Il mercato della sanità in Basilicata: storia di affari, di politica e di cliniche private

26 maggio 2024 | 13:00
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Il mercato della sanità in Basilicata: storia di affari, di politica e di cliniche private
Il nuovo ospedale in costruzione

Dalla ex Luccioni ai nuovi padroni dei posti letto. Chi sono i protagonisti della nascente nuova attività di ricovero e cura multispecialistica a Potenza?

Ricordate la ex Clinica Luccioni poi diventata Istituto Clinico Lucano? Tutto parte da lì. Dal “fallimento” di una realtà sanitaria privata tra le più antiche e conosciute in Basilicata. E’ il 2016 quando l’amministratore unico dell’Istituto Clinico Lucano, Walter Di Marzo annuncia: “Perché la clinica possa vivere chiedo due cose: l’aumento dei posti letto e un budget che almeno copra i costi e ci permetta di raggiungere il break even point. La Regione deve solo dire se vuole che restiamo e continuiamo il nostro servizio o meno.  Nonostante gli schiaffi che ho preso, non ho perso l’entusiasmo. La Luccioni è l’unica clinica privata in Basilicata i cittadini hanno il diritto di scegliere tra sanità pubblica e privata. E chi non trova una clinica sotto casa sicuramente andrà a cercarla altrove.”

Ma che stava succedendo? Dopo una fase di declino e di crisi della Clinica, si cambia passo nel 2013 con Walter Di Marzo, già socio della vecchia società di gestione. Prende in mano la struttura e rilancia con la nuova società: l’Istituto Clinico Lucano. Dopo pochi mesi la Clinica sembra in ripresa. Nel febbraio 2014 Di Marzo fa sapere attraverso la stampa le sue intenzioni: “Si passerà da una quarantina di dipendenti a circa un centinaio. Nuove unità operative, installazione di macchinari e strumentazioni tecnologiche avanzate di sala operatoria. Tra questi c’è il consolidamento e l’avvio di nuove unità operative quali quelle di Urologia, Ginecologia, Neurochirurgia, Oculistica, Medicina e Chirurgia Odontoiatrica, che vanno ad aggiungersi a quelle già attive.  Grande attenzione è rivolta all’attività di diagnostica, che oltre a supportare i reparti chirurgici, può contribuire a ridurre le liste d’attesa e la migrazione sanitaria. L’intenzione è quella di diventare una struttura competitiva a livello nazionale e di superare gli standard qualitativi del settore, al fine di poter attrarre una mobilità attiva”. Una bella sfida. Solo fumo? Fatto sta che poco dopo cominciano i guai.

IL CONTENZIOSO, I LICENZIAMENTI, GLI ARRESTI E IL RINVIO A GIUDIZIO

Proviamo a semplificare a grandi linee la complessa vicenda. La Regione contesta alla Clinica la carenza di requisiti strutturali in base alle nuove norme anche regionali intervenute nel frattempo e decide di negare il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività alla Clinica. La Società di gestione ricorre al Tar contro il provvedimento. La Regione farà ricorso al Consiglio di Stato che lo accoglierà nel settembre 2015 confermando il diniego al rinnovo dell’autorizzazione.

A novembre 2015, il Consiglio regionale vota un provvedimento che consente la prosecuzione delle attività dell’Istituto obbligandolo alla presentazione di un progetto esecutivo con cronoprogramma vincolante per l’ultimazione dei lavori di adeguamento ai requisiti previsti dalla normativa vigente. In alternativa la legge regionale consentiva il trasferimento in altra sede idonea, tempo tre mesi. Pare però che già con una lettera del 2014 la Clinica chiese alla Regione Basilicata la possibilità di delocalizzare, individuando come sito idoneo la struttura del Principe di Piemonte in via don Minozzi. “Una lettera che non ha mai avuto risposta. Con questa, sarebbero tre le ipotesi di delocalizzazione: “Tutte – aveva spiegato Di Marzo – con nessun problema di autorizzazione urbanistica. Ciò significa che una volta presentato il progetto, questo va solo approvato”. L’istituto propone un piano di adeguamento e trasferimento per 80 posti letto di cui 60 in accreditamento e 20 in regime di libera attività, ma chiarisce che in tre mesi è impossibile: “occorrono dai 30 mesi ai 2 anni, dirà Walter Di Marzo nell’ottobre 2015. Sono fiducioso. Se si vuole una soluzione si può trovare, basta un provvedimento in cui venga stabilito un cronoprogramma che renda fattibile la delocalizzazione”.

