Basilicata. I tornei della vanità e gli scalpi della cultura
Premi, premiazioni e premiati nell’estate delle banalità. La testa della cultura appesa ai fari del palco come le salsicce agli uncini della macelleria
Mi ha illuminato Pietrangelo Buttafuoco. In un intervista rilasciata a Roberta Scorranese sul Corriere.it di oggi 11 agosto, alla domanda “che cosa non sopporta oggi del mondo letterario?” Risponde: “I premi. Almeno quelli che si trasformano in tornei di vanità”. Conosco poco Buttafuoco. Tempo fa ci raggiunse in Redazione con Antonello Caporale. Una chiacchierata di un’ora sulla Basilicata e sulle elezioni regionali del 2019. Poi, per caso, lo incontrammo nuovamente io e Giusi Cavallo alla Fiera del libro di Torino l’anno scorso. Conosco, o meglio apprezzo, il suo stile essenziale, gentile, educato. Quella risposta, “non sopporto i premi che si trasformano in tornei di vanità”, è la sintesi di un discorso che provo a pantografare liberamente e ad allargare nella realtà lucana.
Soprattutto in estate abbondano premi, premiazioni e premiati. Iniziative mescolate nel brodo dell’esibizionismo e della vacua mondanità. I premiati servono a dare visibilità alle organizzazioni che premiano, le organizzazioni che premiano si avvalgono dei premiati per provare ad elevare la qualità delle loro premiazioni. Fin qui niente di grave. Il Paese intero è attraversato da questo tipo di iniziative. La questione si fa più seria quando, nell’ambito di manifestazioni estive finanziate anche con risorse pubbliche, si dispensano premi a chiunque faccia parte di circuiti privati di amici e sodali. Insomma, si premiano tra di loro: oggi a te, domani a me. Tra i premiati gente che non certo si è sudato il trofeo. Anche in questo caso niente di grave. Semplicemente fa pena quel provincialismo ipocrita. Ormai un premio non si nega a nessuno, soprattutto quando chi lo consegna ha bisogno di una qualche visibilità. E c’è anche chi accetta quel minuto di “gloria” senza alcun pudore.
Il problema è che tra gli amici e sodali salgono sul podio poeti improvvisati, scrittori inesistenti, pittori senza tela, autori senza creatività. Niente di grave anche in questo caso, siamo in estate, siamo nel gioco della calura. La faccenda si fa seria quando quegli scrittori, poeti e pittori grazie ai premi senza fondamento, senza giurie qualificate, senza critica d’arte si definiscono poeti, poetesse, scrittori e scrittrici, pittori e pittrici credendosi tali. E qui casca l’asino, anzi casca la Basilicata. Nel piattume non emerge nessuno. Questa gente tiene in ostaggio il futuro della cultura.
In questi tornei della vanità simbolicamente ogni premiato e ogni premiante mostrano al pubblico complice e ipocrita lo scalpo della cultura. Le teste della poesia, della letteratura, della pittura, del cinema, del teatro e del giornalismo appese ai fari del palco come le salsicce agli uncini della macelleria. In estate, tra una sagra e una manifestazione autoreferenziale, la cultura muore nel divertimento. Un divertimento che alcuni confondono con il premio Nobel. A proposito di divertimenti, premi a parte, divertitevi davvero, ma senza prendervi sul serio. Il riferimento è anche a chi ha scritto «Disperato Erotico Sud», uno scherzo per carità, ma solo per carità. Certe goliardie spacciate per letteratura fanno bene solo a chi ama le goliardate.