Banca del Mezzogiorno: il sindacato che non c’è

24 agosto 2024 | 11:40
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Banca del Mezzogiorno: il sindacato che non c’è

Di fronte all’offensiva aziendale le sigle sindacali soccombono, ma i lavoratori non ci stanno

Dopo appena due giorni dalla mancata sottoscrizione dell’accordo relativo al riassetto organizzativo del Gruppo, MCC ha scatenato una violenta ed ottusa campagna di aggressione ai diritti ed alla dignità dei dipendenti BDM (Banca del Mezzogiorno ex Popolare di Bari), con effetti devastanti sulle loro condizioni di vita e di lavoro. I sindacati in un comunicato del 5 luglio scorso parlano di una banca che, “pur essendo ritornata a condizioni patrimoniali di normalità, continua a far sostenere gravosi sacrifici economici ai dipendenti, mentre l’azienda procede ad assunzioni con RAL spropositate, promozioni con tripli salti mortali, assegnazioni di lussuose auto e case, scelte incompatibili con una politica di austerity ancora imposta ai dipendenti BDM” Ma a queste parole sono seguiti i fatti?

A quanto pare in seguito a quel comunicato c’è stato un silenzio lunghissimo e incomprensibile da parte dei sindacati. Forse è il sintomo di una sconcertante assenza di progettualità, mancanza di proposte ed incapacità strategica. Forse perché uno dei problemi sono proprio i sindacati. Umiliati per il ruolo marginale in cui sono stati relegati nel corso della trattativa per il riassetto organizzativo del Gruppo MCC e frastornati dalle accuse di asservimento emerse nel corso di un recente passaggio assembleare, i sindacati di BDM stanno attraversando una fase particolarmente complessa e delicata.

Una parte sempre più consistente di lavoratori li percepisce più distanti, inadeguati ed incapaci di contrastare efficacemente l’offensiva aziendale. E’ questo il quadro che emerge in queste settimane successive al mancato accordo tra l’azienda e i sindacati sul piano industriale del Gruppo Bancario MCC.

Ma che sta succedendo? Lo chiediamo ad alcuni dipendenti che, per ovvie ragioni, vogliono restare anonimi.

“Siamo di fronte a un progressivo ridimensionamento della funzione dei sindacati, frutto di una chiara strategia aziendale – ci spiega Lorenzo (nome di fantasia) – sta crollando la loro credibilità tra i lavoratori.”

Occorre un cambio di passo – aggiunge Antonio (nome di fantasia) – bisogna avere il coraggio di affrontare in maniera aperta il disagio di tutti noi che in questa fase non ci sentiamo rappresentati, fino al punto di aver iniziato a studiare modelli alternativi di tutela e resistenza. E’ indispensabile, pertanto, riprendere una seria coscienza della funzione sindacale, ridefinirne la sua prospettiva ed immaginare nuovi strumenti per ricomporre una rappresentanza sempre più evanescente e disgregata.

Certo è che, in alcuni casi, manca la capacità di distinguere il ruolo del sindacalista dai ruoli aziendali. In alcuni casi sono assenti il distacco, la distanza che bisogna mantenere dai ruoli dirigenziali dell’azienda. E’ una questione etica, un’assunzione di responsabilità (senza deroghe) nei confronti dei lavoratori che gli affidano il proprio destino professionale e umano.

E allora che fare? “E’ arrivato il tempo – spiega Lorenzo – di smetterla con le vecchie liturgie clientelari e scuotersi da questo stato di sonno profondo, iniziando a caratterizzarsi con comportamenti virtuosi e più coerenti con i profili etici e pragmatici della rappresentanza.”

Antonio è più chiaro: “Occorre mettere in piedi una nuova strategia, consapevole e determinata che non sia più disposta ad accettare la politica delle mance, a subire passivamente le scelte aziendali, a farsi trascinare in lunghe ed inconcludenti riunioni, a rinviare all’ infinito la trattazione di argomenti importanti e ad obbedire a quelle umilianti convocazioni on demand, notificate da un’ora all’ altra e funzionali solo alle necessità aziendali.”

Ricordiamo lo sciopero del 17 aprile 2023 dei lavoratori della Banca Popolare di Bari, uno sciopero con un’adesione altissima, i sindacati parlarono di messaggio forte ai vertici aziendali e a quelli della capogruppo MCC. Ci sembra, quindi, che le condizioni di lotta c’erano tutte e che i sindacati non dormivano. “Sì – ci dice Antonio- ma c’è un problema: anziché capitalizzare e cavalcare l’onda di quel successo, rilanciando le rivendicazioni poste alla base dello sciopero, il sindacato si piegò alla strafottenza aziendale, liquidando il tutto con un volantino di mera circostanza le cui “minacce” non hanno poi avuto, come al solito, alcun seguito. In definitiva, le ragioni che avevano portato allo sciopero continuano a tutt’ oggi a non avere risposta e quella giornata si è trasformata solo in un ulteriore addebito sulla busta paga dei lavoratori.”

Interessanti le indicazioni che provengono dall’interno dei lavoratori della BDM. Se abbiamo capito bene in sintesi sarebbe necessario riprendere una più incisiva azione sindacale, passare da una fase passiva e difensiva, in un’ottica unicamente di limitazione del danno, ad una rivendicativa, sviluppando, se necessario, una vertenzialità ragionata, mirata ed efficace.

Tuttavia, crediamo che rilanciare nella direzione auspicata dai lavoratori costerà altra fatica, molta fatica. Soprattutto perché bisognerebbe rinunciare ad ogni forma di consociativismo ed essere in grado di costruire condizioni di libertà di azione senza alcun condizionamento. Non ci sono alternative: o i sindacati escono dal pantano in cui si sono cacciati e dalla “marginalità” rispetto alle politiche aziendali, oppure il futuro per molti dei lavoratori della banca si tingerà sempre più di grigio.