Raccomandare non è reato: ecco perché Marcello Pittella è innocente

27 maggio 2024 | 12:40
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Raccomandare non è reato: ecco perché Marcello Pittella è innocente
Marcello Pittella

La Corte d’appello di Potenza ha depositato le motivazioni dell’assoluzione dell’ex presidente

Le motivazioni con cui la Corte d’appello di Potenza ha assolto anche in secondo grado Marcello Pittella dalle accuse che nel 2013 lo portarono all’arresto, appaiono incontestabili. Già la Cassazione il 30 settembre 2019 si pronunciò: “Va escluso ogni rilievo penale, quale forma di concorso morale nel reato, alla mera “raccomandazione” in quanto tale, cui non seguano altri comportamenti fattivi, poiché essa, di per sé sola, non ha alcuna efficacia causale sul comportamento del soggetto attivo che “riceve” la “raccomandazione”, il quale rimane libero di aderire o meno. Insomma, raccomandare, nel caso di Pittella, non prefigura un reato. Non ci addentriamo in questioni giuridiche, anche se sul punto la questione andrebbe affrontata in modo ampio: la raccomandazione è quasi sempre legale, ma non sempre.

Ci addentriamo, invece, su alcune considerazioni sociali o, se volete, ideali o morali. E lo facciamo da questo giornale che al momento dell’arresto di Pittella prese una posizione netta nei confronti della magistratura.

“Per raccomandazione s’intende, comunemente, un’azione o una condizione che favorisce un soggetto, detto raccomandato, nell’ambito di una procedura di valutazione o selezione, a prescindere dalle finalità apparenti della procedura. Per essere tale, la raccomandazione deve coinvolgere un altro soggetto, detto raccomandante o sponsor, il quale esercita un’influenza sulla procedura di valutazione, indipendentemente dalle qualità del soggetto raccomandato. Sul piano etico, e quindi sul giudizio morale da dare, il punto è che lo sponsor o raccomandante, formalmente estraneo alla procedura di valutazione, interviene per indirizzarla in un certo modo, con una semplice segnalazione, oppure una pressione vera e propria, presso uno o più decisori coinvolti nella procedura di valutazione, raccomandatari. In effetti, il raccomandante utilizza la propria posizione sociale e il proprio potere per influire sul risultato della procedura.” (Ferruccio Marzano)

Infatti i decisori coinvolti nella procedura del concorso per funzionari amministrativi dell’Asm sono stati condannati, mentre Pittella, estraneo alla procedura, è stato assolto.

Dobbiamo tuttavia evidenziare che segnalare o raccomandare un concorrente in un concorso pubblico, già prefigura una eventuale manipolazione delle procedure. Raccomandare una persona professionalmente mediocre, ma gradito al raccomandante per diverse ragioni, potrebbe avere delle conseguenze anche gravi. Immaginate un medico immeritevole raccomandato nella posizione di primario in un ospedale. Immaginate un impiegato qualunque che, grazie a una raccomandazione, diventa dirigente in un ufficio delicato per la vita dei cittadini. I casi possono essere tanti e ben noti all’opinione pubblica. Eppure, i concorsi pubblici dovrebbero seguire criteri finalizzati a scegliere i concorrenti più preparati e i più idonei. Tuttavia, da queste parti, prevalgono spesso il nepotismo e il clientelismo che si affermano nella pratica corrente della raccomandazione. Una pratica che danneggia tutti, favorendo qualcuno.

E questa pratica ha molto a che fare con lo sviluppo di un territorio, con la fiducia nelle istituzioni e con la coesione sociale. Tutte variabili che in un modo o nell’altro disturbano e in alcuni casi annullano tutti gli sforzi per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. È la causa della mediocrità che pervade gran parte della classe dirigente lucana. È una pratica da disprezzare e da condannare sul piano morale e politico. E’ un’azione discriminatoria che fa leva sulla violenza simbolica del potere. Purtroppo in Basilicata la raccomandazione è non solo prassi, ma cultura che pervade ogni angolo della vita sociale. Tra il raccomandato e il raccomandante c’è uno scambio di convenienze e nessuno dei due può ritenersi immune da una condanna morale. Il problema, però, è che in giro di condanne morali e di sanzioni sociali non c’è nemmeno l’ombra.