Basilicata, Unibas penultima nella classifica delle piccole università italiane
I dati del rapporto Censis non premiano l’ateneo lucano
Nella classifica stilata dal Censis sulle università italiane, edizione 2024/2025 quella della Basilicata, che rientra nella sezione dei “piccoli atenei”, è la penultima.
Si tratta-spiega il Censis- di un’articolata analisi del sistema universitario italiano (atenei statali e non statali, divisi in categorie omogenee per dimensioni) basata sulla valutazione delle strutture disponibili, dei servizi erogati, del livello di internazionalizzazione, della capacità di comunicazione 2.0 e della occupabilità. Complessivamente, sono 70 le classifiche stilate, a partire da una batteria di 948 variabili considerate.
Nella classifica dei piccoli atenei statali (fino a 10.000 iscritti) -si legge nel Rapporto-continua a occupare il primo posto l’Università di Camerino, con un punteggio complessivo pari a 98,8, seguita dall’Università della Tuscia, che con 88,5 mantiene stabile la seconda posizione. Stabili anche l’Università di Macerata (86,7) e l’Università di Cassino (86,0) in terza e quarta posizione, seguite dall’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che si classifica quinta (83,3), sorpassando l’Università del Sannio, quest’anno in sesta posizione (82,7). Al settimo posto si conferma l’Università di Teramo (80,8), seguita dall’Università del Molise (80,7). La penultima e l’ultima posizione sono, infine, occupate dall’Università della Basilicata (80,2) e da una new entry, l’Università di Napoli L’Orientale (79,7), fino allo scorso anno nel gruppo dei medi atenei statali
La Classifica Censis delle Università italiane, composta complessivamente da 70 graduatorie, a partire da una batteria di 963 variabili considerate, viene elaborata da oltre vent’anni con “l’intento di accompagnare i giovani diplomati nelle loro scelte universitarie”.
In generale, in Italia, dopo l’aumento delle immatricolazioni rilevata lo scorso anno (+3,3%), i dati provvisori riferiti all’anno accademico 2023-2024, al momento ancora non consolidati, registrano una sostanziale stabilità. I dati provvisori rilevati ad aprile 2024, periodo di riferimento della rilevazione, confrontati con quelli omogenei di aprile 2023, evidenziano, infatti, una diminuzione di un marginale -0,2%, equivalente in valore assoluto a 579 neoiscritti in meno.
A livello territoriale la situazione è eterogenea: sono cresciute le immatricolazioni soprattutto negli atenei del Sud e isole (+4,2%) e a seguire
in quelli del Nord-Est (+1,2%). Sono diminuite, invece, in quelli del Centro (-3,6%) e del Nord-Ovest (-2,5%). Un aspetto incoraggiante sul lato della domanda di istruzione universitaria è rappresentato dall’aumento delle studentesse. Se i neoiscritti maschi sono diminuiti di oltre un punto percentuale (-1,1%), infatti, così non è stato per le neoiscritte, che hanno fatto registrare un incremento dello 0,5%. Ciò che è interessante osservare sono soprattutto gli ambiti disciplinari dove le nuove studentesse sono aumentate: non solo quelli tradizionalmente a vocazione femminile, come i corsi di laurea di educazione e formazione (+6,1%), ma anche quelli dell’ambito medico-sanitario e farmaceutico (+10,0%, al pari dei colleghi maschi, cresciuti del 10,2%).
Stesso discorso per le discipline Stem, dove, a fronte di un aumento delle studentesse, si riscontra un decremento della componente maschile. È così per architettura e ingegneria civile (le neo-immatricolate sono +6,4%, i neo-immatricolati -1,9%) e ingegneria industriale e dell’informazione (+2,9% a fronte di -0,8%). Inoltre, se è vero che per informatica e tecnologie Ict anche i maschi continuano a crescere (+1,2%), le donne che hanno scelto queste discipline sono aumentate comunque molto di più (+12,5%). Sono segnali che testimoniano un’evoluzione in corso che, per quanto lenta, prefigura una futura riduzione del persistente divario di genere in un campo, quello delle cosiddette discipline dure, ancora troppo connotato al maschile
La valutazione degli Atenei è avvenuta attraverso l’analisi di sei famiglie di indicatori: i servizi, le borse di studio e i contributi, le strutture, il sito we, l’internazionalizzazione e l’occupabilità (valutata solo per gli atenei statali).