Elezioni in Basilicata. Finalmente ci siamo: basta santini e luoghi comuni
Una mela sana in un cestino di mele marce non ha mai sanato quelle marce! Astensionismo generativo come forma di lotta civica
Finalmente ci siamo, niente più santini via Facebook e sui gli altri social: si può tornare alla norma. Anzi restare nella norma perché questa compagna elettorale è scivolata come l’acqua su tetti e senza lasciare traccia. Proprio a scavare c’è qualche candidato che ha confuso i ruoli. In genere i giornalisti fanno le domande e i candidati rispondono, ma è avvenuto il contrario. In genere i candidati sono intervistati e invece hanno fatto interviste. Peccati veniali però, a patto di avere anche proposte e non solo domande da fare. Ma le proposte non ci sono da nessuna parte: solo elenchi di problemi, per lo più identici, insieme all’unico slogan azzeccato: meglio tardi che Bardi. Slogan però subito accantonato perché, come quelle di Bardi, le liste Marrese del fu campo largo non sono nate da un processo o un progetto politico, non sono nate da una conciliazione in extremis tra visioni contrapposte e diversi programmi di sviluppo. Per banalizzare, tra chi vuole la Lauria – Candela e chi no, tra chi vuole l’aeroporto a Pisticci e chi no, ma dal caos dell’ultima settimana prima del voto con candidature prive di senso e contenuti gettati ad mentula canis nell’agone e bruciati in un amen, in uno squallido gioco al ribasso per la ricerca del nome più incolore possibile e per questo più manovrabile. In aggiunta, con una parte che ha abbandonato il tavolo per trovare migliore fortuna nel centro destra, non certo per questioni programmatiche e nobili. Il risultato è un insieme posticcio, poco competitivo e convincente in entrambi i fronti. I nomi e cognomi che hanno dominato la scena preelettorale paiono scomparsi già nel nulla. Chiorazzo vaga di qua e di la, Speranza ha perso il suo cognome, Pittella si prepara a fare il guastatore nella coalizione vincente e ora rassicura e vola basso. Per gli altri, da Bubbico a De Filippo passando per Orofino, Brescia e Folino occorre rivolgersi a Chi l’ha visto?
Chi voglia farsi una idea del clima guardi l’ultimo confronto tra i candidati su mamma Rai3 . Noiosissimo e solo gli addetti ai lavori o i tifosi resistono fino alla fine. Io al minuto undicesimo mi sono dichiarato morto. Il clima è da funerale di terza classe. Il de cuius è la nostra povera regione, Vito Bardi sembra perfetto come officiante del rito funebre. Un abito nero con occhialetti in tinta lo avrebbe reso ancora più credibile nella parte.
Piero Marrese narra di torme di entusiasti sostenitori, visti solo da lui. Ha talmente introiettato il programma che quando deve parlare della chimica verde, idea vecchia e muffa già quando la presentò De Filippo nella campagna elettorale del 2010 figuriamoci ora, non gli viene in mente il colore di questa chimica e si impappina. Sembra pensare: “Ma di che colore era questa benedetta chimica, rossa, bianca, nera? Rosa no perché quello è un cantante (n.d.r. Rosa Chemical)”. Eustachio Follia gli viene in soccorso con un sorrisetto malizioso e svela questo benedetto colore: verde. Marrese sembra ancora perplesso e interrogarsi: “Sì, ma la nuance? Chiara, scura, …”
Gli spin doctor hanno ben indottrinato i candidati. Occorre sempre sorridere per essere convincenti e rassicuranti anche a costo di sembrare ebeti. Con Marrese e Follia ci sono riusciti, ma Bardi era troppo preso nella parte.
Absit iniuria verbis ma Follia, come direbbero a Napoli, ha fatto la parte del ‘gallo ‘ncoppa a munnezza’. Qualche accenno di verità, entusiasmo in giro ne vede poco e prevede una astensione record, e poi fa una proposta marpiona: una terza provincia nel Vulture-Melfese. Devo dire che sostiene la proposta con argomentazioni dignitose e qualche voto nell’area gli frutterà. Ma perché trascurare il lagonegrese? Non merita anch’esso per storia e tradizione, oltre che per avere l’occasione di uscire da un isolamento infrastrutturale da isola del Pacifico e non da terra emersa? Essendo dell’area, forse, se avesse proposto anche Lagonegro o Lauria provincia lo avrei votato e avrebbe tolto qualche voto a Pittella.
In tutto ciò c’è chi trova tempo e coraggio per scandalizzarsi e citare la Costituzione, che è sempre una citazione ever green e fa tanto politically correct in ogni circostanza, contro chi propone l’astensionismo generativo, come forma di lotta civica.
Se un consumatore va in un super mercato e trova solo carne marcia, pesce avariato e merendine scadute perché dovrebbe essere obbligato a comperare qualcosa? Certo spigolando qua e là tra le liste e i candidati non tutto è da buttare. Ma quel poco non basta come non basta dire bisogna riformare il sistema dell’interno, una mela sana in un cestino di mele marce non ha mai sanato quelle marce! E non ci basta più votare il meno peggio. Basta! Questo è un alibi per non costruire, per crogiolarsi sempre nei soliti giochi tra cacicchi e potentati, basta! Credo che gli elettori meritino lo sforzo di fare proposte e di votare in positivo per quella migliore e più convincete.
Non c’è tanto in giro, a parte qualche elenco un poco più smart, ma scavando bene nella società qualcosa si trova. Perché non valorizzarlo? E comunque è chi si candida che ha il dovere di dire perché si candida e perché merita il voto. Su quali proposte e su quali progetti e con quale track record di credibilità. Però dopo le elezioni ci saranno almeno due cose che dovranno essere rese pubbliche e chiarite per ristabilire un minimo di fiducia con l’elettorato. La prima è il perché della insistenza usque mortem su Chiorazzo, la seconda è chi ha fatto, garantito, e sponsorizzato il nome di Lacerenza, facendo fare una figura di palta oltre che ai vertici nazionali del M5S e del PD, a tutti i lucani e allo stesso Lacerenza.