La Cassarmonica, il chiosco della musica che può cambiare il volto dei paesi

13 agosto 2024 | 13:36
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La Cassarmonica, il chiosco della musica che può cambiare il volto dei paesi
La Cassarmonica di Grottole

Dalla supponenza della produzione alla logica della creazione: per nuovi ritorni e nuove restanze

La Cassarmonica è il chiosco della musica. In alcuni paesi sono strutture fisse, alcune costruite in cemento armato, che danno lustro alla piazza. Quella di Acquaviva delle Fonti costruita nel 1930, per esempio, o anche quella di Rapallo. Ma ce ne sono tante altre in giro, dei veri gioielli architettonici come quella di Castellammare di Stabia, che sorge nella Villa Comunale, progettata dall’architetto Eugenio Cosenza e consegnata alla città il 28 aprile 1900. La Cassarmonica di Grottole, provincia di Matera, è la più antica della Basilicata: inaugurata il 16 agosto 1924, compie 100 anni. Il primo concerto fu della banda di Grassano. Anche questo un gioiello artistico frutto del lavoro di sapienti artigiani. L’idea di creare un chiosco della musica stabile è sempre partita da una spinta comunitaria.  Gruppi di cittadini mobilitati per la raccolta fondi a cui aderiva l’intera comunità.

Ci sono anche, e sono la maggioranza, i chioschi mobili. La Cassarmonica “rimovibile” che si installa provvisoriamente al centro o nella villa del paese in occasione della festa patronale o di altri importanti eventi gioiosi. Quasi sempre in stile liberty, ma dal disegno ispano-moresco, illuminate ed eleganti, addobbate per la solennità dell’evento. Le migliori sono “un vero e proprio strumento musicale, progettato in modo da amplificare e armonizzare i suoni prodotti al suo interno”.

Ricordo, quando suonavo nella banda musicale, quella emozionante e magica trasformazione della nostra identità di musicanti grazie alla Cassarmonica. Saliti sul chiosco non eravamo più banda musicale, ma “orchestra”. Eravamo orchestra nella percezione del pubblico e nella definizione degli organizzatori. “Sulla Cassarmonica suona l’orchestra.” E noi eravamo musicisti.

Il Chiosco della musica è l’ombelico della storia e della vita di intere generazioni. Intorno a quel “centro del mondo” si sviluppava il senso di appartenenza a una comunità. Possiamo definire la Cassarmonica il tatuaggio della bellezza che si applica alla memoria. Un esempio di meraviglia che nasce nella semplicità. Tanti, grazie al Chiosco hanno imparato ad apprezzare la musica, quella vera. L’imponenza del suono avvolgeva tutto il paese: dal Barbiere di Siviglia alla Traviata, dal Rigoletto alla Cavalleria Rusticana. E molti bambini e bambine per la prima volta sentivano pronunciare i nomi di Verdi, di Rossini, di Mascagni, di Puccini. Una nuova bellezza si affacciava nei loro cuori ancora ingenui, increduli di emozioni fino ad allora ignote.

La Cassarmonica era parte di un circuito rituale che senza soluzione di continuità attraversava la fede religiosa e la festa laica. La preghiera e la gioia. La meditazione e l’allegria. Il sacro e il profano. La Cassarmonica aveva un carattere esuberante e, nell’aria di festa, aiutava il paese a traboccare di vita. In quelle feste la vita faceva riferimento a se stessa, senza subordinarsi a uno scopo, a un obiettivo.

Oggi non so quante Cassarmoniche sopravvivano, fisse o mobili. So che scarseggiano i luoghi che possono ospitarle. I luoghi che uniscono, degni di radunare abbracci e sorrisi. Nei paesi pochi restano e molti non tornano. Bisogna inventarsi nuovi Chioschi della cultura, dell’arte, della musica, della conoscenza proprio in quei luoghi dove il silenzio può creare innovazione: i nostri paesi. Luoghi in cui l’indugiare diventerebbe la materia prima della creatività, della creazione. Qui non c’è più aria per chi ha fretta e vuole trasformare il tempo in materia prima della produttività e della produzione. Non c’è niente da produrre, c’è, invece, molto da creare. Persino l’agricoltura dovrebbe agganciare il futuro con altri strumenti.  Sarebbe bello sentire nuove parole: “qui non produciamo vino, creiamo vino; qui non produciamo arance, creiamo arance.” Pensateci. Sarebbe una rivoluzione: non produciamo aglianico, lo creiamo; non produciamo miele, lo creiamo. Quando entreremo nella logica della creazione, qualcosa potrà cambiare: nuovi Chioschi, nuovi ritorni, nuove “restanze”.