Nel frattempo però, arriva un’altra grana. L’Asp, nel dicembre 2016, sospende il contratto in essere con la Clinica per l’acquisto di prestazioni sanitarie ospedaliere in regime di ricovero. Sorge un contenzioso che causa il licenziamento di 32 lavoratori. L’Azienda sanitaria di Potenza, diretta allora da Giovanni Bochicchio, aveva avviato una serie di verifiche sulle fatture emesse dalla Clinica per le prestazioni effettuate e sulle condizioni di alcuni locali adibiti all’attività medica. Dalle verifiche sarebbero emerse criticità e anomalie, inadempienze e persino irregolarità che hanno indotto l’Asp a sospendere il contratto con l’Istituto, fino a alla decisione di sospendere anche i pagamenti per le prestazioni ambulatoriali già rese. L’’Istituto si oppone e illustra le sue ragioni in audizione nella Commissione del Consiglio regionale competente.

Si apre così un fronte di crisi nel quadro di un complicato contenzioso che causa numerosi licenziamenti il 9 maggio 2017: circa 130 lavoratori. In pratica la clinica non è più nelle condizioni di operare.

Nel frattempo la questione finisce nelle mani della magistratura. L’Asp conclude le verifiche nell’estate del 2018. Secondo la cronaca giornalistica di allora furono scoperte anomalie su oltre 3.800 casi esaminati, mentre su 6.500 casi avrebbero deciso i giudici in seguito all’inchiesta avviata dai Pm potentini. Qui la cronaca del Quotidiano del Sudche spiega cosa accade in quei giorni.

La faccenda era finita anche nelle mani della Corte dei Conti che nel luglio 2018 aveva accertato un danno erariale di oltre 7 milioni di euro ai danni dell’Asp e condannato i vertici della Clinica.

Fatto sta che le indagini sulle presunte cartelle cliniche “gonfiate” e sui presunti “falsi” interventi chirurgici causano, nel marzo 2018, gli arresti ai domiciliaridell’amministratore unico dell’Istituto Clinico Lucano, di due chirurghi della stessa clinica, e di un medico dell’Asp. Divieto di dimora, invece, per i direttori sanitario e amministrativo della clinica. Il 19 gennaio 2019 il gip di Potenza, Lucio Setola, rinvia a giudizio nove persone: l’amministratore unico dell’Istituto gli ex direttori sanitario e amministrativo, due medici, un dirigente medico dell’Asp, uno dei fornitori di kit medici, e altri due. Il processo è ancora in corso.

Chi furono i protagonisti della storia fino a questo punto? A parte i dirigenti della Clinica: la Regione Basilicata con l’allora presidente Marcello Pittella e la vicepresidente Flavia Franconi; L’Azienda Sanitaria di Potenza, con l’allora direttore generale Giovanni Bochicchio prima e Massimo De Fino poi in qualità di commissario facente funzioni, a cui si aggiunge Maria Mariani, allora dirigente di struttura complessa e teste chiave nel processo a carico dei dirigenti della Clinica; la magistratura e ampi settori della stampa locale; i lavoratori, a tratti usati come merce di scambio e strumento di pressione; e, forse, qualcuno dietro le quinte.

UNA MORTE ANNUNCIATA?

La clinica praticamente aveva già chiuso i battenti nel 2017. Ufficialmente e formalmente cessa definitivamente l’attività il 31 luglio 2018 a seguito del decreto del Presidente della Giunta Regionale che stabilisce la decadenza dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di chirurgica generale, ortopedia, traumatologia e dunque la chiusura della struttura per l’attività di ricovero. In seguito la decadenza riguarderà ogni effetto dell’accreditamento tra le strutture della sanità privata sempre relativamente al ricovero ospedaliero. La chiusura dell’ospedale privato, nei fatti, come abbiamo visto, sembrava già decretata da una serie di accadimenti innescati subito dopo il febbraio 2014 quando l’amministratore unico dell’Istituto Clinico Lucano annuncia il rilancio della struttura sanitaria privata. Tutto accade nel periodo della Giunta Pittella-Franconi.

