L’Istituto Padri Trinitari di Venosa e l’assurdo licenziamento di un centralinista con disabilità
Cgil: Il lavoratore, con problemi di deambulazione, avrebbe dovuto bloccare le eventuali “fughe” dalla struttura dei pazienti in “ipotetica crisi”
Una brutta storia che ha davvero dell’incredibile quella di Pietro Griesi, licenziato per “inidoneità permanente alla mansione” da parte dell’Istituto Padri Trinitari di Venosa. Il 61enne, con una disabilità motoria, sin dalla data di assunzione risalente a 12 anni fa, ha sempre svolto le mansioni di centralinista al Centro di riabilitazione e di formazione professionale per persone con disabilità della cittadina oraziana. A raccontarla è Sandra Guglielmi della FP-Cgil di Potenza.
“Dopo una malattia superiore a 60 giorni, nel mese di dicembre 2023, il lavoratore viene inviato dal medico competente per certificare il rientro al lavoro e, nonostante la sua condizione fisica non sia mutata rispetto alle precedenti visite che ne avevano certificato l’idoneità sin dalla data di assunzione, viene dichiarato temporaneamente non idoneo alla mansione per un periodo di tre mesi. A marzo 2024 torna a visita e si vede certificare la permanente inidoneità alla mansione.
Le attuali mansioni del centralista prevederebbero, infatti, oltre allo smistamento chiamate, all’accoglienza visitatori, al controllo presenze con i monitor di videosorveglianza e degli accessi, anche la “possibilità che debba intervenire per bloccare eventuali ospiti/pazienti che manifestassero l’intenzione di uscire dalla struttura non accompagnati (in ipotetica crisi)”.
La mansione di centralinista al centro Padri Trinitari è effettivamente incompatibile con i problemi di deambulazione di Griesi se si deve rispettare quanto riportato nel mansionario dell’Istituto. Mansionario che, presumibilmente, è stato oggetto di una recente modifica, se ad oggi non sono mai stati rilevati problemi. Modifica tra l’altro mai comunicata alle organizzazioni sindacali né al lavoratore. Al momento non riusciamo a datare con precisione l’ipotetica revisione, ma possiamo affermare che nel documento inviato alla commissione medica dell’Asp, a cui il centralinista aveva fatto ricorso avverso il giudizio del medico competente, è riportata la seguente dicitura: DVR_00_Rev.1 del 21/06/2024.
La commissione medica dell’Azienda sanitaria, pertanto, si esprime e, nell’esito del ricorso avverso al giudizio espresso dal medico competente, certifica l’inidoneità alla mansione di centralinista “stante l’articolazione dell’attività strettamente e integralmente uguale a quella prevista nel mansionario”, ma riporta, letteralmente, che il giudizio non sia “pregiudizievole per eventuali attività individualizzate o per altre mansioni da personalizzare tenendo conto delle capacità funzionali del lavoratore”.
Aggiungiamo una ulteriore considerazione: oltre che l’attuale articolazione della mansione del centralinista ci pare davvero poco rispondente ai compiti normalmente assegnati alla categoria, ci pare anzitutto inidonea alla sua stessa preparazione specifica, in quanto la gestione di un paziente in “ipotetica crisi” deve essere fatta da personale adeguatamente addestrato nelle tecniche appropriate per proteggere se stesso, ma anche i diritti e la sicurezza del paziente.
Tuttavia, l’Istituto procede. Nella lettera di licenziamento, a firma del rettore Vito Campanale, viene spiegato al lavoratore che, essendo le funzioni di centralinista da lui disbrigate il livello più elementare presente nell’organigramma, non sono ipotizzabili ulteriori attività scevre da rischi e pertanto si procede a comunicargli il licenziamento per sopravvenuta inidoneità.
L’azienda, a nostro avviso, avrebbe potuto e dovuto risolvere l’esigenza manifestata con il mansionario con un’altra modalità, mantenendo in capo al lavoratore interessato le mansioni sino ad oggi svolte, e tutt’ora esistenti, di mero centralinista, in quanto è evidente che tale scelta non avrebbe certamente richiesto rilevanti modifiche organizzative.
Pur tuttavia la dirigenza dell’Istituto non ha valutato assolutamente tale possibilità, né ritenuto di ascoltare gli input riportati nel verbale della stessa commissione medica, lo Spesal dell’Asp, in cui si parla – è bene ribadirlo – di giudizio non pregiudizievole per eventuali attività da personalizzare, scegliendo così la strada del licenziamento.
Dopo aver approfondito tutta la documentazione, ci siamo convinti che quella dei Padri Trinitari sia stata una semplicemente scelta, per noi profondamente sbagliata, e non un “obbligo di legge a tutela dell’interessato”, come afferma l’Istituto in una replica agli organi di stampa che si sono già interessati al caso.
Come Fp Cgil, pertanto, stiamo seguendo il lavoratore, per tutelare i suoi diritti che riteniamo siano stati lesi. L’ufficio vertenze della Cgil sta provvedendo a inoltrare l’impugnativa del licenziamento e ci rivolgeremo al giudice del lavoro per confermare l’illegittimità di questo licenziamento discriminatorio.
La vicenda del centralinista rappresenta la punta di un iceberg, più o meno sommerso, di una sorta di sistema ormai radicato nell’Istituto, che rischia di rendere fortemente vulnerabili e spaventati i lavoratori, in quanto continuano a susseguirsi ad un ritmo impressionante contestazioni disciplinari, con conseguenti provvedimenti sanzionatori, licenziamenti, ma anche dimissioni volontarie. Nel numero di diverse decine. Fortemente sproporzionato rispetto alle unità lavorative. Una situazione insostenibile per i dipendenti tutti, a causa del potenziale forte stress cui sono sottoposti da tempo e che potrebbe esporli alla sindrome del burnout.
Una situazione che necessita, a nostro avviso, di un cambio di rotta sia per tutelare il benessere di quanti lavorano presso i Padri Trinitari, che per la qualità di assistenza e cura nei confronti di utenti estremamente fragili e vulnerabili che ne potrebbe derivare. Considerato che l’Istituto Padri Trinitari fa parte delle strutture che operano in convenzione per il servizio sanitario regionale, chiediamo che l’azienda sanitaria di Potenza eserciti il suo potere di vigilanza su queste strutture.”
Il lavoratore Pietro Griesi ha dichiarato: “Una grande amarezza, comunque, difficilmente potrà essere rimossa: il Centro di Riabilitazione è nella titolarità dell’Ordine della Santissima Trinità: nel motto dell’Ordine è scritto, tra l’altro, “Captivis Libertas”, liberazione dei perseguitati e degli schiavi. Ma non è licenziando in malo modo e tanto ingiustamente un lavoratore che si rischia di generare un nuovo schiavo del disagio e della povertà?”