Basilicata. Non chiamateli “invisibili”

12 luglio 2024 | 17:13
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Basilicata. Non chiamateli “invisibili”

Sono 1800 persone chiaramente visibili, da anni. Vivono tra parentesi la loro stessa esistenza ferita nella dignità: gli ex Tis e Rmi

Lavorano senza contratto, senza diritti, senza assicurazione sociale: sono le donne e gli uomini dell’ex programma Tis (Tirocini di inclusione sociale) e Rmi (Reddito minimo di inclusione). Dovevano essere inseriti nel mondo del lavoro con un progetto regionale, ma ancora oggi sono ingabbiati nella precarietà permanente. Sembra una strada senza via d’uscita dall’incertezza sul futuro. Lottano da due anni, con manifestazioni e con la tenda accampata davanti la sede della Regione Basilicata. Altro che invisibili. Di recente la Regione ha stanziato altri 16 milioni di euro in gran parte affidati al Consorzio di Bonifica. Un carrozzone per distribuire prebende e incarichi utili per assetare i campi di grano. Ancora risorse per continuare a tenere sulla graticola quasi duemila famiglie.

Oltre la gabbia, c’è la subordinazione al potere di capi e capetti. Un potere strumentale che gioca sulla dinamica minaccia-speranza o, se volete, sul filo della tensione tra paura e promesse. La politica in primis usa questo gioco per mantenere il potere nei confronti di questi “non lavoratori”. Come? Possono prendere e dare loro qualcosa e possono trasformare questa facoltà in minacce e promesse in grado di guidarli continuamente nell’incertezza (Cito a soggetto Popitz, 2001). E poi ci si mettono i capetti nominati dai dirigenti perché essi hanno il potere di “punire” e ricompensare. Paura, o minaccia, che si chiudano le porte del futuro e la speranza di ottenere una stabilizzazione lavorativa. Speranza e minaccia, ripetiamo, sono gli strumenti nelle mani di chi esercita il potere su altre persone.

È per questo che le donne e gli uomini che chiamate “invisibili” vivono tra parentesi la loro stessa esistenza ferita nella dignità. Il potere su di loro funziona, appunto, solo se sfrutta la tensione sul futuro, la preoccupazione per il futuro. “I padroni della partita” hanno questo potere: offrire una speranza o minacciare che quella speranza venga delusa per sempre. Le stesse dinamiche si verificano alla Stellantis e nelle aziende dell’indotto, negli insediamenti petroliferi di Tempa Rossa e della Val d’Agri. La “violenza simbolica” di una promessa di lavoro non è diversa dalla “violenza simbolica” della minaccia di perderlo. Ecco, una discussione su questo andrebbe aperta, magari qualche idea inedita sulla costruzione di scenari futuri verrebbe a galla. Intanto, si sappia, che questa platea di uomini e donne alla ricerca di una stabilizzazione è stata creata da una politica scellerata.

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