A prescindere dalle responsabilità oggettive e soggettive, a prescindere da alcuni fatti non ancora chiariti e dall’esito del processo, il dubbio che sulla Clinica ci sia stato un particolare accanimento è legittimo. Lo stesso Walter Di Marzo nel 2016 parla di “schiaffi ricevuti”, e nel 2015 dichiara: “Non ho mai preso in considerazione l’idea di vendere. E se qualcuno si è messo in testa di poter rilevare la clinica è meglio che lasci perdere.” A chi si riferiva?

SE NON È POSSIBILE RILEVARLA È POSSIBILE SOSTITUIRLA

E’ il dicembre 2018, l’imprenditore potentino della sanità privata, Enzo Basentini, annuncia un progetto da 12 milioni per il rilancio della struttura. Lo annuncia in una conferenza stampa convocata ad hoc. C’era lui, qualche dirigente regionale, l’assessore all’edilizia del Comune di Potenza, alcuni lavoratori: assenti i sindacati. Promette una nuova struttura da 5mila metri quadrati e 40 medici già disponibili. Il progetto riguarderebbe altri 3 o 4 imprenditori, di cui non si è mai saputo il nome, disposti ad investire. Tuttavia il progetto – afferma Basentini – “sarà presentato soltanto quando si avrà la certezza che alla Regione Basilicata avranno intenzione di fare sul serio”.  Nel frattempo dalla Regione non sarebbero arrivati segnali. E così Basentini nel marzo 2019 rilancia: “Farò la clinica, andrò avanti anche senza la Regione.” La Clinica di Basentini ad oggi non si è ancora vista. Chissà a chi si riferiva l’imprenditore quando, in quel marzo 2019 in un’intervista rilasciata a un quotidiano locale affermò: “Non ci aiutano perché non facciamo gli interessi che interessano a loro…ci dobbiamo pensare molto su quello che diciamo perché poi sai questi signori sono pericolosi.”

MA C’È CHI HA GIÀ IN MANO IL NUOVO OSPEDALE PRIVATO 

Mentre in quegli anni Basentini parla di progetto, un’altra cordata è già all’opera per incassare i frutti del decesso della ex Luccioni: Cliniche della Basilicata S.r.l. La Società viene costituita a fatto certo, subito dopo la cessazione formale dell’attività della ex clinica Luccioni, il 2 ottobre 2018. Tuttavia le ipotesi, i preparativi e le trattative si sarebbero sviluppati già dal 2016. Insomma, il progetto sarebbe stato tenuto in freezer in attesa degli eventi. Due settimane dopo la costituzione, il 16 ottobre 2018, l’amministratore delegato della Società chiede alla Regione la verifica di compatibilità, verifica necessaria ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie.

Il 9 luglio 2019 con decreto del presidente dalla Giunta Regionale vengono concesse: una verifica di compatibilità positiva per la realizzazione nel Comune di Potenza, in Largo Don Uva 2, della struttura sanitaria con 60 posti letto per acuti per l’attività di ricovero nelle discipline di Chirurgia Generale (30 posti) di Ortopedia e Traumatologia (30 posti) unitamente alle attività/servizi ambulatoriali connessi all’attività di ricovero”;una verifica di compatibilità positiva per la realizzazione, sempre nello stesso luogo, della struttura sanitaria per 20 posti letto per acuti per l’attività di ricovero nelle discipline di Cardiochirurgia, Medicina Generale, Neurochirurgia, Ostetricia e Ginecologia ed Urologia (4 posti letto per ogni specialità), unitamente alle attività/servizi ambulatoriali connessi all’attività di ricovero e alla diagnostica per immagini-Radiologia diagnostica (Tac, Rmn settoriale non superiore a 0,5 Tesla, Moc, Rx, Ecografie)”. 

Con la chiusura definitiva della ex clinica Luccioni si sarebbe verificata una carenza di posti letto per acuti rispetto al fabbisogno non più coperta da strutture private convenzionate. A quel punto perché la Regione non ha ritenuto di rivedere, nel quadro della programmazione sanitaria, il piano ospedaliero per acuti, valutando anche la possibilità, o l’opportunità, di evitare la chiusura di qualche reparto ospedaliero pubblico o evitare la riduzione di posti letto nelle strutture pubbliche? Chissà se qualcuno vorrà rispondere.

