Elezioni in Basilicata. Politici seduti sul dondolo, si muovono senza spostarsi
Gli elettori ingenui e i fumogeni spacciati per incenso. Da almeno 30 anni il manico della griglia è girato e rigirato dalle stesse persone e dai loro eredi, quelli che stanno arrostendo a fuoco lento questa regione sul barbecue dei loro affari
Abbiamo più volte scritto delle lotte interne al Pd e anche di quelle che riguardano il centrodestra. Ci manca di capire che cosa stia accadendo nel M5S dopo la presentazione delle liste. A noi pare evidente che, anche tra i pentastellati, Basilicata Casa Comune ci abbia messo le mani. Angelo Chiorazzoè legittimamente interessato a sottoporre alla sua influenza vaste aree del centrosinistra, cinque stelle compresi.
L’imprenditore clericale sosterrebbe, almeno idealmente e in qualche modo e logicamente la campagna elettorale di Arjana Bechere e Pierluigi Scaldaferri, nella circoscrizione di Potenza in contrapposizione a Alessia Araneo sostenuta da Arnaldo Lomuti. Questi ultimi oppositori della prima ora alla candidatura a presidente del leader di Basilicata Casa Comune. I primi invece, anche se per ragioni diverse, sostenitori della prima ora della candidatura a presidente di Chiorazzo. Nella circoscrizione di Matera lo schema si ripete. Graditi all’imprenditore clericale sono Antonio Materdomini in coppia con Tiziana D’Oppido, pro-Chiorazzo, in contrapposizione a Viviana Verri “no-Chiorazzo”. Viviana Verri però sostiene Marrese che a sua volta avrebbe voluto Chiorazzo candidato presidente. Sembra un rompicapo, ma non lo è. Si tratta soltanto di applicare un minimo di logica.
Ora, il ragionamento vale per tutti non solo per il M5S che qui usiamo come esempio. Argomentiamo queste dinamiche in chiave elettorale. Molti elettori del Movimento e degli altri partiti della coalizione di centrosinistra voteranno Chiorazzo “per interposta persona”. Voteranno cioè chi lo voleva candidato presidente e che adesso ce l’ha come candidato ad occupare enormi spazi di potere. Il che cambia poco, specie se consideriamo il fatto che il formale candidato presidente, Piero Marrese è un altro di quelli che voleva Chiorazzo al vertice della Regione. Se volessimo allargare la prospettiva dovremmo dire che molti elettori obtorto collo, ingenuamente, inconsapevolmente o consapevolmente, con il loro voto favoriranno la coppia Chiorazzo-Marrese e il sistema di potere che li fiancheggia. Nel Pd, per esempio, se voti Antonello Molinari sai che stai sostenendo il progetto del gruppo Speranza-Chiorazzo- De Filippo-Bubbico-Folino e compagnia bella.
Si dica lo stesso riguardo al centrodestra. Ci sono candidati diciamo “double face” magari li voti pensando che faranno delle cose e invece faranno il contrario. Li voti perché pensi che contrasteranno la sinistra e invece si accorderanno con la sinistra. Li voti pensando che non hanno alcun interesse personale e poi scopri che hanno interessi con i gruppi di potere che li sostengono dietro le quinte. Insomma, queste elezioni sono avvolte in una grande confusione. Da settimane le compagini in campo e alcuni dei loro candidati spargono fumogeno spacciandolo per incenso. Intanto, dei programmi nemmeno l’ombra.
Il documento della Cisl
Ma ci pensa la Cisl. Una novità nel panorama elettorale di queste ore è il documento della Cislche contiene le proposte alle forze politiche sulle cose da fare. Apprezziamo lo sforzo, condividiamo una parte dei titoli e dei contenuti, ma non possiamo tacere la ripetitività di argomenti che risalgono ai tempi di Marcello Pittella presidente. I dati di analisi naturalmente sono cambiati, ma la sostanza delle proposte ci riporta a discorsi già sentiti. Qui il documento per chi voglia approfondire. Seppure volessimo attuare quelle proposte, ripetiamo alcune non condivisibili e altre carenti nella trattazione di varabili importanti, dovremmo assumere una ventina tra i più importanti intellettuali in circolazione in Basilicata, in Italia e in Europa, affiancati dalle migliori competenze tecniche in vari campi della scienza politica, economica, tecnologica e così via. Sappiamo che è impossibile e sappiamo che quei pochi reperibili anche in Basilicata, la politica li ha già fatti scappare o li tiene ai margini. Il sindacato mette buona carne a cuocere, ma si dimentica di questo piccolo dettaglio: la classe dirigente lucana. La Cisl pensa davvero che con il personale politico in circolazione da queste parti, da decenni, si possano realizzare quelle proposte? Pensa davvero che con il personale dirigente nella sfera burocratica, dell’imprenditoria e del sindacato stesso si possa attuare il programma proposto? Pensa davvero che gli stessi responsabili delle condizioni attuali della Basilicata possano avviare processi di sviluppo così come contenuti nel policy paper diffuso questa mattina? Crede davvero nelle capacità politiche di Bardi oMarrese, Chiorazzo, Macchia ?
