In Basilicata chi inquina paga?

20 agosto 2024 | 10:05
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In Basilicata chi inquina paga?

Genericità di informazioni su vasche rifiuti, fluidi di perforazione, interconnessioni impiantistiche, sostanze utilizzate, fasi d’attività, segnalazioni di sforamento inquinanti ferme da decenni. Come funziona l’inquinamento dell’industria estrattiva in Basilicata?

Nel marzo 2019 la Gas Plus Italia Srl (GPI) dichiara l’inizio di “interventi di riparazione del metanodotto DN3 (diametro 3 pollici) collegante l’area pozzo Varisana2 (Concessione Monte Morrone, foto1) alla centrale ENI di Castelluccio, ricadenti nel comune di Ferrandina”. Lo firma il Direttore Generale Cinzia Triunfo, domiciliata per la carica in Milano. Otto mesi dopo, siamo a Dicembre 2019, parte un Piano di Caratterizzazione (PdC) per un’area pozzo non molto distante, Varisana1. Nel suolo superficiale riscontrano superamenti della Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC) di idrocarburi pesanti, nel suolo profondo superamento idrocarburi pesanti e vanadio, nelle acque sotterranee superamento di ferro, alluminio e manganese. 

Foto1

Solo dopo quattro anni, a settembre 2023, la Regione Basilicata, invia per Varisana1 agli enti preposti comunicazione di parere favorevole del PdC, ricordando che Arpab nel marzo 2020 aveva prescritto a GPI integrazioni con “l’elenco delle sostanze chimiche utilizzate per le diverse fasi d’attività (perforazione, produzione, chiusura mineraria, manutenzione ordinaria e straordinaria delle apparecchiature di superficie)”, e di fornire i dati relativi alle attività di tutto il periodo 1986/2023. Inoltre, si chiedeva di evitare la “genericità delle informazioni” e di corredare il PdC con informazioni relative agli attuali e pregressi impianti presenti sul sito, alle planimetrie storiche e non solo attuali, alle relative sezioni, posizione, sagoma e profondità delle vasche di fluidi di perforazione anche se tombate, alle interconnessioni con altri pozzi, e fornire dati sullo stato di funzionalità/operatività del metanodotto DN3.

Copioni e risultati

Anche per l’area pozzo Masseria Galtieri1 si fa il bis. Il documento sembra lo stesso copione. E a settembre 2023 di nuovo tutti d’accordo a concedere il parere favorevole con le solite prescrizioni. Certo a novembre 2019 il documento inviato dalla GPI non aveva nemmeno i requisiti di un PdC. Per Arpab veniva addirittura “impropriamente” denominato Piano di Caratterizzazione poiché “privo degli elementi minimi obbligatori per tale tipo di documento in quanto non prevede indagini a carico della matrice terreno e le indagini relative alla matrice acqua sotterranea si limitano ad un monitoraggio sui piezometri esistenti”. Strano per una società che dichiara sul sito di Assomineraria che “ha sempre rivolto la propria attenzione verso l’efficienza nella gestione dei processi aziendali, conseguendo nel 2008 la certificazione ISO 9001 (gestione qualità)”. Certo è che per la matrice acque sotterranee risultavano fuori legge nichel e manganese.

Masseria Galtieri1 al catasto risulta al Foglio 79, come ance l’area pozzo Torrente Vella1 della stessa concessione, per la quale il 9 maggio 2024 l’Azienda Sanitaria Locale Matera (ASM,) ha dichiarato “l’insorgenza di una emergenza di carattere sanitario“. E il sindaco di Ferrandina ha emesso ordinanza di “divieto di attingere acqua nell’area in oggetto per uso umano, zootecnico ed agricolo“. In relazione alle indagini delle acque sotterranee dal 2019 al 2023 erano risultati non conformi alle CSC solfati, boro, ferro, manganese, alluminio e nichel. Otto mesi prima, nell’agosto 2023, l’ASM aveva invece espresso parere favorevole: allora fuori CSC risultavano nei terreni i soliti idrocarburi pesanti, e nelle acque solfati boro e manganese “in maniera diffusa e stabile“, ferro alluminio e arsenico in “maniera saltuaria”.

Nel mentre si decideva di aspettare a vietare l’attingimento di quell’acqua, agricoltori e allevatori le avranno usate saltuariamente o stabilmente? La provincia di Matera, nel dare parere favorevole ai vari PdC, ricordava poi che GPI in una nota aveva comunicato il suo potere-dovere di “procedere all’identificazione del responsabiledella contaminazione“. In pratica GPI si tira fuori dall’inquinamento. Del resto già nel 2019 aveva comunicato l’insussistenza di “rischi sanitari e la necessità di attivare le misure di prevenzione/messa sicurezza” qualificandosi come “proprietario incolpevole” perché avrebbe “ereditato la titolarità del sito nel tempo“. Quindi GPI si attribuisce il ruolo del Derrick della situazione che catturerà il colpevole? Fa l’ispettore ma evita di dire in chiari termini da chi ha ereditato. La faccenda sembra surreale.

Società smemorate?

La concessione di coltivazione Monte Morrone dal settembre del 1977 appartiene alla Società Petrolifera italiana (SPI), almeno sino al 1984, data in cui compare in un documento dell’allora Ministero dell’Industria e dell’Artigianato come appartenente alla Società Ricerche Idrocarburi Spa (SO.R.I.) che gli subentra. A ogni modo il controllo della SPI nel ’72 era passato al Gruppo Moratti, la cui gestione s’era protratta fino al ’86, e l’anno dopo passava all’Agip Spa. La SO.R.I del resto ha sede in San Donato Milanese in via Emilia 1, e il 27 gennaio 1996 sulla Gazzetta Ufficiale pubblicava la convocazione degli azionisti presso gli uffici Agip, sempre allo stesso indirizzo, per la fusione per incorporazione nella PetrexSpa, e dodici giorni dopo gli azionisti Petrex specificando “presso gli uffici Agip“.

