A cinquant’anni dalla strage di Piazza della Loggia: cosa è cambiato?

28 maggio 2024 | 09:00
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A cinquant’anni dalla strage di Piazza della Loggia: cosa è cambiato?

In uno scenario diverso, oggi assistiamo a continui attacchi alla carta costituzionale e ai diritti da essa garantiti

A cinquant’anni dalla strage di Piazza della Loggia, in una situazione completamente diversa dal punto di vista sociale e politico, possiamo solo dire che quel grave attentato stava dentro a un preciso disegno criminale per evitare che si affermassero, come stava accadendo, i diritti e le proposte dei lavoratori e delle forze progressiste.

Com’è noto, in quella fase vi furono tanti altri attentati organizzati e predisposti, non come si diceva allora da corpi deviati o da forze isolate, ma da un preciso disegno delle forze reazionarie e conservatrici del paese, che temevano le riforme e la piena attuazione della Costituzione in termini di diritti del lavoro e civili.

Tutto ciò era già accaduto negli anni ‘20, in forme diverse ma sempre con l’uso della violenza e dell’aggressione ai lavoratori, alla rappresentanza sindacale e politica, come ci ricorda il centenario dell’uccisione di Giacomo Matteotti.

Sebbene in uno scenario diverso, oggi assistiamo a continui attacchi alla carta costituzionale e ai diritti da essa garantiti. Attacchi aperti come l’Autonomia differenziata, che straccia il principio costituzionale dell’unità del Paese; come l’introduzione del premierato, che assesterebbe il colpo di grazia alla divisione e al reciproco bilanciamento dei poteri; e, ancora, come la riforma della magistratura che negherebbe il principio dell’indipendenza dei giudici.

E poi attacchi più o meno striscianti, come le recenti norme che colpiscono l’autodeterminazione e la libertà di scelta delle donne; le azioni di controllo e gestione dell’informazione; l’uso intimidatorio delle querele e della censura; le cariche di polizia su giovani studenti, anche minorenni, in piazza per la pace.

Come abbiamo visto in diversi casi recenti, il tentativo di limitare la libertà di pensiero critico è la cifra di questo governo che non nasconde la propria insofferenza verso ogni dissenso e opposizione. Si tratta, com’è evidente, di un atteggiamento che tende a comprimere i processi democratici, a misconoscere gli spazi della rappresentanza, a ignorare le ragioni della piazza.

Ma ciò che crea ancor più allarme è l’insieme delle scelte politiche che il governo sta operando sin dal suo insediamento. Scelte orientate a comprimere, quando non a negare, i diritti fondamentali delle persone, e che hanno l’inevitabile effetto di alimentare e acuire l’attuale crisi sociale, mancando di dare le necessarie risposte ai bisogni e alle esigenze del Paese.

Un Paese che in un futuro prossimo rischia di essere spaccato e di vedere distrutte le basi dell’intera impalcatura delle istituzioni democratiche. Insomma, ci muoviamo in un clima in cui le libertà costituzionali sono costantemente minacciate da una visione regressiva che mira a riportare indietro le lancette della storia.

Resta quindi necessaria non soltanto la vigilanza. Occorre organizzare concretamente un’offensiva democratica per recuperare la partecipazione non solo al voto ma anche all’esercizio dei diritti, che, come ci insegna l’attualità, devono essere costantemente presidiati e difesi.

È allora alla Costituzione che ci rivolgiamo per trovare la strada, come sempre accade, in special modo nelle fasi più complicate che sono quelle, come diceva Calamandrei, in cui le Costituzioni esprimono il massimo grado di “necessarietà” proprio per il loro essere faro nei momenti più difficili.

A indifferenza e rassegnazione diffuse, confermate anche da un’ampia disaffezione al voto, dobbiamo rispondere diffondendo un clima di partecipazione vera, effettiva e costante.

In un momento complesso come questo, in cui si pretende, tra l’altro, che il docente abbia un ruolo neutrale, che non abbia o almeno non manifesti un’idea sul presente e sul futuro, è allora urgente tutelare ogni presidio di democrazia, a cominciare dalla scuola pubblica, sempre più piegata a logiche di mercato e che dal mondo delle aziende mutua il modello competitivo e individualista.

Il nostro ruolo di insegnanti non può che andare in direzione opposta, educando le nostre studentesse e i nostri studenti a una partecipazione attiva, a formarsi e informarsi per essere in grado di sostenere le proprie idee con le armi del dialogo e del confronto.

La vera sfida è invertire la tendenza: rilanciare una battaglia che sia innanzitutto culturale, che dia voce a chi è più fragile e in difficoltà, per la ripresa di una mobilitazione civile, e di un nuovo senso pubblico e civico, per il ripristino pieno dell’esperienza democratica, a partire dalla partecipazione al voto; in questo unendo idealmente la nostra lotta contro l’erosione dei diritti fondamentali della Costituzione, alla lotta di quei cittadini, delle lavoratrici e dei lavoratori in piazza cinquant’anni fa. Maria Rosaria D’Anzi – FLC CGIL Basilicata- Docente