Stellantis, Melfi: “Mi hanno spinta a licenziarmi”
Le lacrime di una lavoratrice che ha accettato l’incentivo ma che è ancora “giovane” per la pensione. “Troppo stress, non ho retto più”
“I primi mesi me ne sono fatta una malattia, era come se fosse morto qualcuno o qualcosa dentro di me, ora lentamente inizio ad abituarmi”. A parlare è una lavoratrice Stellantis che qualche mese fa ha accettato l’incentivo al licenziamento proposto dalla multinazionale perché’ era ormai esasperata e impaurita da quanto stava accadendo. ‘A settembre scorso, alla soglia dei 60 anni volevano impormi di andare a Pomigliano”, svela. “Dopo 30 anni di lavoro qui dentro, dal Montaggio alla Qualità per poi tornare ancora sulla linea, ho accettato e fatto di tutto”. Ma quell’ennesimo schiaffo della ‘trasferta obbligatoria’ non poteva mandarlo giù.
Lo scorso autunno dopo un brevissimo periodo di “malattia” ha gettato i remi in barca. “Mi hanno spinta a licenziarmi – confessa – dovevo lavorare almeno altri 3 anni per agganciare i minimi di pensione, ma non ho retto, sembrava uno schema fatto a posta per mandarci a casa prima del tempo, per liberarsi di noi”. E ancora: “Ho lavorato al Montaggio, poi alla Qualità e ancora mi hanno rispedita alle Porte. Chi lavora lì sa cosa vuol dire. E non è mai stata la fatica a farmi paura”. Sono le voci che giravano e che ancora girano, a impaurire di più. “Ci dicevano che dovevamo accettare l’incentivo al licenziamento, che domani non avremmo avuto neanche quello”. E così, in un momento di debolezza e davanti all’aut aut della trasferta la lavoratrice non ha retto l’urto. Ha mollato, portando a casa almeno l’incentivo. “Ma non sono affatto contenta – ammette con voce rauca – sono ancora giovane”.
A questo punto dovrà riorganizzare la sua vita. “Ho ancora tanta voglia di fare, non posso certo rinchiudermi in casa, andrei in depressione”. Una mezza vita davanti e neanche 60 anni all’anagrafe. “Se ci penso sto male – conclude con grande amarezza – ma in quelle condizioni e con quello stress addosso non ce la facevo più”. Parla, ha voglia di sfogarsi “Ma guardate che ero una grande lavoratrice – assicura – capitava che anche la pausa sacrificavamo per non fermare la linea, per amore del lavoro”. All’improvviso tronca il suo racconto. Si rifugia in un pianto liberatorio, dopo 30 lunghi anni. Ma è già tempo di guardare a domani, alla futura vita. Troppo giovane per la pensione e con tanta voglia di lavorare ancora in corpo. Un nodo in gola e un domani da reinventare. Ma ci sarà tempo. Poi si vedrà.