li chiamano Centri di permanenza per il rimpatrio ma sono galere, e sono le peggiori, perché lì dentro, non visti da nessuno, accadono le cose peggiori, fino all’annullamento di ogni dignità. Altro che sogni!
Ousamma è morto come due anni fa morì Ozaro, anche lui un ragazzo, anche lui in cerca di una vita dignitosa, anche lui, forse, con una famiglia ad attenderlo che invece non lo ha rivisto più.
Noi non sappiamo come è morto Oussama, sappiamo solo che in quel luogo di detenzione disumana non c’era neanche un medico, come ha giustamente sottolineato il procuratore Francesco Curcio, sappiamo che tra il 2018 e il 2022 in quel girone infernale ci sono stati almeno 35 casi di maltrattamenti e una “menomazione della dignità umana” come accertato e definito dagli stessi inquirenti, sappiamo che mentre in quei luoghi c’è una sospensione della civiltà umana, tutt’intorno c’è un mondo sonnolento, indifferente e silenzioso, come ad Auschwitz ottanta anni fa. E sappiamo infine che davanti a questo orrore c’è ancora chi afferma che bisogna lavorare per rendere dignitosa la permanenza in quei centri.
L’inferno non lo si può rendere dignitoso, l’inferno bisogna chiuderlo. Ousamma è morto perché sta morendo l’umanità in questo nostro Paese. Allah il Misericordioso ci perdoni tutti”, conclude il sacerdote.

“Questi eventi sollevano una serie di questioni urgenti che richiedono risposte chiare e tempestive. Che tipo di assistenza sanitaria viene fornita all’interno del centro? Come vengono trattati i migranti durante la loro permanenza? Quali misure di sicurezza sono in atto per prevenire tragedie come queste? È essenziale che le istituzioni preposte si assumano la responsabilità di garantire la sicurezza e il benessere di ogni individuo presente nei centri di rimpatrio.  Ad affermarlo, in una nota, Libera Libera coordinamento Basilicata e Presidio Vulture Alto Bradano. Inoltre,-aggiunge Libera- dobbiamo riflettere sulle politiche migratorie che portano a tali situazioni. È necessario un approccio più umano e rispettoso dei diritti fondamentali delle persone. I centri di rimpatrio, spesso luoghi di grande sofferenza e disumanizzazione, devono essere riformati o, in alcuni casi, chiusi. Le storie di Belmaan e Osaro non devono essere vane; devono spingerci a un cambiamento concreto e a una maggiore sensibilità nei confronti di chi cerca una vita migliore lontano dalla propria terra d’origine”.

Dello stesso tenore le dichiarazioni dell’Anpi di Potenza: “Dopo i gravi episodi di maltrattamenti documentati nei mesi scorsi da servizi televisivi e giornalistici, la drammatica morte del diciannovenne rende evidente, una volta di più, che il modello offerto dai CPR è sbagliato, perché in questi luoghi si adottano modalità carcerarie, in aperta violazione del dettato costituzionale, senza prevedere alcun percorso di reale accoglienza e integrazione. Dinnanzi a tutto questo, la morte di Belmaan ci conduce a chiedere con ancora più fermezza la chiusura del CPR di Palazzo San Gervasio e la realizzazione di strutture di vera assistenza per dare una risposta concreta e adeguata anche al tema dell’accoglienza stagionale, nel pieno rispetto dei diritti umani, della legalità e delle norme democratiche e civili”.

Di strutture detentive “da chiudere” parla anche la Basilicata Possibile. “Questa ennesima morte assurda all’interno di un Cpr deve spingere la società civile, la politica e la magistratura a un profondo esame di coscienza, e le istituzioni locali a prendere contromisure serie. I Cpr sono a tutti gli effetti strutture detentive, appaltate a cooperative private, pressoché inaccessibili: possono entravi solo i parlamentari in missione, previo preavviso, e comunque ciò non ha impedito che venissero filmate condizioni di vita umilianti e degradanti. C’è di più: gli ospiti dei Cpr sono persone che non hanno commesso reati, semplicemente vi vengono parcheggiati in attesa di essere rispediti nel proprio paese di origine. La loro unica colpa è non essere in possesso del permesso di soggiorno. Le espulsioni avvengono in meno della metà dei casi, quelli per i quali esiste un accordo bilaterale tra l’Italia e il Paese in questione; inoltre, le nuove leggi del governo Meloni prolungano la permanenza nei Centri di Permanenza per i Rimpatri fino a 18 mesi, in un contesto di umiliazioni, restrizione e violenza. La Basilicata Possibile si unisce a quanti gridano forte il no ai Cpr e ne pretendono la chiusura definitiva”.