Elezioni in Basilicata. Il mito di Cetto La Qualunque e il dramma degli elettori
“Non dobbiamo dimenticare che l’urna elettorale è, pur sempre, un’urna: in essa, appena aperta, rischiamo di trovare le ceneri del futuro della Basilicata”
L’influencer più seguito in queste settimane di campagna elettorale è Cetto La Qualunque. Anzi, sembra che per qualcuno il personaggio creato dal bravissimo Antonio Albanese sia diventato un mito. Non bisogna generalizzare, certo, le eccezioni esistono ma non sono, né fanno, la regola. La maggior parte dei candidati si presenta agli elettori con un linguaggio da commedia e con proposte tutte uguali: vecchie, inutili, superficiali, buone per una rappresentazione teatrale in maschera. Senza parlare della tortura a cui sono sottoposte la grammatica e la sintassi nei discorsi pubblici e privati.
Nei programmi assistiamo a proposte assemblate alla meglio, con interi paragrafi copia e incolla ripresi da altri documenti, da cui emerge una confusione straordinaria. Un pentolone di titoli e slogan mescolati senza alcun criterio, una paccottiglia di intenzioni retoriche basate sul nulla. Titoli la cui interconnessione sfugge anche al lettore più avveduto, disarticolati e, paradossalmente, ridondanti. Una “arlecchinata” senza pretese.
Volevamo cogliere nelle intenzioni delle forze in campo una visione di futuro per la nostra regione, un’idea di sviluppo legata all’identità delle risorse endogene, una nuova missione della Basilicata nel quadro dei mutati contesti nazionali e internazionali con l’indicazione di obiettivi declinabili in azioni concrete. Volevamo cogliere una nuova pragmatica della politica al servizio dei lucani. Invece, abbiamo colto nebbia, inconcludenza, confusione, inadeguatezza nell’affrontare le sfide vere. Non vogliamo neanche immaginare come sarà la Basilicata nelle mani di questi incantati dal mito di Cetto La Qualunque.
Molti di loro hanno alle spalle i veri manovratori della macchina elettorale: potentati di ogni tipo infiltrati, come sempre, in tutte le coalizioni. Francia o Spagna purché se magna. Mandatari dei potentati politici, economici, imprenditoriali sono i leader di questa campagna elettorale, con i loro scudieri e stallieri. Cambiano i mandanti e anche i mandatari, da 30 anni, ma i potentati sono sempre gli stessi, in corsa per accaparrarsi la cesta più grossa di opportunità e di risorse.
Ne riparleremo a voto concluso, nella speranza che la maggioranza degli elettori diserti le urne, per non dare altro ossigeno a questo Sistema di potere. Un Sistema senza identità politica, ma con una forte propensione alla tutela di interessi e di affari privati. Un Sistema che non è possibile cambiare, come dimostrano gli ultimi 30 anni, ma è possibile sconfiggere. La storia del peggio e del meno peggio è diventata da tempo una leggenda senza significato. Una barzelletta utile a ridurre la dissonanza cognitiva degli elettori che per qualunque motivo si recheranno ai seggi.
In una regione normale l’elettore dovrebbe scegliere se votare l’una o l’altra prospettiva ideale, l’una o l’altra visione di futuro, l’uno o l’altro programma di sviluppo. Dovrebbe votare aderendo all’uno o all’altro campo di valori declinabili in ragione delle specificità del territorio. E accettare in questo quadro di confronto la sfida per la Basilicata dei prossimi decenni. Ma la Basilicata, ancora oggi, non è una regione normale. Perciò si è costretti a scegliere tra la faccia di tizio/a e quella di caio/a, tra amicizie e parentele, tra chi vuole le strade e chi i marciapiedi. Tra chi tutela questa o quell’altra corporazione professionale e imprenditoriale. Tra chi mi ha raccomandato e chi no. Tra chi ha munto più risorse pubbliche e chi meno, eccetera eccetera. In breve è costretto a scegliere tra Marrese–Chiorazzo e Bardi – Pittella. Tra fotocopie senza un originale. Tra il peggio e il peggio, perché il meno peggio non esiste e se esistesse sarebbe un lenitivo della disperazione, una padellata, questa volta fatale, in testa alla democrazia. Certamente sarebbe un taglio netto del ramo su cui siede la speranza dei lucani che ancora sperano.
Non mi resta che parafrasare Victor Martin. Non dobbiamo dimenticare che l’urna elettorale è, pur sempre, un’urna: in essa, appena aperta, rischiamo di trovare le ceneri del futuro della Basilicata. Meglio starne alla larga, almeno questa volta e per le sole elezioni regionali. Le urne vuote, la sera del 22 aprile, saranno meno minacciose di quelle con la cenere.