Nella foto, l’ospedale della Società Cliniche della Basilicata S.r.l., in costruzione ospedale in largo don uva

L’ENIGMA DEGLI EX LAVORATORI DELLA LUCCIONI 

Il 15 luglio del 2019, a una settimana dalla verifica della compatibilità, sarebbe stato sottoscritto un accordo tra la Regione Basilicata, l’Asp di Potenza, le organizzazioni sindacali e la società Cliniche della Basilicata S.r.l. Con quell’accordo la Società Cliniche della Basilicata si sarebbe impegnata a riassumere tutti i dipendenti ex Luccioni in stato di inoccupazione stabile. Entro il mese di luglio tutti i lavoratori sarebbero stati convocati per la verifica dei profili professionali e per l’avvio dell’eventuale percorso di riqualificazione professionale. “Nelle more della realizzazione della nuova struttura – scrive il sindacato Fials in quelle ore – i lavoratori saranno temporaneamente occupati nelle varie strutture del Gruppo, con priorità al personale del tutto inoccupato e privo di sostegno al reddito”. Quanti degli ex lavoratori siano stati assorbiti dal Gruppo (quale Gruppo, da chi del Gruppo?), non è dato sapere con precisione. Forse 20 o 24, ma da chi? Ci dicono dalla Universo Salute al Don Uva. Eppure, secondo il Quotidiano del Sud in un articolo pubblicato il 30 agosto 2020, “in merito a Cliniche della Basilicata va precisato che lo scorso 27 agosto l’amministratore delegato Adriano Trupo ha smentito di avere rapporti con Universo salute”. In altra circostanza avrebbe affermato che ex lavoratori della Luccioni sarebbero stati assunti da Cliniche Basilicata S.r.l., peccato che all’epoca dei fatti la Società non fosse operativa. Insomma, la faccenda non è molto chiara. Resta il fatto che il nuovo ospedale privato che nasce su un terreno adiacente alla Casa di Cura “Don Uva” gestita da Universo Salute Basilicata S.r.l., è quasi pronto. I tempi tra ricorsi, covid e altri intoppi sono stati più lunghi del previsto. Intanto, la questione dei lavoratori si è smarrita, ormai quella leva di pressione non serve più. Sempre sul Quotidiano del Sud del 30 agosto, l’articolista ipotizza che alcuni politici lucani “in società” con la “Universo salute” sarebbero già inseriti in “Cliniche della Basilicata”.

CLINCHE DELLA BASILICATA SRL: UNA NUOVA SOCIETÀ TRA VECCHIE CONOSCENZE

La Società nasce il 2 marzo 2018 e inizia l’attività il 1° ottobre 2019. La sede legale è in Largo Don Uva, 2 a Potenza. Codice Ateco “gestione ospedali e case di cura”. Il capitale sociale alla data dell’8 maggio 2014 è pari a 300mila euro. La proprietà è suddivisa tra GPI S.p.A., (67%), GHS S.r.l. (8%), Universo Salute Basilicata S.r.l. (25%). Presidente del Consiglio di amministrazione è Fausto Manzana, CEO DI GPI; amministratore delegato è Adriano Trupo fondatore e amministratore unico della GHS S.r.l., procuratore speciale della GPI, componente del Consiglio direttivo del Cluster Lucano dell’Aerospazio; Consigliere di amministrazione è Luca Vigilante, amministratore unico di Universo Salute Basilicata S.r.l. e amministratore delegato di Universo Salute S.r.l. Ci facciamo subito una domanda: perché loro e non altri?

IL GRUPPO GPI

Il Gruppo Gpi da molti anni opera in Basilicata, grazie all’intraprendenza del suo procuratore speciale Adriano Trupo e alle Società dello stesso Trupo.

Gpi, insieme a Publisys S.p.a. , è dunque già presente da tempo in Basilicata, in particolare nella gestione del Sistema informativo sanitario regionale, nelle sedi di Potenza e Matera. Per quanto riguarda i servizi Cup, il Raggruppamento guidato da Gpi si è occupato delle funzioni necessarie a garantire il servizio multicanale (Contact Center, Sportello, Web, App) per la prenotazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e di assistenza agli utenti. Per il Software, invece, in aggiunta alle tecnologie necessarie per l’esecuzione dei servizi Care, ha fornito tutte le soluzioni informatiche per l’attuazione dell’Agenda Digitale sul territorio regionale. GPI è società quotata in borsa dal 2018. Azionisti maggioritari sono la FM S.p.A., il cui presidente e amministratore delegato è Fausto Manzana, e la CDP Equity S.p.A., una Società del gruppo italiano Cassa depositi e prestiti.