Senza scomodare azionisti e indirizzi a GPI sarebbe bastato leggersi il PdC di un’area pozzo come Pantaniello1 presentato nel 2003 proprio dalla SPI, dove nei suoli ci hanno trovato oltre il doppio di piombo e circa tre volte di rame e nelle acque quantità spropositate di ferro solfati e manganese, il doppio di cromo esavalente, cloroformio trentaquattro volte oltre limite, dicloroetilene 5 volte superiore, e per finire idrocarburi sessantadue volte oltre il limite.

E che dire di Tredichicchio1, dove ancora ad aprile 2023 veniva evidenziata “una vasta serie di carenze”: dall’assenza di adeguate indagini sufficienti ad aggiornare il quadro delle matrici ambientali del sito alla non conformità dei piezometri esistenti e all’incompletezza dei parametri ricercati nella matrice acque. Era stata sempre la SPI nel 2001 ad avviare l’attivazione di procedure per interventi di messa in sicurezza d’emergenza, e durante le attività di caratterizzazione, nel 2005, Arpab aveva comunicato il superamento della soglia di idrocarburi. Stando a una delibera della Giunta della Basilicata, sino al 2023 per Tredichicchio1 tutto era rimasto bloccato. L’ex consigliere regionale Gianni Perrino aveva denunciato che solo a marzo 2023 la Regione s’era accorta che non era stato dato alcun seguito alla segnalazione del 2005, riattivando il procedimento “dopo aver ricevuto la documentazione del PdC dalla GPI subentrata alla SPI“. E come per altri PdC, la conferenza dei servizi lo aveva respinto richiedendo integrazioni, mentre la GPI comunicava “dinon voler recepire le osservazioni emerse”. Una sorta di me ne frego? Perrino ci ha confermato che per Tredichicchio1 risposte non ne sono mai arrivate.

Cosa accade più a monte?

In questo giro di pozzi e inquinanti bisogna tener conto della concessione Cugno le Macine, a monte di Monte Morrone. Lì tra i pozzi in mano ad Agip dagli anni Cinquanta (oggi qualche pozzo per lo stoccaggio è passato prima alla Geogastock, poi a un’altra società dopo la crisi russo-ucraina), i pozzi Grottole19 e Ferrandina13, poli opposti del giacimento, si evidenzia una falda sotterranea che attraversa anche altre aree pozzo (foto2).

Foto2

Nel PdC del 2003 per Grottole19 si riscontrano idrocarburi pesanti e mercurio, e si scrisse di “possibilità d’esposizione per ingestione di acqua di falda o acqua di sorgente potenzialmente contaminate per la presenza a valle del sito Fontana Valenzano”. L’anno dopo scrissero che nel suolo in qualche punto c’era contaminazione da mercurio e idrocarburi pesanti, che i dati di perforazione mostravano una falda tra 10 e 13 metri sottoterra ma che i campioni di acqua erano puliti. Nel Progetto di bonifica del 2007 scrissero che in merito alla presenza della falda, e al comportamento di bassa mobilità di idrocarburi pesanti e mercurio, era “possibile escludere l’ipotesi di trasporto della contaminazione legato alla lisciviazione da parte delle acque meteoriche nel sottosuolo e successivamente nelle acque sotterranee”.  Tra le sorgenti contaminanti deducibili dalle lavorazioni pregresse ci sono anche solventi organici aromatici, idrocarburi policiclici aromatici, e metalli pesanti come arsenico, cadmio, cromo totale, cromo esavalente, vanadio, piombo e rame. Però scrissero pure che se i contaminanti fossero venuti in contatto con la falda sarebbero stati successivamente veicolati dalla stessa. Cioè se ne sarebbero andati in giro?

Certo nell’area pozzo Ferrandina13, più vicina a Monte Morrone, scrivono che la falda riscontrata, è larga 25 metri e spessa 2,5, e per questo motivo dicono che occorre un’analisi di rischio che tenga conto dell’unico percorso potenzialmente attivo di contaminazione: l’infiltrazione dell’acqua piovana all’interno del suolo inquinato che poi raggiunge la falda (come per Grottole19, e altre aree del resto). Falda dove avvengono fenomeni di “diluizione, trasporto e dispersione”. Benché si escluda la presenza di pozzi d’acqua come punto di esposizione potenziale (in realtà nella zona si attinge dalla falda), scrivono di un pozzo d’acqua localizzato a soli 10 metri dai confini del sito.

A settembre 2003 la contaminazione in quel pozzo fu di 19,8 per il piombo e 56 per il cromo totale (limiti 10 e 50). Di quest’area ne avevamo già scritto. E oltre a falde superficiali probabilmente c’è altro. Dal profilo pozzo Ferrandina4 fatto dall’Agip nel ’59 e perforato sino a 1200 metri usando anche “Rosso sodico”, si scrive che tra 109 e 164 metri sotto terra vi sono manifestazioni di “acqua dolce”. A Cugno le Macine oltre all’impatto della perforazione hanno fatto anche work-over (riparazione o stimolazione di pozzi per resuscitarli). Di questa riserva d’acqua sotterranea, in un mondo dove gli idro-conflitti aumentano per i cambiamenti climatici, la siccità, la desertificazione, è stata messa in conto una possibile contaminazione?