Basilicata. Ancora una volta ognuno pensa ai fatti propri
Dopo la morte del giovane “detenuto” nel Cpr di Palazzo si mobilitano le truppe chiacchierone e autoreferenziali
A poche ore dall’incendio all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio, si aprono le solite danze dell’indignazione a mezzo comunicato stampa. Ognuno fa per sé. Eppure, tutti dicono la stessa cosa: bisogna chiudere quelle prigioni ovunque siano, bisogna cambiare le politiche sull’immigrazione, eccetera eccetera. Il riferimento è soprattutto ai partiti politici e ai sindacati. È una corsa a chi prende la parola per primo, a chi organizza il presidio per primo. Bisogna stare sul pezzo, esserci, farsi notare, prendere posizione. Naturalmente dopo il morto. Nel frattempo tra un morto e l’altro, tra una tortura e l’altra, tra un abuso e l’altro, il Cpr rimane aperto e le politiche per l’immigrazione non cambiano.
Cifarelli del Pd fa l’ennesima scoperta dell’acqua calda visitando la struttura: “ho potuto toccare con mano, ancora una volta, le indegne condizioni in cui sono costretti a vivere gli stranieri trattenuti e sottoposti a detenzione amministrativa”. Ecco, appunto, “ancora una volta.” Siamo d’accordo con il consigliere Pd quando afferma che il “Il fenomeno dei migranti va affrontato con determinazione e nel rispetto della legge e dei diritti delle persone evitando la propaganda.” Evitando la propaganda. Ma nessuno la evita compreso il Partito Democratico. Vorremmo ricordare che queste strutture infernali “furono istituite nel 1998 dalla Legge Turco-Napolitano con il nome di C.P.T. (Centri di Permanenza Temporanea), poi denominati C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione) dalla Legge Bossi-Fini del 2002, ed infine rinominati C.P.R. (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dalla Legge Minniti-Orlando del 2017.” Nessuno scagli la prima pietra, a “sinistra”. E nessuno si nasconda dietro il solito “l’ha voluto l’Europa.” A destra, invece, i Cpr li vogliono e magari se possibile anche qualcosa di peggio. Adesso che al Governo ci sono Meloni e Salvini, è e sarà tutto più difficile. Bisognava pensarci prima.
Ad ogni modo, almeno qui in Basilicata, potrebbe oggi “esplodere” una protesta civile per la tutela della dignità delle persone detenute nel Cpr. Una protesta che potrebbe puntare ad ottenere almeno il “minimo sindacale”: una diversa organizzazione dei servizi e degli spazi, rinforzo dei presidi socio-sanitari e di natura psicologia, introduzione di attività ludiche, culturali e di animazione, maggiore attenzione alle esigenze individuali delle persone. Insomma, meno carcere più ospitalità. Invocare la chiusura del Cpr è lodevole, ma le persone serie sanno che, a cose così fatte, non è possibile, almeno al momento. E poi, chiuso un Cpr qui, se ne apre un altro là. Tuttavia, migliorare le condizioni di vita dei “detenuti”, è possibile.
Ma occorre, ripetiamo, una protesta civile degna di questo nome. Se ognuno fa per sé, come è accaduto in questa settimana, non rimane che la propaganda legata alla contingenza del momento. La protesta, insieme alla proposta, va organizzata in una prospettiva di medio-lungo periodo, caratterizzata da un impegno costante delle forze che, oltre le chiacchiere, vi parteciperebbero. Non servono le iniziative solitarie né le manifestazioni di indignazione della durata di un comunicato stampa o di un post sui social. Se esistono ancora la politica, i movimenti civici e sindacali questo è il momento di marciare insieme affinché a Palazzo San Gervasio accada qualcosa che serva da esempio al Paese. Ammainate le vostre bandiere di parte e issate la bandiera della mobilitazione comune. Un coordinamento tra tutte le sigle e i simboli delle organizzazioni che vogliono fare sul serio.