GPI, già nel 2016 aveva rapporti contrattuali oltre che con Publisys spa e altri, compreso l’Ente Parco dell’Appennino Lucano – Val d’Agri-Lagonegrese, con tutte le aziende sanitarie lucane e con la stessa Regione Basilicata. Molti di questi rapporti contrattuali sono ancora oggi in essere.

LE SOCIETÀ DI ADRIANO TRUPO

La Gsi S.r.l. e la GHS S.r.l.

Nasce nel 2006 e inizia l’attività nel 2009 con una capitale di 20mila euro che al 2017 è interamente detenuto dalla Gpi Spa. Nello stesso anno la Gsi viene incorporata nella Gpi. Amministratore unico dal 2009 è Adriano Trupo. La società ha la sede legale in Via Verrastro a Potenza. L’oggetto sociale è la realizzazione di sistemi informatici e sviluppo software, servizi di assistenza e servizi di consulenza in materia informatica. La Gsi in pratica non esiste più, cancellata nel dicembre 2017 in seguito al subentro per incorporazione della Gpi Spa. Prima di essere incorporata nella Gpi, al 2015 la Gsi era di proprietà al 51% della Gpi e al 49% della GHS S.r.l.

Una curiosità. Nel corso delle nostre ricerche abbiamo notato un Durc (Documento unico di regolarità contributiva) rilasciato da Inail e Inps in data 19 maggio 2015 e richiesto dall’Asp di Venosa Ufficio Economato, evidentemente necessario per la liquidazione di una fattura. Ebbene, in quel documento notiamo due fatti curiosi: la GSI utilizzava all’epoca il contratto metalmeccanici; l’indirizzo di posta elettronica indicato è riconducibile a un certo rago.vittorio@grupposi.eu anziché a un indirizzo della GSI. Tuttavia possiamo dedurre che Vittorio Rago, che sarebbe cugino di Mario Polese già consigliere regionale del Pd con Pittella, poi Italia Viva, e rieletto con il centro destra nelle ultime elezioni, in qualche modo avesse a che fare con la GSI, anche se nei documenti camerali ufficiali, più recenti, quel nome non compare in alcun modo. Però, Vittorio Rago lo troviamo come nome di un altro indirizzo di posta elettronica in uno scambio di mail in cui il Crob, con cui evidentemente GSI aveva un contratto, prende atto della fusione per incorporazione in G.P.l. S.p.A. della società G.S.I. S.r.l. L’indirizzo di posta a cui GPI manda per conoscenza le mail è, tra gli altri, vittorio.rago@gpi.it che a quanto pare in quel tempo, siamo nel 2018, avrebbe avuto a che fare in qualche modo con la GPI. Non pare si tratti di un’omonimia e dunque dovrebbe essere lo stesso Rago Vittorio tra i soci fondatori della GHS S.r.l.

Infatti, in un’informativa della GPI relativa a pattuizioni parasociali c’è scritto: “In data 8 giugno 2015 GPI, GHS S.r.l. e Adriano Trupo, Vittorio Rago, Nicola Licciardi, Bernardo Rizzi, Rocco Michele Ronca e Rosaria Di Tommaso (in qualità di soci fondatori di GHS S.r.l.) … hanno sottoscritto un patto parasociale relativo alla società G.S.I. S.r.l., società in cui GPI detiene una partecipazione pari al 51% del capitale sociale e GHS S.r.l. il restante 49%.”

La GHS S.r.l.  Nasce nel 2015 e avvia l’attività nello stesso anno. Capitale sociale di 20mila euro detenuto oggi al 60% dalla Tafin S.r.l., il cui proprietario è Adriano Trupo, al 10% dalla GPI Spa, e al 30% da Sinergie S.r.l. Fino al 2019 circa la proprietà della GHS era al 100% in capo alla Tafin srl. Amministratore unico della GHS è Adriano Trupo. La Tafin S.r.l è la holding di Trupo. Sinergie S.r.l., invece, è la holding di Vittorio Rago.

L’ALTRO SOCIO DI CLINICHE DELLA BASILICATA SRL

Universo Salute Basilicata S.r.l. Si tratta della Società di gestione della casa di cura “Don Uva” di Potenza e socio al 25% della Cliniche della Basilicata srl.