La Basilicata ha un problema di qualità della classe dirigente, a tutti i livelli
La rivoluzione, è vero, si fa con la matita, ma ci devono essere le condizioni di base. Perché ogni volta che gli elettori ci provano, rivendicando un cambiamento, a distanza di qualche tempo restano delusi. E quella delusione si trasforma in un rimpianto senza soluzioni. I cittadini che ripetono più volte questa esperienza di sconfitta cadono spesso in una condizione di sfiducia nella politica, nel futuro, e finiscono volentieri nel recinto del non voto. In quel recinto almeno si sentono più appagati, meno responsabili. Tuttavia, astenendosi, inconsapevolmente fanno il gioco di quella politica che li ha delusi e che non possono rimpiangere. Ma questa volta possono provare ad astenersi facendo il gioco di nessuno, pensando a loro stessi nel futuro.
Il malumore che serpeggia tra i cittadini è sintetizzato nella frase, che ormai è più di un luogo comune, “sono tutti uguali”. Certo, quando vince le elezioni un certo centrodestra a discapito di un certo centrosinistra, e viceversa, la sensazione pubblica è che si sia passati “dalla padella alla brace.” E allora? Non c’è soluzione? La Basilicata non può sollevarsi da questa sedia a dondolo che la culla tenendola ferma? Non diremmo.
Probabilmente occorre individuare le ragioni vere per cui la regione è costretta da decenni a una sorta di immobilismo mobile che toglie ogni giorno linfa alla speranza di un futuro migliore. Una delle ragioni – a nostro parere – è la carenza di gruppi dirigenti all’altezza delle sfide contemporanee. Fatte salve le non poche eccezioni tenute sempre ai margini, il resto che avanza abbondante è mediamente mediocre. Orde di incompetenti inconsapevoli che pensano di essere i migliori e che occupano posizioni strategiche per la vita della regione. Alcuni di loro, però, migliori lo sono: negli affari propri.
Uno dei problemi, quindi, risiederebbe nel fatto che le non poche eccezioni sono escluse dal governo della res pubblica regionale che, invece, è saldamente nelle mani di mediocri che abbondano a destra e a sinistra, di fianco, sopra e sotto, insomma a tutte le latitudini e longitudini della mappa del potere politico, economico e istituzionale. Ecco perché spesso abbiamo la sensazione che siano tutti uguali, che nulla cambi e che si finisca sempre dalla padella alla brace. I rigattieri della politica, dell’imprenditoria e della burocrazia li trovi ovunque e ovunque prevalgono e magari si combattono tra loro o si alleano, ma sempre loro sono. Da almeno 30 anni il manico della padella o della griglia è girato e rigirato dalle stesse persone e dai loro eredi, quelli che stanno cuocendo a fuoco lento questa regione sul barbecue dei loro affari. Scatta così la sensazione che non ci sia nulla da fare, che lo status quo sia uno status perenne.
Quello che notiamo con molta tristezza, negli ultimi anni, è una forma di arrendevolezza, di sfinimento delle minoranze vitali e divergenti di questa regione. Assorbite da una specie di sindrome di Cotard collettiva che coinvolge vasti settori della popolazione. Un delirio di negazione nei confronti della ribellione, una morte delle coscienze che trasforma l’egoismo in un’arma di legittima difesa: “visto come vanno le cose, io penso ai fatti miei oggi qui, e tutto il resto non mi interessa”.
Non ci resta che richiamare a nuova vitalità gli intellettuali liberi, le minoranze divergenti, i gruppi culturali eretici, le frange politiche e sindacali alternative all’immobilismo, le energie giovanili e i talenti ancora resistenti. Loro sanno benissimo che sarebbe un peccato grave lasciar credere ai lucani che questa regione meravigliosa sia tenuta in vita grazie ai suoi “aguzzini”. E speriamo sappiano anche che per sconfiggere gli autori del disastro lucano è necessario a questo punto della storia scardinare il consenso che li alimenta. L’astensionismo generativo, è una forma di partecipazione, una forma di disobbedienza civile che, se politicamente organizzata oggi, può ridare linfa e speranza ai cittadini domani. É una strategia che può da subito affidare nelle mani di quelle minoranze vitali, destinate nel tempo a diventare maggioranza, il futuro della Basilicata. Perché la stoia elettorale della regione ci segnala un dato: chiunque abbia provato a cambiare il sistema dall’interno o non è riuscito ad entrare o è stato cambiato lui dal sistema, magari avviluppato nelle stesse ragnatele.
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