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Cpr di Palazzo San Gervasio: audio choc alimenta dubbi e misteri sulla morte del 23enne

10 agosto 2024 | 12:39
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Cpr di Palazzo San Gervasio: audio choc alimenta dubbi e misteri sulla morte del 23enne
Foto di repertorio

“Io mi sono tagliato, mi hanno massacrato di botte e mi hanno portato in ospedale. Il cibo scarso è immangiabile, si esce a prendere aria solo a discrezione del poliziotto “bravo”, condizioni igieniche insopportabili, continui maltrattamenti”

La morte di un ragazzo immigrato “detenuto” in un carcere che chiamano Centro di permanenza per il rimpatrio, suscita indignazione e allo stesso tempo indifferenza. È così ogni volta, ovunque accada. In un’azienda agricola, in una struttura di trattenimento, per strada o in un tugurio improvvisato per ripararsi la notte. Le responsabilità, spesso, restano ignote. Tuttavia, intorno a questi drammatici episodi, si affaccia l’ombra del mistero. Nel caso di Palazzo San Gervasio, il mistero si presenta sotto forma di domande: il 23enne, prima di morire, è stato picchiato e se sì da chi? Ha subito traumi che hanno causato il decesso a distanza di qualche giorno? Ha ingerito farmaci o di farmaci è stato imbottito? Ma a queste domande, ancora senza risposta, si aggiungono i dubbi che esprime oggi Carlo Vulpio sul Corriere della Sera: “l’altro ieri, con provvedimento del questore di Potenza, sono stati liberati 14 prigionieri, che si sono dati alla macchia: secondo gli avvocati che li rappresentano, proprio quelli che i magistrati avrebbero potuto convocare come testimoni sulla morte del ragazzo.” Liberati prima che scadessero i tre mesi di “detenzione” previsti dalla legge Minniti-Orlando. Chissà perché. Leggendo uno dei decreti di dimissioni la motivazione è semplice: “cessazione di trattenimento a seguito di riduzione capienza del Cpr”.

Una motivazione che non fa una grinza, ma che allarga il fronte dei dubbi. Il ragazzo non aveva alcun problema di salute, era un “palestrato” racconta uno dei suoi ex compagni di “cella”, Hamza Ezzine, a Gervasio Ungolo. Il compagno afferma che il 23enne è stato picchiato, aveva un buco in testa. La Procura, invece, avrebbe detto che il ragazzo non è stato picchiato. La registrazione di quel racconto è stata consegnata alla Procura. Ascoltare quell’audio è come assistere a scene dell’orrore, ti vengono i brividi: il cibo scarso è immangiabile, si esce a prendere aria solo a discrezione del poliziotto “bravo”, condizioni igieniche insopportabili, continui maltrattamenti. Quando per disperazione “ti tagli”, arriva l’infermiere e ti imbottisce di medicine, così dormi. “Io mi sono tagliato, mi hanno massacrato di botte e mi hanno portato in ospedale.”  Insomma, sembra che il racconto sia una replica di fatti ed episodi ordinari e già noti, ma allo stesso tempo ignorati.

Chi picchia i detenuti? Chi fornisce il cibo? Chi pulisce le stanze? Chi somministra i farmaci? Insomma chi ha la responsabilità di quanto accade all’interno dei Cpr? Certo, è tutto il sistema costruito con le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini, Minniti-Orlando ad essere responsabile dell’inferno vissuto dai cosiddetti immigrati clandestini. Tuttavia, dentro quelle carceri qualcuno è più responsabile di altri delle violenze, degli abusi, delle omissioni che si consumano ogni giorno. Vedremo se anche questa volta la faccenda finirà nel dimenticatoio. In questa estate rovente, c’è un’altra verità che viene a galla: l’indifferenza. Lo sforzo delle associazioni e dei movimenti che lottano per i diritti degli immigrati non impatta a sufficienza sull’opinione pubblica. Peccato. Nella foto uno dei 14 decreti di dimissioni emessi dalla Questura

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