Universo Salute Basilicata S.r.l., nasce, il 29 settembre 2020, da un progetto di scissione della Universo Salute S.r.l. Ha un capitale di 100mila euro interamente detenuto da Universo Salute srl. Luca Vigilante è amministratore unico della Universo Salute Basilicata S.r.l. ed è amministratore delegato della Universo Salute S.r.l., ossia del Gruppo Telesforo, colosso foggiano della sanità privata. Il Gruppo nel 2017 ha acquisito l’intero complesso sanitario dell’Opera Don Uva che si estende tra Puglia e Basilicata.

La Universo Salute Basilicata S.r.l., ad un certo punto della vicenda Luccioni, è stata citata più volte come possibile Società che avrebbe potuto assorbire, nella Casa di cura potentina, una parte del personale licenziato dall’Istituto Clinico Lucano.  Tuttavia, al Don Uva in quegli anni non se la passavano bene, sia per questioni legate all’adeguatezza e dunque ai requisiti strutturali di alcuni spazi destinati all’assistenza agli ortofrenici, sia per questioni legate alla gestione del personale. Ci furono esposti anche in procura. Insomma, in quel periodo, negli anni a cavallo tra il 2018 e il 2022, il Don Uva di Potenza gestito dalla Universo Salute S.r.l. prima e dalla Universo Salute Basilicata S.r.l. poi, non navigava in acque tranquille.

E’ noto che il direttore sanitario della Casa di cura Don Uva di Potenza è Rocco Maglietta, nominato nel dicembre 2019. Già commissario e poi direttore generale dell’Aor San Carlo, già direttore generale dell’Asm, già direttore generale del Crob. Sarebbe legato politicamente a Marcello Pittella, ci dicono in ambienti politici. Un’altra curiosità: nel collegio sindacale dalla Universo Salute Basilicata S.r.l., c’è un uomo che sarebbe o sarebbe stato molto vicino politicamente all’ex parlamentare ed ex presidente della Regione, Vito De Filippo.

NELLA BATTAGLIA TRA PUBBLICO E PRIVATO A RIMETTERCI LA SALUTE SONO I CITTADINI

Tra le decine di strutture private accreditate, circa un centinaio, per prestazioni di cura, di riabilitazione e di varie prestazioni socio-sanitarie, abbiamo un ospedale privato non convenzionato a Lauriae avremo un ospedale privato convenzionato a Potenza a breve. Ci dicono che soffriamo di una cronica carenza di medici e di infermieri eppure, in questa strutture private pare che il problema non esista. Perché? Assorbono professionalità dal pubblico. Soprattutto i poliambulatori specialistici. Medici che si dividono tra l’attività ben retribuita nel privato convenzionato e non convenzionato e l’attività “mal retribuita” nella sanità pubblica. Nel panorama generale riscontriamo anche episodi di politici locali che gestiscono strutture private oltre ad ex professionisti della sanità pubblica passati armi e bagagli dall’altra parte. Persino tra i banchi del Consiglio regionale si sono seduti e siedono “rappresentanti del popolo” che avevano e hanno interessi diretti o indiretti nella sanità privata. Esiste davvero la volontà di migliorare il servizio pubblico? Eppure, nonostante tutto, né il pubblico né il privato sembrano dare risposte ai tanti problemi che assillano i servizi per la salute in questa regione. Liste di attesa sempre più lunghe, qualità delle prestazioni spesso discutibili, migrazione verso altre regioni, manager e primari che rispondono direttamente ai loro referenti politici. Manca una programmazione che eviti i doppioni e le sovrapposizioni tra ciò che può e deve fare il pubblico e ciò che può e deve fare il privato. Dal lato pubblico abbiamo ospedali insicuri e soverchi, reparti e primari inutili; dal lato privato abbiamo imprenditori accecati dal profitto. L’unica logica accettabile è in un sistema che tuteli la salute e curi gli ammalati, senza alcuna distinzione tra ricchi privilegiati e poveri cittadini mortali. La salute delle persone non può essere trattata come merce per il mercato degli interessi. E, diciamolo, manca soprattutto tanta onestà, senza nulla togliere ai tanti medici e operatori che si sacrificano oltre modo per tutelare quel che resta della sanità pubblica.

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